25-08-2022  (657 lectures) Categoria: Chio

Tra Genova e Chio nel tempo di Cristoforo Colombo

Tra Genova e Chio nel tempo di Cristoforo Colombo

Laura Balletto

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  • 1 G. Pistarino, Chio dei Genovesi, Studi Medievali 10.1 (3a serie), 1970, p. 27; Id., Chio dei Genov (...)

1Con riferimento agli insediamenti genovesi nel Vicino Oriente durante il tardo medioevo la documentazione pervenutaci più abbondante in assoluto, che si conserva a Genova, è quella che riguarda l’isola di Chio, dove i Genovesi si insediarono stabilmente in seguito alla ben nota spedizione di Simone Vignoso nel 1346. La conquista dell’ isola era stata – come è noto – di importanza capitale per la Superba, per la quale aveva segnato, nel giro di pochi decenni, la formazione di una serie di capisaldi dal Mar di Levante all’ingresso del Mar Nero: basti ricordare, ad esempio, il trattato con Giovanni VI Cantacuzeno del 1352, che fece di Pera un vero e proprio Stato entro lo Stato; l’instaurazione della signoria della famiglia genovese dei Gattilusio a Lesbo nel 1355, poi a Lemno e a Taso e, con un ramo cadetto, a Enos, a Imbros e a Samotracia; la costituzione, nel 1373, del dominio diretto a Famagosta, da dove i Genovesi inflissero un duro colpo non solo alla colonia dei Veneziani in Cipro, ma anche a tutto il commercio di Venezia sia con la Siria e la Piccola Armenia sia con Creta1.

  • 2 Ph. R Argenti, The Occupation of Chios by the Genoese and their Administration of the Island. 1346 (...)
  • 3 Documenti sulla Maona di Chio (secc. xiv-xvi), a cura di A. Rovere, Genova 1979 (ASLi n.s.19.2).
  • 4 La bibliografia su Chio è molto vasta. Ci limitiamo pertanto a ricordare il sopracitato volume di (...)
  • 5 Non mancano comunque gli atti editi: Argenti, The Occupation, citato supra n. 2, 3; D. Gioffrè, At (...)

2Si tratta sia di documentazione notarile – è ben nota la ricchezza dell’Archivio di Stato di Genova in questo settore – sia di documentazione di carattere politico-diplomatico e amministrativo-finanziario, la quale si conserva non solo nell’Archivio di Stato: di notevole importanza il Codex Berianus Chiensis, edito nel 1958 da Philip Argenti2, ed i tre codici contenenti le Conventiones insule Chii Inter comune Ianue et Iustinianos, conservati nell’archivio privato Durazzo Giustiniani, di due dei quali Antonella Rovere ha curato l’edizione nel I9793. Malgrado molto sia stato fatto4, è indubbio che molto resta ancora da fare: per portare alla luce i numerosissimi atti notarili (moltissime centinaia), in grandissima parte ancora inediti5, e per esaminare metodicamente quanto, con riguardo a Chio, si contiene nei diversi fondi dell’Archivio di Stato genovese.

  • 6 Cfr., ad esempio, G. G. Musso, Nuovi documenti dell’Archivio di Stato di Genova sui Genovesi e il (...)
  • 7 Documenti della Maona di Chio, citato supra n. 3, p. 40 n. 1, 57, 60 n. 59, 65.
  • 8 G. Olgiati, Temi e problemi dell’isola di Chio in epoca colombiana. Αιγαίο: χώÏος Ï€Î¿Î»Î¹Ï„Î¹ÏƒÎ¼Î¿Ï Î±Ï€ÏŒ Ï„ (...)
  • 9 Ρ. Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi al tempo di Cristoforo Colombo, Bollettino della So (...)
  • 10 ASG, Archivio Segreto (AS), Diversorum, reg. 597.
  • 11 Musso, Nuovi documenti, citato supra n. 6, p. 446.

3Vogliamo richiamare qui l’attenzione, volendoci occupare di Chio e Genova in età colombiana, sull’ importanza, già più volte segnalata – da Gian Giacomo Musso6 da Antonella Rovere7, da Giustina Olgiati8 e da Paola Piana Toniolo9 –, di uno dei tanti registri del fondo Archivio Segreto dell’Archivio di Stato di Genova, intitolato Diversorum et Litterarum Mahone Chyi, il quale si compone di un totale di 142 carte e contiene documentazione compresa in un arco cronologico di quasi trentasette anni, dal 18 luglio 1473 al 12 marzo 151010: un periodo particolarmente importante e delicato per la situazione del Mediterraneo orientale e di tutto l’Oriente europeo, che aveva conosciuto, dopo l’evento drammatico della conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II, una continua e costante escalation di attacchi e conquiste da parte del medesimo, i quali avevano causato un vero e proprio «rovesciamento radicale» delle posizioni di potere genovesi (e non solo genovesi) nel Levante11.

  • 12 Pistarino, Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, p. 303.

4I contraccolpi della conquista ottomana di Costantinopoli furono immediatamente percepibili nell’isola di Chio, dove la scomparsa delle ultime vestigia dell’Impero greco – come scrive Geo Pistarino – «accentuò il processo di connotazione genovese dell’isola, nella città come nei borghi, nei villaggi e nelle campagne, e non soltanto sotto l’aspetto politico-istituzionale o socio-economico, ma anche nei moduli di vita, nelle prospettive del futuro, nel senso della patria». Anche gli autoctoni greci smisero definitivamente di guardare a Costantinopoli, contribuendo a fare sì che l’isola si sentisse come una nazione a sé stante, autocefala, benché per una parte della popolazione – quella occidentale – il richiamo a Genova sorreggesse gli immigrati12. Fu proprio infatti il secondo Quattrocento, durante il quale si colloca quasi totalmente la densa vita di Cristoforo Colombo, il periodo in cui la storia di Chio fu più che mai intensamente genovese: la costante e persistente minaccia degli Ottomani, che aspiravano a ridurre in proprio dominio l’intero Egeo, aveva rafforzato il legame tra gl’indigeni chioti e gl’immigrati genovesi, facendo di Chio una vera e propria «nazione», con una sua spiccata personalità, nel superamento di antichi antagonismi etnici, culturali e religiosi.

  • 13 L’atto fu redatto in Genova, in tenacia palacii ducalis, ubi reguntur conscilia domini ducis et su (...)

5L’isola era governata dalla Maona – intendendosi sotto questo nome, come è ben noto, il complesso dei partecipanti alla sopracitata spedizione di Simone Vignoso che l’aveva conquistata e che subito dopo aveva conquistato Focea Vecchia e Focea Nuova nell’antistante penisola anatolica–, il cui ruolo e le cui attribuzioni, nei confronti del Comune di Genova, sono chiariti nell’atto notarile stipulato il 26 febbraio 1347 fra alcuni rappresentanti dei patroni e partecipi dell’armata ed il Comune medesimo, che non era in grado di rifondere le spese sostenute. Il Comune si riservò il merum et mixtum imperium e la giurisdizione sui territori acquisiti, che sarebbero stati governati, tam civiliter quam criminaliter – sulla base di accordi specificamente indicati e sub nomine comunis Ianue et pro comune Ianue et ad honorem et favorem domini ducis et status presentis populi et comunis lamie –, dalla Maona, alla quale sarebbero pervenuti tutti gli introiti sia di Chio sia delle due Focee. Sul patrimonio, costituito dalle rendite di Chio e delle Focee, venne emesso un certo numero di luoghi – vale a dire di azioni – privilegiati e garantiti, per un importo totale di 203.000 lire genovesi, che il Comune avrebbe potuto acquistare entro il termine di vent’anni, acquisendo così per sé la piena potestà ed il diretto dominio di Chio e delle due Focee con tutti i relativi proventi13.

  • 14 Ibid., p. 79-145.

6Siccome la Superba non riuscì mai nel suo intento, la Maona, pur conoscendo diverse vicende nel corso del tempo14, conservava ancora gli stessi attributi ed i medesimi poteri nel secondo Quattrocento. Una parte dei Maonesi operava in Chio, mentre un’altra operava in Genova, adempiendo ai propri compiti sulla base della citata convenzione con il Comune: ad esempio, attendere a quanto di propria competenza circa la nomina del podestà dell’isola o degli scribi della curia.

  • 15 Ibid., p. 373-374, 376.

7Insediandosi a Chio, dopo la conquista, i Maonesi si erano trovati immersi in una realtà commisurata tra città e campagna, in due entità distinte, dove il ritmo più vivace dell’esistenza cittadina era concentrato nella capitale sul mare, mentre la campagna, con i suoi borghi, i suoi villaggi, i suoi castelli, si tramandava ancora in riti secolari, quasi al di fuori del tempo. La società chiota era formata da diversi ceti: un ceto dominante, legato e connesso alla tradizione feudale bizantina, proprietario di terre e di palazzi, oltre che di mandrie, greggi ed armenti, vincolato al clero ortodosso e professante la propria lingua e la propria cultura non solo come un fatto nazionale, ma anche come elemento di prestigio; un ceto di operai, artigiani e commercianti, che vivevano nella capitale e nei pochi centri maggiori, provvedendo alle esigenze locali e immediate; e un ceto di contadini che, nelle campagne, si tramandavano di generazione in generazione il legame alla terra, erano vincolati alla propria lingua, alla fede religiosa ortodossa, alle usanze paesane, all’esercizio del proprio mestiere ed al senso del focolare, inteso come famiglia e come struttura di villaggio. I Maonesi riuscirono ad inserirsi a poco a poco in questa società, sviluppando ed incrementando quel certo ritmo di traffico che avevano trovato nella capitale, fino a farlo assurgere – già nel xiv secolo, ma soprattutto nel xv – a livello internazionale, nelle relazioni a lunga distanza, fino alle isole britanniche. E conseguirono questi risultati in quanto favorirono il processo di immigrazione e la costituzione di rapporti fra genovesi e chioti ad ogni livello e lasciarono ampio spazio all’iniziativa privata di genovesi, greci, ebrei e gente di altre nazioni, riuscendo così sia a fare dell’isola, soprattutto della sua capitale, un centro di convergenza d’interessi a livello internazionale, sia a trasformare, anche nell’aspetto, quello che era stato il presidio bizantino di una città di provincia in un complesso civico vitale e suggestivo, che suscitò l’ammirazione dei contemporanei e conferì a Chio quella sua specifica individualità che ancora oggi la contraddistingue tra le isole greche dell’Egeo15.

  • 16 Il documento in Argenti, The Occupation, 2, p. 302-304. Cfr. anche Pistarino, Chio dei Genovesi ne (...)

8La conquista ottomana di Costantinopoli e la conseguente perdita di Pera segnarono, almeno nell’immediato, una battuta d’arresto, facendo sì che si cogliessero appieno la portata e la gravità di un pericolo che forse, fino ad allora, non era stato esattamente percepito. L’isola acquistò il ruolo di caput [...] omnium Ianuensium in terris transmarinis, dove sarebbe stato più del solito necessario, d’allora in poi, accumulare naves ac merces et facultates dei Genovesi, avendo essa assunto la funzione di vero e proprio epicentro dell’impero mercantile della Superba nel Mediterraneo orientale. I Maonesi di Chio chiariscono bene questo concetto in una lettera al doge genovese Pietro Campofregoso ed al Consiglio degli Anziani sulla fine del 1454, con la quale, esponendo la propria decisione di munire la capitale dell’isola di mura più valide, ut urbs ipsa et lanuensium facultates a periculis eripiantur, chiedono che il Comune di Genova intervenga in loro aiuto, concedendo l’aumento di alcune tasse e l’estensione di alcuni tributi ai burgensi latini della città di Chio, nonostante le immunità da tempo a loro concesse16.

  • 17 Il documento in A. Vigna, Codice diplomatico delle colonie tauro-liguri durante la signoria dell’U (...)

9Un altro concetto sul quale i Maonesi insistettero molto fu quello dell’importanza della funzione che l’isola di Chio era venuta assumendo a difesa dell’intera cristianità, di cui rappresentava il punto di forza in un’area – quella del Mare Egeo – che gli Ottomani cercavano di ridurre in proprio assoluto dominio. Scrissero infatti da Chio a papa Callisto III Borgia in data 14 agosto 1455: Quote sunt vires nostre? Quonam pacto, sine communi christianorum auxilio, tam modica colonia defendetur? Que, licet parva, quanti tamen sit momenti omnibus christianis transmarinis haud ignotum putamus, cuius ruina plurimos in eandem secum traheret calamitatem. Intervenga perciò la Sede Apostolica per appoggiare la loro causa, perché soltanto così conservantur autem non greci, non schismatici, sed italici generis antiquissimi christiani, qui semper Sacrosancte Romane Ecclesie pio affectu et dediti et obsequentissimi fuerunt17.

  • 18 Vigna, Codice diplomatico, citato supra n. 17, doc. CLXVII p. 389; M. Volkov, Quattro anni della c (...)
  • 19 Il documento in Argenti, The Occupation, 2, doc. 32 p. 430-431 (con data 4 dicembre 1455). Cfr. an (...)
  • 20 Ibid.,p. 313-314.

10Per sostenere e rafforzare le istanze dei Maonesi chioti intervenne dodici giorni dopo anche il Banco di San Giorgio, che indirizzò al papa un’altra lettera per descrivere la drammatica situazione delle colonie genovesi nel Mar Nero ed implorarne l’aiuto, mettendo in evidenza soprattutto l’importanza di Caffa, «la quale, se non per ampiezza di mura, certo per moltitudine di abitanti, non è da meno di Costantinopoli»18. Ed il papa non mancò di rispondere all’appello, scrivendo il 28 novembre di quel medesimo anno 1455 dilectis filiis Mahonensibus aliisque utriusque sexus personis civitatis et insule Chii habitatoribus, presentibus et futuris, con grandi lodi per loro, incitandoli a resistere e concedendo a loro – ed a coloro che si fossero recati nell’isola, per la sua difesa, e vi fossero rimasti per sei mesi, sia a spese proprie sia come mercenari – l’indulgenza plenaria, accordata da papa Nicolò V ai pellegrini a Roma per l’ultimo giubileo e dagli altri papi ai crociati per la Terrasanta, nonché le indulgenze che egli stesso aveva concesso con lettere apostoliche del precedente 15 maggio19. Il pontefice in effetti non stava trascurando la situazione del mondo orientale, essendo in fase di preparazione la spedizione navale che, sotto il comando del cardinale Scarampi, avrebbe riconquistato nell’Egeo, nell’autunno seguente, le isole di Lemno, Taso e Samotracia20. È evidente che Chio era dunque considerata l’epicentro del mondo cristiano e della presenza degli occidentali in un’area quanto mai irta di difficoltà e di pericoli.

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  • 21 P. E. Taviani, Cristoforo Colombo: la genesi della grande scoperta, Novara 1974, I, p. 49-51; 2, p (...)

11Torniamo al nostro registro, il cui contenuto si colloca – come si è detto – fra il 1473 ed il 1510: dunque in un periodo estremamente difficile, che per Genova significò anche la caduta di Caffa – la Ianuensis civitas in extremo Europe –, nel 1475, e vide l’arrivo di Cristoforo Colombo a Chio – o a bordo di una nave facente parte di una spedizione partita per Chio da Savona nel maggio del 1474, o a bordo di una nave facente parte di un’altra spedizione partita da Genova nel settembre dell’anno successivo, sempre per Chio, oppure ancora in una delle tante navi che in quegli anni viaggiavano tra Genova e Chio21 –, dove ormai tendeva frequentemente a fermarsi, a mano a mano che le conquiste turche si andavano estendendo nell’Egeo e nel Mar Nero, la rete dei commerci che da Genova erano rivolti al Levante, essendo l’isola per lo più divenuta il punto d’arrivo dei traffici occidentali e dei rapporti via mare con il mondo ottomano.

  • 22 Cfr., ad esempio, per quanto riguarda l’assassinio di Galeazzo Maria Sforza, la lettera inviata da (...)

12Il registro riguarda completamente l’attività dei Maonesi di Chio che vivono a Genova – o, meglio, nella maggioranza dei casi, dei loro rappresentanti, eletti con regolarità, i quali avevano la qualifica di gubernatores civitatis et insule Chii lamie deputati o gubematores Mahone Chii in Ianua constituti –, ed in esso si comprende soprattutto la trascrizione di verbali delle loro riunioni, con relative delibere, oltre che di lettere da loro inviate ai colleghi residenti a Chio – spesso in risposta a missive di questi ultimi –, con informazioni circa la loro attività per l’isola nella madrepatria, comunicazioni riguardanti il governo e l’amministrazione dell’isola medesima e consigli sul modo di comportarsi e di agire, nonché rimproveri, incoraggiamenti e raccomandazioni. Non manca neppure la trascrizione di lettere da loro inviate, soprattutto a papi e a cardinali, per sollecitare interventi, soccorsi ed aiuti in favore di Chio, sempre più esposta al pericolo di attacchi ottomani. Nelle missive inviate ai Maonesi residenti a Chio si contengono anche, talvolta, brevi accenni a vicende della storia occidentale – quali, ad esempio, l’assassinio di Galeazzo Maria Sforza, nella chiesa di Santo Stefano di Milano, il 26 dicembre 1476 e l’avvenuto passaggio dei poteri nelle mani della di lui consorte, reggente in nome dei figli (gli Sforza erano i signori di Milano dal 19 aprile 1464); le guerre e le tensioni tra gli Stati italiani; la situazione interna della Republica22–, che condizionano i provvedimenti adottati per l’isola, la cui amministrazione e la cui difesa costituiscono il tema dominante di tutti i documenti, senza che tuttavia sia trascurata l’attività economica, legata soprattutto – come è logico – al commercio del mastice.

13L’isola di Chio, infatti, nella seconda metà del Quattrocento, rappresentava il baluardo del complesso sistema politico ed economico della Superba nel Levante, dove, nel momento in cui ha inizio la documentazione contenuta nel registro, ancora sopravvivevano Caffa e pochi altri insediamenti nel Mar Nero, che però avevano ormai i giorni contati. Poco dopo, con il giugno-luglio del 1475, a seguito della conquista turca di Caffa, Chio divenne sempre di più il migliore punto di riferimento per gli Occidentali dinanzi alle deportazioni ed alle vicende della riduzione in schiavitù di parte di quella popolazione, ma anche il migliore punto di ricezione, se non l’unico, di quanti erano riusciti a salvarsi. L’isola restava ormai l’unica grande testa di ponte latina a nord di Cipro e di Rodi, tra il Mediterraneo orientale ed il Mar Nero, salvaguardata dagli stessi Ottomani come via di contatto con l’Occidente. Oltretutto, nella stessa corte papale le speranze d’una riscossa occidentale contro il Turco non erano del tutto svanite, così che Chio, in tale caso, avrebbe rappresentato una posizione politico-militare eccezionale. La Maona si trovò quindi investita di un compito quanto mai delicato, dovendo fare tutto il possibile sia per provvedere alla difesa dell’isola sia per assicurare un regolare svolgimento della vita quotidiana.

14Tutto ciò si evince molto bene dalla documentazione che si contiene nel registro, il quale va dunque considerato come una delle fonti di maggiore importanza per la storia di Chio nel secondo Quattrocento, da esaminare con attenzione insieme con le altre fonti pervenuteci – principalmente gli atti notarili e le delibere del governo genovese relative all’isola–, le notizie tratte dalle quali ultime serve talvolta ad integrare, fungendo da elemento chiarificatore e da trait-d’union.

  • 23 Probabilmente, tra queste, va compresa la lettera, datata 16 giugno 1475, edita da Amedeo Vigna: V (...)

15I problemi conseguenti alla caduta di Caffa il 6 giugno 1475, dopo soli cinque giorni di assedio, formano oggetto di due delle lettere che in quell’anno i Maonesi di Chio residenti a Genova inviarono ai loro colleghi residenti a Chio: una in data 30 agosto, con aggiunta in data 1o settembre, ed una senza data, da collocarsi certamente negli ultimi mesi dell’anno, dal momento che costituisce la risposta a diverse lettere provenienti da Chio, l’ultima delle quali, espressamente citata, risale al 17 agosto23.

  • 24 ASG, AS, Diversorum, reg. 597, c. 9r.-v. Cfr. anche Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi, p (...)

16Nella prima, subito dopo l’espressione di infinito dolore per l’accaduto – di cui si è avuta notizia soltanto il giorno prima, grazie a lettere di alcuni cives genovesi da Venezia –, partim propter rem christianam, que ex omni parte in preceps ruere videtur, partim propter incommodum maximum Reipublice nostre, si affronta immediatamente il nocciolo della questione. In essa si riferisce infatti anche che Maometto II, dopo avere espugnato Caffa, ha chiesto ai Maonesi di Chio di expediré il porto della capitale dell’isola e che essi hanno risposto che il luogo era in potestà dei Veneti, di cui hanno issato i vessilli. Gli scriventi non possono in alcun modo comprendere il perché si sia fatto ricorso ad un tale atrox facinus, dal momento che Genova ha sempre accolto con sollecitudine le richieste di aiuti pervenute da Chio e che nell’isola si sa bene come nihil eque magis toti civitati curam esse quam salutem huius loci, in quo salus Reipublice nostre consistere videtur. A Chio non deve dunque venire meno la fiducia, perché a Genova, in un frequens civium concilium, subito convocato, si è decretato a grandissima maggioranza ea omnia parari que ad defensionem huius insule necessaria sunt. Si è anche creata una speciale magistratura, composta da otto cittadini, il cui compito precipuo è quello di pensare alla salvezza di Chio, dal momento che i suoi membri nihil aliud curant, agunt, meditantur che tutto quanto risulta necessario per la salvaguardia e la difesa dell’isola. I Maonesi dimoranti a Chio stiano dunque di buon animo, perché riceveranno tutto l’aiuto necessario: Non deerunt vobis pecunie, naves, viri, arma et reliqua opportuna; vos igitur fidem vestram et decus Reipublice conservate. Si è già deciso, intanto, di inviare al più presto almeno cinque navi, con armati e quant’altro necessario24.

  • 25 ASC AS, Diversorum, reg. 597. cc. 9v.-10r. Cfr. anche Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi, (...)

17Con un post-scriptum, del giorno successivo, si dà notizia dell’immediata partenza della caravella di Andrea de Montano e dello stanziamento deciso all’unanimità (repertis omnibus calculis albis, quod etate nostra ulterius visum non fuit), in un Consiglio di quattrocento cittadini presso il Banco di San Giorgio, di molte migliaia di aurei in favore dell’ Officium Chii, mentre tutti i presenti, animis candentibus, hanno offerto non soltanto le loro ricchezze in comperis, ma anche quelle private, ed hanno promesso di impegnare i beni dotali delle mogli e di essere pronti a sacrificare i figli e la loro stessa vita. A Chio si attenda dunque alla difesa ed a conservare l’onore patrio, ne ignavia audentiave aut alia quavis indigna pretermissione vestra patrie et posteritati nostre ac toti mondo ludibrio essemus25.

  • 26 ASG, AS, Diversorum, reg. 597, cc. 11r.-12v. Cfr. anche Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maones (...)

18È evidente che si tratta di una lettera scritta sull’onda dell’emozione, sotto l’effetto delle notizie pervenute: concitata e tendente prima di tutto ad infondere un po’ di coraggio di fronte al disorientamento, ai dubbi, alle incertezze, allo smarrimento, alla depressione dei Chioti, incapaci di guardare con una qualche fiducia al futuro. La seconda lettera invece è ben più ponderata, e ci mostra chiaramente come il compito, che i Maonesi residenti a Genova si erano imposti, fosse finalizzato in due direzioni: da un lato, sollecitare ed organizzare l’invio degli aiuti necessari, dall’altro, cercare di non ingigantire, anzi di ridimensionare, almeno a parole, il pericolo turco. In quest’ultimo senso va interpretato l’ampio esame delle differenze esistenti fra la situazione di Caffa e la situazione di Chio: un tema che viene affrontato subito dopo l’espressione di sofferenza per la dolorosa perdita e per la calamità sofferta, tum pro damno, tum pro dedecore maxima illorum perditorum hominum, recidente in patriam nostram et totam rempublicam christianam, tum demum perché, secondo quanto è stato scritto da Chio, l’isola è rimasta in maiori periculo et tremore. Ma ciò è ben lungi dall’essere vero, perché, si recte consideraretur, la condizione di Chio è completamente differente da quella di Caffa: prima di tutto, propter claustra maris, quibus civitas illa perclusa ab omni sub-siduo (sic) videbatur; poi, perché le ha nuociuto la presenza di tante etnie diverse, discordi tra loro e con animi effeminati; infine, perché i Caffioti hanno rinunciato a difendere la propria salvezza, spreto honore, spreta eorum salute, patrie gloria ac Dea postergato. Chio invece è un luogo per natura fortissimo, facile da difendere, ottimamente munito di apparati bellici, con un numero sufficiente di soldati, situato oltretutto in mare aperto, così che i soccorsi necessari possono giungere senza difficoltà (si comunica che già il gennaio successivo partirà un navigium con trecento soldati e più ed un novus rector); e, per di più. tutti a Genova sono convinti della necessità di salvaguardarlo e si dicono disposti a sacrificare la propria vita ed a tentare il tutto per tutto prima di abbandonarlo. Si confida perciò che anche in Chio si lotterà con coraggio: ut prius sit vobis animus gloriose morti vele occum-bere, quam ad alluni dedecus et calamitatem devenire. Vanno temuti soltanto il malum regimen illius loci e le discordie interne, di cui riferiscono tutti coloro che arrivano dall’isola: errori che vengono rimproverati aspramente e nei quali è deleterio perseverare, tenendo ben presente che, con la concordia, enim parve res crescunt, mentre con la discordia maxime dilabuntur. Ragion per cui – insistono i Maonesi residenti a Genova rivolgendosi ai colleghi residenti a Chio – si concordiam, si fidem, si iustitiam collueritis, omnia pro voto succedent; si vero, ut quemadmodum hucusque factum fuit, a recto iusticie calle declinaveritis, omnia corruent et calamitatem maximam sibi vendicabunt, et omnis nostra posteritas gentibus, quod Deus avertat, ludibrio erit26.

19Da Genova i Maonesi cercano quindi di infondere coraggio e di scrollare e spronare gli animi – anche attraverso gli aspri rimproveri per la cattiva amministrazione, forse esagerati di proposito–, per fare sì che in Chio non ci si lascisopraffare dall’angoscia. Era questa infatti l’atmosfera che doveva dominare nell’isola, soprattutto nel periodo compreso tra la caduta di Caffa e la morte di Maometto II, nel 1481: un’atmosfera caratterizzata dall’angoscia di essere esposti in qualsiasi momento all’attacco dalla flotta ottomana. Tutto ciò traspare con chiarezza dal tenore delle lettere che da Genova si inviano a Chio in risposta a quelle provenienti dall’isola, il cui contenuto è facilmente intuibile: continue richieste di soccorsi militari e di aiuti di natura economica per fare fronte al pagamento del kharag, il contributo da versare annualmente alla Porta, perché un ritardo nel versamento può causare incursioni nell’isola, con notevoli danni materiali e razzie di uomini.

  • 27 Ad esempio, l’edificio di cui si è permessa la costruzione ad un ebreo, non meglio specificato, su (...)
  • 28 Cfr., ad esempio, ASG, AS, Diversorum, reg. 597, cc. 2v., 6r.-7r., 7v.-9r. (con rimproveri che ris (...)
  • 29 Cfr., ad esempio, ASG, AS, Diversorum, reg. 597, c. 12v.: [...] ipsas reponi sratim facile sub loc (...)
  • 30 Cfr., ad esempio, ASG, AS, Diversorum, reg. 597, cc. 28v.-29r., 42r. Cfr. anche Olgiati, Temi e pr (...)

20Da parte dei Maonesi residenti a Genova si fa tutto il possibile, stanti i problemi interni della città e la situazione in Occidente. Dalle deliberazioni e dalle lettere contenute nel registro tutto ciò emerge con evidenza: ci si preoccupa, tra l’altro, di dare disposizioni per riorganizzare la difesa dell’isola, rafforzando le cinte murarie, ripristinando i fossati e facendo abbattere edifici che si sono lasciati costruire troppo a ridosso delle fortificazioni, indebolendone la struttura27; si danno ordini precisi circa l’importanza della custodia delle porte della città, che va affidata a uomini scelti, e non – secondo quanto si è saputo – a persone impreparate ed inaffidabili28; si raccomanda vivamente di rispettare le norme di sicurezza per la collocazione di vettovaglie e munizioni29; e si insiste sulla necessità di costruire una cisterna all’interno del castrum, essendo l’acqua un elemento assolutamente indispensabile, senza il quale, in caso di assedio, a nulla varrebbero gli apparati bellici, i muri, i fossati, le riserve alimentari ed il mare aperto30.

  • 31 Cfr., ad esempio, la lettera del 9 febbraio 1480 (ASG, AS, Diversorum, reg. 597, cc. 44v.-45v.), d (...)
  • 32 ASG, AS, Diversorum, reg. 597. c. 29v.
  • 33 Ibid., c. 30v.
  • 34 Ibid., c. 46r. Dopo questa lettera i Maonesi ottennero un sussidio di 3.000 fiorini, che certament (...)
  • 35 ASG, AS. Diversorum, reg. 597, c. 57v. In questa occasione non ottennero nulla, come risulta dalla (...)
  • 36 Ibid., c. 65r.
  • 37 Ibid., c. 80v.

21I Maonesi residenti a Genova si muovevano con il massimo impegno nella ricerca di sussidi finanziari che consentissero di fare fronte al tributo richiesto dalla Porta, il quale subiva continui aumenti31. Li vediamo rivolgersi al governo della Repubblica, al Banco di San Giorgio, e soprattutto ai pontefici, le lettere indirizzate ai quali, nel corso degli anni, sono numerose (sempre seguite da lettere inviate a molti cardinali, perché appoggino e caldeggino l’accoglimento delle richieste): ricordiamo, ad esempio, una lettera in data 11 gennaio 1477 a Sisto IV della Rovere con richiesta di aiuti pro civitate et insula Chii, la quale, faucibus canis Mahometici sita, maximo periculo laborat. Essi sono ormai esausti, e non riescono più a sostenere le spese: d’altra parte, se Chio, decus Ianuensis nominis et Christianitatis, si salverà, multa contingere possent, quibus hostis, christianum sanguinem sitiens, illidi posset et. Supreme Sanctitatis vestre causa, orientale imperium exinde redimi, cui nos et nostra omnia ac locum illum, christiani nominis ornamentum, deferimus et commendamus32. Dopo poco più di tre mesi, il 22 aprile 1477, i Maonesi tornano alla carica, affermando che la situazione è ulteriormente peggiorata, e chiedono nuovamente aiuti pro salute loci illius inclyti et tot christianorum contra et adversus Mahometem, Turcorum regem, illos opprimere sci cientem. Molti temibili segnali dimostrano che il sultano, Christiani nominis inimicus, sta allestendo rapidamente una flotta contro Chio33. E poi ancora il 28 marzo 148034, il 27 febbraio 148235, i1 24 maggio 148336, il 16 gennaio 149137 e così via.

  • 38 Ibid., cc. 56v.-57v. (c. 56v.). Nella lettera che i Maonesi inviarono quel giorno medesimo al card (...)
  • 39 Ibid.. c. 59r.

22Le richieste di aiuti erano per lo più giustificate – lo si è detto – con l’impossibilità, per i Maonesi, di continuare a sostenere le spese esorbitanti – e sempre più insostenibili – del tributo alla Porta. Quando nel 1481 morì Maometto II. il «terrore del mondo», si sperò di riuscire ad ottenerne la riduzione, grazie anche alla rivalità tra i suoi figli – Bajazet e Gem – per la successione al trono. I Maonesi residenti a Genova scrissero ai colleghi chioti, incitandoli ad adoperarsi in questo senso con tutte le loro forze e con il massimo impegno, il 24 febbraio 148238, e tornarono sull’argomento circa un mese dopo (il 30 marzo), raccomandando inoltre di non abbassare la guardia: Igitur, amore Dei et patrie, opportune et importune non cessabitis desudare et anniti quantum vobis possibile erit, ne ipsa urbs inclita et tot christianorum anime, que sub umbra et oculis nostris vitam agunt, cum tanta ignominia ad manus Turchorum et infidelium devenirent39.

  • 40 Sulle vicende di Gem Sultano cfr., tra l’altro, R. Rainero. La prigionia e la morte del sultano Ge (...)
  • 41 ASG, AS, Diversorum, reg. 597, cc. 76v.-77r.
  • 42 Ibid., c. 78r.-v.
  • 43 Ibid., c. 80v.

23Gli anni successivi furono caratterizzati dalle vicende di Gem sultano, il quale, falliti i suoi tentativi di contrastare il fratello Bajazet nella successione al trono e consegnatosi spontaneamente ai Cavalieri di Rodi, nella speranza di essere aiutato nella riconquista del medesimo, conobbe diverse vicissitudini, diventando di fatto un prezioso ostaggio nei confronti del sultano ottomano. Quando Gem fu trasferito a Roma – dove giunse nel marzo del 1489 –, durante il pontificato di Innocenzo VIII, per essere affidato alla Sede Apostolica, i tentativi di eliminarlo, già perpetrati in precedenza da parte di emissari del fratello, estremamente preoccupato, non cessarono40. Ma, per essere usato come strumento di pressione e diricatto contro Bajazet, era necessario che egli rimanesse in vita. Ne furono ben consci anche i Maonesi di Chio, come risulta da una missiva che il 7 agosto di quel medesimo anno 1489 i Maonesi residenti a Genova inviarono ai colleghi chioti: Frater domini regis Teucrorum vitam agit Rome apud Summum Pontificem, in palatio Sancti Petri. Quippe eius diuturna vita potest, volventibus annis, magnos fructus parere, veruni quia urbs illa non egris multociens sed sanis dicitur infesta, laudaremur quod, opera vestra, reverendissimus dominus Rhodi et vos pariter daretis litteras ad summum pontificem, quibus conservatio vite sue laudaretur, adductis rationibus quas promptas habetis, quod pariter hinc, opera nostra, a superiori magistratu factum fuit41. E tornarono abbondantemente sull’argomento il 13 marzo 1490, facendo riferimento ad informazioni pervenute da Chio ed insistendo sulla necessità che il papa venisse incitato, nei suoi contatti con il Turco per la questione di Gem, a tenere ben presente l’urgenza dell’annullamento, o per lo meno, della diminuzione dell’ insopportabile peso del kharag42. I Maonesi scrissero in proposito anche direttamente a papa Innocenzo VIII il 16 gennaio 1491, chiedendo la sua intercessione affinché la città di Chio, tantum oppressa que ulterius sub eiusmodi onere perdurare non potest, ab ipso intolerabili tributo eximatur, et quando in totum fieri non posset, saltem pro parte liberata remaneat43.

  • 44 Musso, Nuovi documenti, p. 445-446.
  • 45 Pistarino, Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, p. 452.

24La situazione si andava facendo sempre più pesante; ma, ciò nonostante, si continuò ad insistere sulla necessità di perseverare nell’intento di mantenere il possesso dell’isola, il cui controllo evidentemente era sempre ritenuto di grande importanza, anche perché essa rappresentava, nell’ambito dei rapporti commerciali che ancora legavano Genova al Levante, il punto-base della rotta, sempre attiva, che collegava la Superba con Beiruth ed Alessandria d’Egitto (e relative diramazioni: ad esempio, fino a Damasco)44. Il possesso di Chio, pur tra difficoltà viepiù crescenti, fu mantenuto fino al 1566, così che il secondo periodo di presenza dei Genovesi a Chio ebbe la durata, eccezionale, di duecentovent’anni. E l’impronta genovese nel mondo del passato, in cui la Superba operò, – scrive Geo Pistarino – «s’intrise nel sottofondo della civiltà locale», influenzando profondamente la storia di Chio: nei modi di vita, nell’ organizzazione economica, nelle forme degli insediamenti, nelle strutture dell’urbanistica e delle architetture, nella topografia dei centri abitati45.

NOTAS

1 G. Pistarino, Chio dei Genovesi, Studi Medievali 10.1 (3a serie), 1970, p. 27; Id., Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, Roma 1995, p. 29-30 (Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Comitato Nazionale per le Celebrazioni del V Centenario della Scoperta dell’America. Nuova Raccolta Colombiana 12).

2 Ph. R Argenti, The Occupation of Chios by the Genoese and their Administration of the Island. 1346-1566, Cambridge 1958, 2. p. 1-372.

3 Documenti sulla Maona di Chio (secc. xiv-xvi), a cura di A. Rovere, Genova 1979 (ASLi n.s.19.2).

4 La bibliografia su Chio è molto vasta. Ci limitiamo pertanto a ricordare il sopracitato volume di Pistarino, Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, citato supra n. 1.

5 Non mancano comunque gli atti editi: Argenti, The Occupation, citato supra n. 2, 3; D. Gioffrè, Atti rogati a Chio nella seconda metà del xiv secolo, Bulletin de l’Institut Historique Belge de Rome 24, 1962, p. 319-404; A. Roccatagliata, Notai Genovesi in Oltremare. Atti rogati a Chio (1453-1454, 1470-1471), Genova 1982 (Collana Storica di Fonti e Studi [CSFS] 35); M. Balard, Notai Genovesi in Oltremare. Atti rogati a Chio da Donato di Chiavari (17 febbraio-2 novembre 1394), Genova 1988 (CSFS 51 ); E. Basso, Notai Genovesi in Oltremare. Atti rogati a Chio da Giuliano de Canella (2 novembre 1380-31 marzo 1381), Genova-Atene 1993; P. Piana Toniolo, Notai Genovesi in Oltremare. Atti rogati a Chio da Gregorio Panissaro (1403-1405), Genova-Atene 1995. Sono stati inoltre talvolta editi documenti sparsi о gruppi di documenti, tratti dalle filze inedite; cfr., ad esempio, S. Origone, Chio nel tempo della caduta di Costantinopoli. Saggi e documenti II, 1, Genova 1982, p. 200-224 doc. 1-6 (Civico Istituto Colombiano, Studi e Testi. Serie Storica 3); L. Balletto, Piemontesi del Quattrocento nel Vicino Oriente, Alessandria 1992 (Biblioteca della Società di Storia Arte e Archeologia per le Province di Alessandria e Asti 26), Appendice documentaria, doc. 5 p. 102-104, doc. 19-21 p. 128-138. doc. 24-49 p. 141-188; Ead ., Un giurista acquese del Quattrocento nel Vicino Oriente, Atti del Congresso Internazionale «Dai Feudi Monferrini e dal Piemonte ai Nuovi Mondi oltre gli Oceani», Alessandria, 2-6 aprile 1990, Alessandria 1993 (Biblioteca della Società di Storia Arte e Archeologia per le Province di Alessandria e Asti 27), 1, Appendice, doc. 1-11 p. 288-306; G. Pistarino, Tra Chio e Creta negli anni Cinquanta del secolo xv. Atti della Accademia Ligure di Scienze e Lettere 52, 1995, doc. I-IV p. 244-249; G. Olgiati, Il commercio dell’allume nei domini dei Gattilusio nel xv secolo. ΠÏακτικά ΣυνεδÏíου «Οι Γατελοΰζοι της Λέσβου», Μυτιλήνη, 9-11 ΣεπτεμβÏίου 1994, a cura di Α. Mazarakis, Atene 1996, doc. 2-3 p. 392-398; L. Balletto, Un magister artis antelami capriatese a Chio nel 1489. Rivista di Storia Arte Archeologia per le Province di Alessandria e Asti 109.2, 2000, p. 467-468.

6 Cfr., ad esempio, G. G. Musso, Nuovi documenti dell’Archivio di Stato di Genova sui Genovesi e il Levante nel secondo Quattrocento, Rassegna degli Archivi di Stato 27, 1987, p. 446; Id., Fonti documentarie per la storia di Chio dei Genovesi. La Berio 8, 1968, p. 11-12.

7 Documenti della Maona di Chio, citato supra n. 3, p. 40 n. 1, 57, 60 n. 59, 65.

8 G. Olgiati, Temi e problemi dell’isola di Chio in epoca colombiana. Αιγαίο: χώÏος Ï€Î¿Î»Î¹Ï„Î¹ÏƒÎ¼Î¿Ï Î±Ï€ÏŒ τον ΟμηÏο στον Κολόμβο, Atene 1991, p. 103-106.

9 Ρ. Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi al tempo di Cristoforo Colombo, Bollettino della Società Geografica Italiana 3 (serie XII), Roma 1998, p. 327-342.

10 ASG, Archivio Segreto (AS), Diversorum, reg. 597.

11 Musso, Nuovi documenti, citato supra n. 6, p. 446.

12 Pistarino, Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, p. 303.

13 L’atto fu redatto in Genova, in tenacia palacii ducalis, ubi reguntur conscilia domini ducis et sui Conscilii, circa nonam, alla presenza, in veste di testimoni, di Lanfranco de Valle, di Giovanni de Laurentiis di Cavi, del notaio Lanfranco di Zoagli, cancelliere del Comune di Genova, del notaio Manuele de Lagnoto e di Antonio de Passano del fu Andriolo, subscriba della cancelleria. Per il Comune di Genova erano presenti il doge (Giovanni di Murta) e tredici dei quindici consiliarii Consilii domini ducis (il magister Cristoforo de Amicis, fixicus, prior; Ugolino Monegini di Chiavari; Pietro de Rivemanno, speciarius; Giovanni de Panerio, notarius; Iacopo Carrega, lanerius; Nicolò di Chiavari, cultelerius; Oglerio de Ponte di Campomorone: Guglielmo Frascaria di Voltri; Pietro Guidonis Rubeus; Baldassarre Adorno; Antonio de Saulo; Simone di Moneglia, sartor; Carlo de Casalli); mentre l’altra parte era rappresentata da Simone Vignoso, olim amiratus extoli et patronus seu armator unius ex dictis galeis, e da sei procuratori dei patroni e partecipi della spedizione: Giovanni Tarigo; Domenico de Garibaldo, prior; Pasquale de Furneto; Guglielmo de Solario di Varazze, civis genovese; Tommaso Morandi di Levanto; Ampelio Cantelo, ferrarius; Argenti, The Occupation, 2, p. 38-55. Cfr. anche Pistarino, Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, p. 82-83.

14 Ibid., p. 79-145.

15 Ibid., p. 373-374, 376.

16 Il documento in Argenti, The Occupation, 2, p. 302-304. Cfr. anche Pistarino, Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, p. 304.

17 Il documento in A. Vigna, Codice diplomatico delle colonie tauro-liguri durante la signoria dell’Ufficio di San Giorgio (MCCCCL1II-MCCCCLXXV), 1, Genova 1868 (ASLi 6), doc. CXLVIII p. 353-354; Argenti, The Occupation, 2, p. 427-428. Cfr. anche Pistarino, Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, p. 310.

18 Vigna, Codice diplomatico, citato supra n. 17, doc. CLXVII p. 389; M. Volkov, Quattro anni della città di Caffa (1453, 1454, 1455, 1456), Saggi e Documenti II, a cura di L. Balletto, Genova 1982 (Civico Istituto Colombiano. Studi e Testi. Serie Storica 3), 1, p. 260: entrambi gli Autori citano dagli Annali Ecclesiastici di Odorico Rainaldo . Cfr. anche Pistarino, Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, p. 310.

19 Il documento in Argenti, The Occupation, 2, doc. 32 p. 430-431 (con data 4 dicembre 1455). Cfr. anche Pistarino, Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, p. 313.

20 Ibid.,p. 313-314.

21 P. E. Taviani, Cristoforo Colombo: la genesi della grande scoperta, Novara 1974, I, p. 49-51; 2, p. 67-68; Pistarino, Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, p. 371, 483-484, 488-489; Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi, citato supra n. 9, p. 339-340.

22 Cfr., ad esempio, per quanto riguarda l’assassinio di Galeazzo Maria Sforza, la lettera inviata dai gubematores Mahone Chii in Ianua constituti ai gubernatores Mahone Chii in Chio in data 30 dicembre 1476, hora IIIIta noctis (ASG, AS, Diversorum, reg. 597, c. 29v.); per le tensioni fra gli Stati italiani, la lettera del 19 giugno 1482. con la quale si comunica, tra l’altro, che Giovanni Giustiniani del fu Visconte, da loro inviato al papa Sisto IV per chiedere aiuti pro urgentioribus negociis civitatis et insule Chii. non ha potuto ottenere nulla sic dictantibus Italie turbationibus (ibid., cc. 57v., 61v.).

23 Probabilmente, tra queste, va compresa la lettera, datata 16 giugno 1475, edita da Amedeo Vigna: Vigna, Codice diplomatico. Supplemento, Genova 1879 (ASLi 7 parte 2, fasc. 2), doc. XXIV p. 482-487. Cfr. anche Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi, p. 329.

24 ASG, AS, Diversorum, reg. 597, c. 9r.-v. Cfr. anche Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi, p. 329-330.

25 ASC AS, Diversorum, reg. 597. cc. 9v.-10r. Cfr. anche Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi, p. 330,338.

26 ASG, AS, Diversorum, reg. 597, cc. 11r.-12v. Cfr. anche Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi, p.331, 338. Sulla caduta di Caffa, cfr. G. Pistarino, Genovesi d’Oriente, Genova 1990 (Civico Istituto Colombiano, Studi e Testi. Serie Storica 14), p. 477-518; Id., Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, p. 360-368 (ed ivi bibliografia citata).

27 Ad esempio, l’edificio di cui si è permessa la costruzione ad un ebreo, non meglio specificato, supra portarti Iudeche: ASG, AS, Diversorum, reg. 597. cc. 38r., 41v. Cfr. anche Olgiati, Temi e problemi dell’isola di Chio, citato supra n. 8, p. 105; Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi, p. 332.

28 Cfr., ad esempio, ASG, AS, Diversorum, reg. 597, cc. 2v., 6r.-7r., 7v.-9r. (con rimproveri che risalgono a periodo precedente la caduta di Caffa), 12v., 34r.-v. Cfr. anche Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi, p. 331-332.

29 Cfr., ad esempio, ASG, AS, Diversorum, reg. 597, c. 12v.: [...] ipsas reponi sratim facile sub loco qui sit in volta, ne comburi nec de illìs dubitari possit, et sub bonis clavibus clause teneantur. Cfr. anche Piana Toniolo, Una nota su Chio dei Maonesi, p. 334.

30 Cfr., ad esempio, ASG, AS, Diversorum, reg. 597, cc. 28v.-29r., 42r. Cfr. anche Olgiati, Temi e problemi dell’isola di Chio, p. 105; Piana Tomolo, Una nota su Chio dei Maonesi, p. 334.

31 Cfr., ad esempio, la lettera del 9 febbraio 1480 (ASG, AS, Diversorum, reg. 597, cc. 44v.-45v.), dove si accenna (c. 44v.) al rinnovo della pace con il Turco ed all’aumento del tributo di 2.000 ducati.

32 ASG, AS, Diversorum, reg. 597. c. 29v.

33 Ibid., c. 30v.

34 Ibid., c. 46r. Dopo questa lettera i Maonesi ottennero un sussidio di 3.000 fiorini, che certamente era insufficiente, ma per il quale ringraziarono il successivo 24 maggio: ibid., c.48r. Cfr. anche Olgiati, Temi e problemi dell’isola di Chio. p. 105.

35 ASG, AS. Diversorum, reg. 597, c. 57v. In questa occasione non ottennero nulla, come risulta dalla lettera che i Maonesi genovesi scrissero ai colleghi chioti il successivo 19 giugno, spiegando che la causa erano le turbationes Italie e che però il papa aveva promesso un suo intervento in futuro (ibid., c. 61 v.).

36 Ibid., c. 65r.

37 Ibid., c. 80v.

38 Ibid., cc. 56v.-57v. (c. 56v.). Nella lettera che i Maonesi inviarono quel giorno medesimo al cardinale in titolo di San Pietro ad l’incula, penitentiarìus del papa, gli raccomandarono di sostenere presso il papa le richieste di sovvenzioni che avrebbe avanzato Giovanni Giustiniani del fu Visconte, da loro inviato a Sua Santità in veste di orator, dando a loro la possibilità di civitatem inclitam Chii. in faucibus regis Teucrorum sitam, unicam spem Christianorum, diutius regere et ab hoste illo potentissimo tueri.

39 Ibid.. c. 59r.

40 Sulle vicende di Gem Sultano cfr., tra l’altro, R. Rainero. La prigionia e la morte del sultano Gem in Italia, Il Veltro. Rivista della civiltà italiana 23, 1979, p. 119-124; L. Balletto, Gem Sultan y Europa en la crisis del Imperio Turco. Saggi e Documenti VII, 1: Las crisis en la historia. Il Jornadas de Historia de Europa. Mendoza-Argentina, 18-21 septiembre 1985, Genova 1986 (Civico Istituto Colombiano, Studi e Testi. Serie Storica 9), p. 69-84; Ead., Notazioni genovesi nella storia di Gem Sultano, Studi in memoria di Teofilo Ossian De Negri, 2. Genova 1986. p. 65-80; Ead., Tra Istanbul ed il Regno moresco di Granada sulla fine del Quattrocento, Atti del IV Convegno Internazionale di Studi Colombiani, Genova, 21-23 ottobre 1985, 2, Genova 1987, p. 27-43; A. Boscolo, Le vicissitudini di Gem in Europa: uno sfortunato principe turco, Medievalia 7, 1987, p. 23-26 (Estudios dedicados al profesor Frederic Udina i Martorell, 1, Publicacions de la Universitat Autónoma de Barcelona, Bellaterra); L. Balletto, Sisto IV e Gem Sultano, Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria 25 (nuova serie), Savona 1989, p. 153-170; Ead., Reflexiones acerca de las relaciones entre Génova y el sultan Djem, Revista de Historia Universal 7, Universidad Nacional de Cuyo, Facultad de Filosofía y Letras, 1995, p. 35-56; N. Vatin, Sultan Djem. Un prince ottoman dans l’Europe du xve siècle d’après deux sources contemporaines: Vâᶄiât-i Sulţân Cem, Œuvres de Guillaume Caoursin, Ankara 1997 (Conseil Suprême d’Atatürk pour Culture, Langue et Histoire. Publications de la Société Turque d’Histoire, série XVIII. 14).

41 ASG, AS, Diversorum, reg. 597, cc. 76v.-77r.

42 Ibid., c. 78r.-v.

43 Ibid., c. 80v.

44 Musso, Nuovi documenti, p. 445-446.

45 Pistarino, Chio dei Genovesi nel tempo di Cristoforo Colombo, p. 452.

 




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