15-02-2016  (3237 ) Categoria: Medieval science

Dante - quatro stelle

 

“El cielo está adornado con algunas hermosas estrellas que no conocemos y que he tenido cuidado de anotar. He contado veinte que brillan como Venus y Júpiter. He estudiado su curso y sus movimientos. He medido su circunferencia y su diámetro con bastante facilidad, pues entiendo un poco de geometría; así puedo asegurar que son más grandes de lo que se piensa: He visto entre otras tres Canopus, dos muy claros, y el tercero oscuro y diferente de los otros. El polo Antártico no tiene ni Osa Mayor ni Osa Menor, como nuestro polo ártico. No se ven estrellas resplandecientes que marquen su lugar, pero sí HAY CUATRO en forma muy cuadranteâ€.


“No se ven estrellas resplandecientes que marquen su lugar, pero sí hay cuatro en forma muy cuadrante.â€

Ptolomy: Crux - The Cross

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Precedentemente agghiacciato dalla visione di Dite/Satana, ora il Protagonista si ristora alla vista di Venere/Lucifero, poi si gira  verso il Polo Sud e vede

 

 

quattro stelle

non viste mai fuor ch’a la prima gente.

 

Che questi movimenti e queste stelle facciano parte di una lunga serie di allegorismi non è più dubitabile, specie se si nota la presenza di Venere nel cielo mattutino australe.  Sul significato recondito delle stelle vi è infatti parecchio accordo fra i critici, da quando il Proto le individuò come simboli delle quattro Virtù Cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza;17 prediletta da Catone Uticense, personaggio che difatti si fa subito vedere sulla costa antipurgatoriale.  I quesiti sorti nella scia di questa interpretazione allegorica non sono né pochi né futili, tuttavia; ed essi vengono imposti esclusivamente dal v. 24, che, secondo la maggioranza dei critici, non collimerebbe col senso dei versi successivi.  Su questi versi si è perciò concentrata l’azione di due correnti esegetiche fondamentalmente diverse, la semplicistica e la complicante, che paradossalmente hanno portato a conclusioni pressoché identiche.18 Ma un vecchio adagio giuridico avverte che la verità si trova talvolta nel mezzo; ed allo scopo di dimostrare che nel caso attuale questa via mediana avrebbe portato all’unica giusta soluzione ermeneutica, io vorrei preporre al mio esame un breve riepilogo storico-critico relativo alle «quattro stelle» ed alla «prima gente», senza pretendere di essere esaustivo nella citazione dei pareri esegetici.

Avendo di mira l’invenzione dantesca solamente dal punto di vista scientifico-letterale, cioè senza badare ai significati reconditi, il dantista-astronomo Angelitti affermò che sarebbe inammissibile opinare che le Quattro Stelle possano trattenere un riferimento astronomico alla costellazione antartica della Croce del Sud, perché nei tempi danteschi non v’era cognizione della sua esistenza nel lontano ed ignoto cielo australe.19 Un erudito critico ottocentesco, Gabriele Rossetti, fu invece del parere che Dante potesse averne conosciuto l’esistenza, perché la costellazione era stata già segnalata da Tolomeo nel suo trattato astronomico Almagesto.20 A corroborare l’opinione di Angelitti, nondimeno, sembra intervenire Dante medesimo scrivendo appunto il contraddittorio v. 24:

 

non viste mai fuor ch’a la prima gente.

 

Difatti se nessuno aveva mai visto queste quattro stelle, all’infuori della misteriosa «prima gente», vuol dire che nei tempi danteschi non v’è stata cognizione universale della loro esistenza nel gruppo che fu poi detto ‘Croce del Sud’ (quattro stelle disposte in forma di croce latina).  Ciò è anche logico in quanto queste stelle si trovano nel cielo di un emisfero, le cui acque –  secondo Dante stesso  –  non erano mai state navigate da «omo, che di tornar sia poscia esperto» (Pg. I 132); onde si capisce che, fino a Dante, nessuno fosse mai stato in grado di riferire circa la loro esistenza.

Però una sorta di «gente» aveva potuto vederle, fa sapere nel contempo Dante, sicché sarebbe inesatto affermare che nessuno dell’emisfero boreale le avesse «mai viste».  D’altra parte, se nessuno le aveva mai viste, come poteva Dante segnalarle con tanta precisione numerica e come faceva egli a sapere che quella «gente» le avesse «viste»? Si potrebbe ipotizzare (come s’è fatto) che egli lo sapesse da qualche libro: ma quale? La Bibbia non ne fa motto; non ne parlano i classici noti al poeta; non le conta o descrive neppure Tolomeo; ed è da escludere che Dante abbia potuto desumerlo leggendo il Milione di Marco Polo, ammesso che il libro gli sia stato noto anche contenutisticamente.  Infine, la cerchia di studiosi formatasi a Padova intorno al medico-filosofo-arabista-astronomo Pietro d’Abano, nel cui ambiente si è intrufolato anche Dante nel 1304-6 e nel 1313-15 (ma quest’ultimo periodo sarebbe posteriore alla versificazione del Purgatorio), non poteva saperne più del resto degli intellettuali trecenteschi, visto che Pietro stesso ripeteva nozioni rigorosamente tolemaiche.21 Pertanto restiamo con la conclusione che una «gente» v’era stata o v’era tuttora (si faccia ben attenzione: il contesto purgatoriale non esclude a priori questo secondo tempo d’azione), e Dante può qualificarla «prima gente».  Onde, siccome questa «prima gente» deve pur averglielo riferito o fatto capire in qualche modo, noi ci vediamo costretti a scoprire anzitutto ciò che il poeta ha inteso significare col binomio in questione.

Nel far questo, dobbiamo sempre ricordare che il significato del senso letterale dantesco è basilare nei riguardi del senso allegorico, il quale diventa logico e giustificato soltanto attraverso la compenetrazione dell’altro (ciò vale anche per i sensi morale ed anagogico).  Solo intendendo nel giusto modo il senso letterale, ossia il linguaggio utilizzato dal poeta nella descrizione di una situazione poetica, si è in grado di capire correttamente la portata dei sensi reconditi, avverte difatti Dante medesimo: «E in dimostrar questo (senso allegorico), sempre lo litterale dee andare innanzi, sì come quello ne la cui sentenza li altri (sensi) sono inchiusi, e sanza lo quale sarebbe impossibile e inrazionale intendere a li altri, e massimamente a lo allegorico».22




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