29-08-2017  (2309 ) Categoria: Articles

Uzieli - Mappamondi


Full text of "Studi biografici e bibliografici sulla storia della geografia in Italia"

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BIOGRAFICI E BIBL'I«GRAFIC1 

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VUHiiUfe^ji a4IHW^yU(i ^viyviAt>i,iiiiH-n ••au^ai 
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G UZIELLI ti P AMAT DI S FILIPPO 



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SOCIETÀ GEOGRAFICA ITALIAI{A 



-. flCfJ>-^3 



STUDI 

BIOGRAFICI E EIBLIOGRAFICI 



IM.HIJLICATI IN OCCASIONE 



DEL III.-' co(;nEsso geografico internazionale 



VOLUME 11/ 






/ K rt .2i 



SOCIETÀ GEOGRAFICA ITALIANA 



■♦oeoK::»- 



STUDI 

BIOGRAFICI E BIBLIOGRAFICI 



SULLA 



STORIA DELLA GEOGRAFIA IN ITALIA 

riBBLICATI IN OCrASIOXE 

DEL m.° CONGRESSO GEOGRAFICO INTERNAZIONALE 



VOLUME II. 




1, m lOM, nmm 



KD ALTRI MONUMENTI CARTOGRAFICI SPECIALMENTE ITALLA.NI 

DEI SECOLI XIII-XVII 

PER 

G. UZIELLI e P. AMAT DI S. FILIPPO 



EDIZIONE SECONDA 



ROMA 

ALLA SEDE DELLA SOCIETÀ 

1882 



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Tìpograiia Roraana,. Piazza S. SiIv«stro. 71. 






PREFAZIONE 



Dappoiché il chiaro professore Uzielli , 
cui era stato commesso di sopraintendere al- 
l'ordinamento ed alla stampa di questa nuova 
edizione dell' Elenco descrittivo degli Atlanti^ 
Planisferi t Carte Nautiche ecc., ritenuto da 
altri doveri lontano da Roma, fu nella neces- 
sità di rassegnare il mandato^ il Consiglio 
Direttivo della Società Geografica facendo trop- 
po a fidanza con la mia buona volontà e guar- 
dando con occhio benigno la mia insufiìcienza , 
volle affidarmi il compimento di questa seconda 
parte degli Studi sulla Storia della Geografia 
in Italia. E dico compimento perchè una parte 
del lavoro trovavasi già preparato per la stampa 
daU'Uzielli^ a cui eravamo inoltre debitori 
della prima edizione. 

Non senza trepidanza mi accinsi all'opera, 
che, a parte la mia pochezza, non si presen- 



II PREFAZIONE 



tava facile, trattandosi di fondere in modo ar- 
monico una voluminosa raccolta di materiali, 
opera di scrittori diversi, con vedute e me- 
todo differenti; e comunque io mi sia adoperato, 
in quanto mi fu possibile, ad attenuare questo 
difetto di origine, debbo confessare che non si 
potè dare al lavoro quella unità, in specie per 
la nomenclatura paleografica, per le denomina- 
zioni topografiche e per l'economia e il metodo 
nelle descrizioni dei documenti cartografici, che 
giustamente si domanda in opere siffatte. 

Perciò nel presente elenco potrà il lettore 
notare fra le altre mende, l'anomalia di lunghe 
descrizioni per illustrare alcune Carte di secon- 
daria importanza, mentre manca di descrizione 
è in modo compendioso descritto qualche 
cimelio cartografico " degnissimo dliistoria „ . 

E vero che dal Consiglio Direttivo della 
Società Geografica venne distribuita una scheda 
indicante le più essenziali notizie che si desi- 
deravano per l'illustrazione dei singoli docu- 
menti cartografici ; ma non tutti vi corri- 
sposero, vuoi per lo stato di deperimento 
delle Carte da illustrare, viioi per difetto di 
uniformità negli elementi cartografici delle 
medesime, o per altri motivi che qui è ozioso 
indagare : fra questi però vanno anche ri- 
cordate le discrepanze fra Paleografi nella 
denominazione p. e. dei caratteri, e circa l'ori- 
gine e la durata di certi segni nelle scritture. 



PREFAZIONE III 



atti a stabilire T epoca di un documento. Così 
talvolta il non avere abbastanza considerate le 
abbreviature condusse ad errori^ come quando 

dalla pia invocazione 3]. £|t* U^O o l>gO* 

Conte iTrftiuffi, cioè 3l]fsus iHariii 

UtrgO« Conte ^rrtrucci.... nacque un Ugo 
" Conte Freducci „ scambiando anche nel 
titolo comitale il prenome Conte , di ugual 
natura a quello di Visconte portato dai 
Maggiolo e da altri. Anche lo stato di deperi- 
mento dei caratteri era fonte di errori nella 

lettura; così JttUmC OUoCd, che sulla perga- 
mena, per Pinchiostro svanito, si presentava 

JllUmf ©UwfS venne letto JsttUmr (©Uof6^ 

nome immaginario e storpiatura del Jaume 
(Giacomo) dei Catalani; altri esempì potrei 
addurre a conferma del mio dire. 

Pili grave difficoltà sorgeva per istabilire Tepoca 
delle Carte prive di sottoscrizione o leggenda 
o di assegnarne la paternità. L' esame dei ca- 
ratteri per determinare l'età di una pergamena 
non ci pare, in Cartografia^ di grande valore, se 
non venga accompagnato da altri indizi. Am- 
metto che fra i criteri paleografici quello della 
scrittura è il piiì importante e sicuro, ma è 
pur certo che la consuetudine seguita da non 
pochi cartografi di copiare servilmente i 
lavori dei predecessori, talvolta P opera di abili 
amanuensi e alluminatori, che imitavano fé- 



IV PREFAZIONE 



licemente le Carte origioali di epoche anteriori^ 
l'usanza di perpetuare nelFarte le forme estrin- 
seche, come caratteri, colori, disegni, leggende, 
tolgono a quel criterio una parte del suo valore 
in ordine ai documenti della Cartografia medie- 
vale. E di questo ci è conferma lo scorgere 
ex. gr. in Carte del secolo XVI inoltrato la 
bandiera greca con la croce issata sulle cupole 
di Costantinopoli, la genovese sulle spiaggie della 
Crimea, mentre i Turchi vi dominavano da oltre 
mezzo secolo. Anche i caratteri usati nel secolo 
XVI sono talvolta gli stessi che vediamo nelle 
Carte del secolo XIV e XV cioè quelli che, 
benché impropriamente, si dicono gotici, comun- 
que l'uso dei medesimi fosse pressoché abban- 
donato nelle scritture pubbliche di quella età. 

Per questi motivi parve prudente, nel clas- 
sificare siffatti documenti , ed in mancanza di 
peculiari indizi che valgano a precisare Tanno, 
di usare l'indicazione generica del secolo cui 
sembrano appartenere, od al più di riferirsi 
al principio, metà o fine di esso. 

In quanto poi a stabilire a chi una Carta 
anonima appartenga, mi guardai bene dal for- 
mulare un giudizio qualunque, essendo opera se 
non sempre impossibile, certo difficilissima, che 
richiede profondo esame e lunghi confronti ; e 
quindi da tentarsi soltanto in lavori critici spe- 
ciali al tutto diversi dal presente, che è unica- 
mente un inventario della nostra suppellettile 



PUKF AZIONE V 



cartografica del Medio-Evo e dei due secoli 
seguenti. 

La nomenclatura adoperata per distinguere 
i diversi documenti cartografici è quella che oggi 
viene comunemente accettata e che ci parve la 
pili opportuna ad evitare equivoci e confusioni. 
Perciò sotto il nome di Atlante si deve inten- 
dere una riunione di carte o tavole; Planisfero 
o Mappamondo è la rappresentazione piana 
di tutto il globo o di quella parte di esso co- 
gnita nel Medio-Evo e quale dai cartografi era 
concepito; Carta Nautica è quella in cui ven- 
gono delineate le costiere marittime con punto 
o poche indicazioni dei paesi entro terra, come 
era naturale per una Carta che doveva servire 
a naviganti ; Portolano nel senso suo proprio 
indica una descrizione di costiere marittime 
senza il corredo delle Carte; altre denomina- 
zioni poi che possono trovarsi nel presente E- 
lenco non hanno mestieri di spiegazioni, non 
potendo dar luogo a confusione di sorta. 

La partizione del lavoro da me adottata 
è la seguente: 

Nella Parte L'evennero descritti od almeno 
indicati gli Atlanti, Planisferi e Carte nautiche 
(li autori italiani che serbansi oggi in Italia o 
in alcune fra le principali Biblioteche d'Europa; 

Nella Parte IL'' adunai i Portolani ed 
alcuni altri documenti d' indole geografica deli- 
neati a mano od anche stampati^ i quali^ ben- 



VI PREFAZIONE 



che non strettamente appartengano alla classe 
(lei lavori delineati su pergamena^ per le par- 
ticolari derivazioni ed attinenze con la Carto- 
grafia medievale, ci parvero meritare un posto 
nel presente Elenco; 

I lavori finalmente dei Cosmografi stranieri 
esistenti in Italia, dove parecchi di essi fecero 
lunga dimora, furono riuniti nella Parte III/ 

Non reputai opportuno l'inserire nella parte 
I."" il titolo di quei documenti cartografici che, 
sebbene sappiasi aver esistito, non giunsero fino 
a noi, od almeno s'ignora ove possano trovarsi. 
Essi non potevano aver sede acconcia in 
un Elenco descrittivo di Carte conosciute e in 
gran parte illustrate ; per non defraudare la 
curiosità degli studiosi vennero però riunite nella 
sottoposta nota accompagnate dalla citazione 
degli autori che ne hanno scritto (1). La febbre 



(1) 1400 (?) — Carta da navegar dei fili Nicolò ed A/i-^ 
ZeyiO'^ per le riproduzioni vedi Parte II. del presente elenco. 

Ne scrissero: Buaciie, Tiraboschi, Zurla, Major e molti altri autori, 
ricordati nella mia Biografia dei Viaggiatori italiani^ p. 117-123. 

1456(?) — Carta nautica di Alvise Cadaraosto. 

Ne scrisse: Zurla, di M. Polo, ecc., II. 349-351. 

1472. — Atlante in 8 carte di Grazioso Benincasa già 
posseduto in Milano dallo storico Luigi Bossi. 

1474. — Planisfero di Paolo Toscanelli, che accompagna- 
va la lettera celebre da lui diretta al canonico Martinez di 
Lisbona. 

Ne scrissero: Zurla, Fra Mauro, 152 - Lelewel, II. 107-130. ecc. 



l'RKFAZloNE VII 



di ricerche e le maggiori agevolezze che si of- 
frono oggi alle indagini archiviali, valgano a 
procurarci fra breve il ritrovamento di alcuni 
fra cotesti preziosi cimeli cartografici, che sona 
titoli inoppugnabili dell'antica grandezza italiana. 



1185. — Planisfero e carta d'Italia di Antonio e Sebastia- 
no Leonardi. Perirono consunti per incendio nel Palazzo Du- 
cale di Venezia. 

Ne scrissero: Zurla, Di M. Polo, II. 371-372 - Lelbwel, If. 1(M. 

1488. — Planisfero di Bartolomeo Colombo offerto ad En- 
rico VII re d'Inghilterra per renderlo benevolo ai progetti di 
scoperta di Cristoforo Colombo. 

N> scrissero: Atli Soc. lAy. Rend., 1867, p. 174 -Desimoni, Gior. Lig.. 
II. r>2. 

1489. — Il medesimo Bartolomeo Colombo è supposto au- 
tore di un Planisfero anonimo con questa data. 

Ne scrisse: il Peschei,, Ueb^r finf Alte Wfltkarte mit derlahreazahl 
ecc., p. 213-227. 

1501. — Carta nautica di Cristoforo Colombo. 

Ne scrissero: (in) Atti Snc. Lig., IV. CCXLII., Rend. 1S07, 17» - Cana- 
le, Si. Cotnm.y 409 - Desimoni, Gior. Lig., II. 52. 

1505. — Carte nautiche di Bartolomeo Colombo sovra no- 
minato. 

Ne scrissero: (in) Atti Soc. Lig., IV. CCXrJI. Hend. 18(37, 174. 

1519. — Carta nautica di Leone Pancaldo piloto a bordo 
della spedizione di Magaglianes. Altri opina che il Pancaldo 
prestasse invece Topera sua in comune con Battista Genovese 
(vedi Parte II. dell'elenco) nella comi»osizione del Roteiro. 

No scrissero: Desimoni, Gior. Lig., II. 70 - Amat, liiogr. Viagg, ita- 
liani^ 2G4-2G0 - Hogues, Giornale di viaggio di un pilota genovese. 

1528. — Carta dell'isola di Corsica del genovese Agostino 
Giustiniani Vescovo di Nebbie. 

Ne scrissero: Giustiniani, Annali, I. 20 - Atti Soc. Lig., Kend. 1S(J7. 
17(5 - Dksimoni, Gior. Lig., II. 35. 

1556. — Carta nautica inviata da Andrea Doria a Carlo V. 

Ne scrissero: (in) Atti Soc. Lig., IV. CCXIJII. Rend. 1S07, 178 - De- 
simoni, Gior. Lig., II. (50. 



vili PKEFAZIOXI-: 



Alla costruzione delle Carte applicarono 
nel Medio-Evo in Italia uomini di mare, preti, 
gentiluomini, frati, viaggiatori e mercanti; perciò 
fra i costruttori troviamo : Andrea Bianco e 
Bartolomeo delli Sonetti, comiti di galèa, An- 
tonio Millo ammiraglio veneto; navigatori e 
scopritori come Cristoforo Colombo, Sebastiano 
Cabotto, Americo Vespucci; frati o preti furono 
il camaldolese fra Mauro, il rettore di San 
Marco in Genova, Prete Giovanni^ Cristoforo 
Buondelmonti, Bartolomeo Pareto cappellano 
di Papa Nicolò V, ed il francescano Guidalotto; 
Marin Sanudo, i fratelli Zeno, Alvise Cada- 
mosto, Usodimare appartenevano alle più cospi- 
cue famiglie del patriziato veneto e genovese. 

Non mancarono però coloro che si dedica- 
rono alla Cartografia per professione; e l'arto 
si perpetuava talvolta per lunga serie di anni 
da padre in figlio, come accadde nei Benincasa^ 
nei Freducci, nei Maggiolo, negli Oliva ed in altri; 
ed i Maggiolo specialmente si vedono per circa 
un secolo e mezzo esercitare il magistero car- 
tografico senza interruzione. 

Il presente lavoro ha pertanto per fine prin- 
cipale quello di passare in rassegna tutta la 
nostra suppellettile cartografica, descrivendo, 
almeno in buona parte^ i documenti, che serbansi 
fra noi e quelli fuori d'Italia che pervennero 
a nostra cognizione; non son tutti quelli che 



PUEFAZIONK IX 



esistono, è vero, ma credo potersi affermare che 
ne formano la parte maggiore e più importante. 

La numerosa raccolta di cotesti monumenti 
cartografici, che dalla fine del secolo decimoterzo 
s'inoltra fino al 1700, segna ogni passo che com- 
pivasi nella cognizione del nostro pianeta. Essa 
offre agli studiosi una miniera di ricchi materiali 
per lo studio della storia della Geografia me- 
dievale, del Commercio e della Nautica in quel 
periodo di quattro cento anni, che vide compiersi 
tanti strepitosi avvenimenti e radicali mutazioni 
nel mondo, come l'introduzione della bussola, 
le prime esplorazioni sulle coste dell' Africa 
occidentale^ i primi tentativi per veleggiare al- 
l'India, la navigazione attorno l'Africa^ il primo 
giro del mondo e le stupende applicazioni delle 
scoperte di Ticho Brahe, Keplero, Galilei e dei 
Cassini, che portarono una vera rivoluzione 
nella Nautica, nella Cartografia e nelle scienze 
fisiche e naturali. 

Fra i corollari più salienti che possono 
trarsi dall'esame di questi documenti emerge 
il fatto, che gl'Italiani furono i primi in Europa 
a coltivare la Cartografia^ cioè, a quanto vuoisi, 
fin dallo scorcio del secolo XIII, cui si riferi- 
scono le più antiche carte che sono giunte fino 
a noi. Ma questo non vuol punto significare 
che in tempi anche più lontani non sieno. state 
costrutte in Italia carte nautiche; su di che 
notava ai suoi tempi (a mezzo il secolo XVI) 



X PREFAZIONK 



*G, B, Ramusio che le carte veneziane più 
antiche rimontavano alla metà del XIII secolo. 

Ma per comprendere il nesso che correva 
fra r antica cartografia greca, romana, araba, 
cristiana e quella che fu opera degli Italiani 
noli sarà inopportuno lo spendere qualche pa- 
rola circa lo svolgimento storico della cartografia. 

Le prime idee che gli antichi ebbero in- 
torno al pianeta terrestre furono per lo più 
stravaganti ed erronee. I Greci abusando di 
<juella immaginativa onde natura li avea for- 
niti, per cui crearono quei capolavori che oggi 
ancora sono insuperati, si abbandonarono ai più 
strani concepimenti, e la terra paragonarono ad 
un cilindro, ad una fionda, a un timpano, 
a una mensa^ ad una piramide; altri la vollero 
•quadrangolare, concava, piatta^ cubica, semicir- 
culare. Talete discepolo dei sacerdoti egizi, che 
pure fu assai addentro nello studio della natura 
e delle leggi del mondo fisico, assomigliava la 
terra ad un globo che galleggiava nelle acque, 
-concetto che si accostava alla credenza degli an- 
tichi Persiani che rassomigliavano il nostro globo 
ad un grosso cocomero nuotante sulla superficie 
del mare. Talvolta l'assurdo toccava gli estremi 
limiti; così Senofane non potendo spiegarsi 
lo stato di sospensione del nostro pianeta nello 
spazio, ignorando le leggi di gravità e di at- 
trazione, favoleggiò, che la Terra avea gettato 
profonde radici in seno alVinfinito! 



PREFAZIONE XI 



Se spropositavano i filosofi che diremo dei 
poeti ? 

Id mezzo però alle abberrazioni l'idea della 
sfericità della terra ammessa da Talete, e quella 
del suo doppio moto si faceva strada e diven- 
tava un principio accettato dalle principali scuole. 
Infatti resistenza degli antipodi era ammessa 
da Socrate, da Platone, da Aristotele e dai loro 
discepoli. Già la scuola italiotta di Pitagora 
insegnava la Terra girare intorno al fuoco cen- 
trale, ed un secolo e mezzo dopo Alessandro, 
Aristarco di Samo e Seleuco di Babilonia di- 
mostrarono scientificamente il doppio moto di 
rotazione della Terra. 

A quanto pare fu un discepolo di Talete, 
Anassimandro di Mileto (vissuto fra il 610 e 
il 546 a. C), il primo a costrurre un mappa- 
niondo, che rappresentava in piano il mondo 
conosciuto ai suoi tempi — Posteriore a lui 
Ecatea, pure di Mileto, vissuto ai tempi di 
Dario Istaspe, lavorava una carta, che parve 
meravigliosa ai suoi contemporanei. Dopo questa 
epoca le rappresentazioni del pianeta terrestre, 
com'era allora concepito, crebbero rapidamente 
e Fuso delle carte era già comune ai tempi di 
Socrate e di Platone; Aristofane nella sua com- 
media "^ Le Nubi „ (recitata in Atene il 424 
av. C.) introduce due attori, che guardano un 
mappamondo e vi notano, V Eubea, V Attica, 
Atene e Sparta. 



XII PREFAZIONE 



Dicearco, circa 300 anni avanti V era 
volgare, introduceva il diafragma nelle sue 
carte dividendolo in stadi. Questa linea oriz- 
zontale seguiva all'incirca il 36.""'' parallelo; una 
perpendicolare^ ugualmente divisa in stadi, ta- 
gliava il diafragma all'altezza delPisola di Kodi: 
questa doppia graduazione fu un avviamento 
verso quella più perfezionata, a base scientifica, 
delle latitudini e longitudini introdotta da To- 
lemeo. Ma la Cartografia dopo quest'epoca gran- 
deggiò per opera di Eratostene, il celebre bi- 
bliotecario di Alessandria. Geometra ed astro- 
nomo di vaglia cercò la misura della Terra con 
determinazioni astronomiche, opera meraviglio- 
sa per i suoi tempi, che Plinio chiamò impro- 
bum ausum^ ed il cui risultato non molto si 
discosta dalla reale sua circonferenaa. 

L'astronomo Ipparco insegnò essere indi- 
spensabile per l'esattezza delle carte il deter- 
minare astronomicamente le latitudini e le lon- 
gitudini. Due altre innovazioni gli si debbono, 
che assai contribuirono agli avanzamenti della 
Cartografia, l'uso cioè delle proiezioni nel trac- 
ciato delle carte^ e quello dei cerchi della sfera 
rappresentando i meridiani con curve conver- 
genti. A lui finalmente si attribuisce anche la 
divisione del circolo in 360 gradi. 

Intanto dopo una serie di guerre fortu- 
nate Roma affermava la sua potenza fra le na- 
zioni e si avviava alla dominazione del mondo. 



i k!:ì AZi<)NK ::iii 



Le conquiste, con la mercatura e l'apostolato 
religioso, contribuirono in ogni tempo all'allar- 
gamento della cognizione del globo e come per 
i Greci le conquiste d' Alessandro segnarono 
imo «lei momenti più importanti dello svolgersi 
e perfezionarsi della Geografia, così le conqui- 
ste romane favorirono l'allargameiito progres- 
sivo nella cognizione del pianeta terrestre. E 
qui ci paro opportuno il ricordare la grande im- 
presa della misurazione dell'Impero ordinata da 
Giulio Cesare, continuata e compiuta dopo da 
Augusto sotto la direzione di Marco Vipsanio 
Agrippa. Quest'opera veramente romana doveva 
servire alla costruzione di una gran carta mu- 
rale dell'Impero che la morte di Agrippa im- 
pediva venisse collocata sotto un vasto j)or- 
tico costruito da lui a sittatto scopo. Da qu<»- 
sta colossale impresa prendono le mosse senza 
dubbio quegli itinerari in cui eraiio descritte 
le grandi strade che legavano Roma con 
le più lontane regioni dell'Impero. Due sorta 
•li itinerari ebbero essi: gli Itinera pietà., che 
erano vere carte e raffiguravano i paesi con le 
tìc^ i fiumi, le montagne, i mari; gli Itinera ad- 
notata^ che erano semplici descrizioni di stradali 
con le distanze da luogo a luogo ed ì nomi 
delle stazioni; a questi appartiene l'itinerario 
detto di Antonino. Degl' Itinera piota non ci 
giunse che la Tabula Peutiìigeriana di rozzo 
disegno, ma che a ragione fu riconosciuta uno 



XIV PRKFAZIONK 



(lei più importanti documenti per la ricostru- 
zione della Geografia del mondo romano. 

Fra i geografi maggiori però dell' epoca 
imperiale sono da citarsi Gneo Strabene, Ma- 
rino da Tiro e Tolemeo- Il primo sotto Au- 
gusto, mentre Roma dominava mezzo il mondo 
€ manteneva relazioni con i popoli dell' estre- 
mo Oriente, concepiva e tradusse in atto il dise- 
gno di una grande descrizione dell' Universo 
che, nonostante i gravi errori come quelli del- 
l'inabitabilità della zona torrida, della comunica- 
zione del Caspio col mare del Nord e l'igno- 
ranza che mostra circa regioni già conosciute ai 
suoi tempi, rimarrà uno dei più grandi monu- 
menti della Geografia antica. Ma l'opera di 
Strabone, più filosofo ed erudito che matema- 
tico, non si estese alla Cartografia che dopo di 
lui trovava un valente riformatore in Marino da 
Tiro. Egli visse circa cinquant* anni prima di 
Tolemeo; valendosi dei materiali lasciati dai 
geografi che lo precederono seppe trarre anche gran 
partito dagli itinerari marittimi e terrestri dei 
viaggiatori e naviganti che numerosi accorrevano 
a quei dì in Alessandria, il più ricco emporio 
del commercio orientale. H mappamondo di 
Marino da Tiro servì di base a Claudio Tole- 
meo per elaborare la carta del Mondo dei suoi 
tempi correggendo, migliorando ed ampliando 
l'opera del suo predecessore. Egli vi introdusse 



PKKFAZIONK XV 



h "Taduazione delle latitudini e delle lonffitu- 
dini; è superfluo notare che siffatte gradua- 
zioni ed in specie quelle delle longitudini ba- 
sate unicamente sulle misure itinerarie erano 
ben lungi da quell'esattezza oggi raggiunta, 
ma che d'altra parte la mancanza della bus- 
sola, dei cronometri^ dei metodi perfezionati 
di osservazione e di altri moderni sussidi 
non permetteva di conseguire: perciò l'opera 
del geografo alessandrino è da questo lato 
deturpata da gravi errori^ e la rappresentazione 
grafica del nostro pianeta assai difettosa men- 
tre p. e. la forma del Mediterraneo è allun- 
gata di 20"^ e d'oltre mille leghe è ingrandito 
il vecchio Continente. 

A ogni modo le carte di Tolemeo in con- 
fronto delle antecedenti mostrano assai dilatata 
la cognizione del pianeta terrestre e^ nono- 
stante gli errori, fecero autorità fino al V o 
VI secolo. Dopo quell'epoca rimasero ignorate 
nel buio della barbarie in cui giacque l'Occi- 
dente finche per opera degli Arabi vennero 
rimesse in onore. 

Dopo il sorgere del Cristianesimo i Santi 
Padri^ i monaci e l'alto clero^ che ebbero in 
mano per parecchi secoli il deposito della scien- 
za, accolsero insieme al vero anche gli errori 
che trovavansi mescolati nel patrimonio scien- 
tifico degli antichi. 



XVI l'RKFAZIONK 



Le dottrine patristiche inoltre, a parte la 
loro derivazione dall'antichità, furono il riflesso 
delle opinioni che correvano in quella notte te- 
nebrosa che accompagnò l'agonia del colosso 
romano, e l'irruzione delle orde barbariche. I 
Santi Padri accettarono pressoché tutti i miti 
e le leggende che ebbero voga nelFantichità^ i 
ciclopi, i pigmei, i (*inocefali^ gli astemi, gli uo- 
mini con un occhio nella schiena, le amazopì 
e cento altre creazioni fantastiche, o le tra- 
sformarono vestendole di sembianze cristiane^ 
così il paradiso terrestre^ reminiscenza di uno 
stato primitivo di felicità, trova riscontro nel- 
l'orto delle Esperidi, e nelle isole Fortunate; 
risola dell'irlandese San Brandano, quella di 
sette città e del Braxil mostrano qualche atti- 
nenza con il mito dell' Atlantide di Platone, 
con la terra dei Meropidi di Teopompo e con 
rOgigia di Plutarco. 

L'esistenza degli antipodi affermata e com- 
battuta da scrittori greci e romani venne reci- 
samente negata da Lattanzio^ non creduta da 
Sant'Agostino, benché ne riconoscesse la pos- 
sibilità. 

Non ci pare però si possa fare ai Padri 
della Chiesa soverchio rimprovero per aver ac- 
colto le favole e i miti dell'antichità e le stra- 
vaganti leggende sorte in quei secoli di supina 
ignoranza. Non bisogna dimenticare che il Cri- 
stianesimo avea per fine principale il perfezio- 



PREFAZIONK XV:r 



namento morale dell'uomo e della Società; le 
cose del mondo fisico poco interessavano i cri- 
stiani dei primi secoli^ donde il disprezzo che 
talora mostravano per le cose geografiche; San 
Basilio scriveva: ^ che mi cale sapere se la 
^ terra sia una sfera, un cilindro, un disco, od 
^ una superficie concava ? Questo m' importa 
^ conoscere come io debba condurmi meco 
^ stesso, con gli uomini e con Dio „. 

Infine essi errarono, come gli antichi da 
cui presero a prestanza gran parte di quelle 
fantasticherie, errarono al pari di tanti sommi 
ingegni di ogni tempo, per cui vediamo ciò 
che jeri venne proclamato un fatto incontro- 
vertibile, essere oggi riconosciuto per un mas- 
siccio errore- 
Questa Cartografia che prende le mosse dal 
secolo VI, con il lavoro del monaco Cosma Indo- 
pleuste si prolunga in Occidente fino al secolo 
XII; essa venne anche distinta col nome di 
Cartografia sistematica derivatogli dall'uso in- 
valso di dare ai luoghi una disposizione pre- 
stabilita e convenzionale poco in accordo con 
la realtà, e per lo sforzo di volere cercare sim- 
metrie nelle forme della terra e fra varie sue 
regioni^ (come e, g. i quattro golfi di Cosma 
Indopleuste). É vero però che anch'essa andò^ 
benché lentamente, migliorando sia per la ten- 
denza dell'uomo alla perfettibilità sia per l'o- 
pera vivace dell'apostolato cristiano^ che spar- 



XVTII TRKFAZIONE 



gendo in paesi lontani e poco noti migliaia di 
missionari, monaci per lo piii^ questi procura- 
vano ai confratelli larga messe di notizie che 
poscia servivano a correggere e arricchire i 
mappamondi che si lavoravano nelle Badie, 
sedi della preghiera e dello studio^ ed a com- 
pilare quelle relazioni meravigliose (mirabilia 
mundi) che nei giorni festivi formavano la let- 
tura prediletta dei frati e degli studenti nelle 
celebri Università di Oxford e di Parigi. 

Senza tener conto di quegli abbozzi infor- 
mi che vedonsi delineati in codici m^s- di 
Mela^ di Macrobio, di Giovenale, di Sallustio, 
ecc. fra le più celebri carte di quel periodo 
che comincia con la Topografia Cristiana di 
Cosma Indopleuste^ ricordo le principali che 
pervennero fino a noi e sono le seguenti: 

1. — Secolo V'III. La cai-fa Morovyigia (lolla Biblioteca 

(i'Albv. 

2. — Secolo Vili. Mappamondo di Torino (è però una 

copia del secolo XII). 

3. — Secolo IX. Mappamondo in un Ms. della Bildioteca 

di Roda in Aragona. 

4. — S20. Mappamondo d(d ^Monastero di San Gali nella 

Svizzera. 

5. — Secolo X. Mappamondo Anglo-Sassone (ìel Museo 

Britannico di Londra. 

6. — Secolo XI. Mappamondo della cosmografia d'Azaf. 

7. — Secolo XI. Mappamondo delfAbazia di San Severo 

ora nella Bibl. Xaz. di Parigi. 

8. — S(»colo XI. Planisfero in un ms. di Marciano Ca-^ 

pella nella Bibl. di Lipsia. 

9. 10. — Secolo XII. Due Planisferi d'Onorato d'Autun. 



PKEFAZloNK XIX 



11. — Secolo XII. Mappamondo in un nis. di Sallustio 
nella Laurenziana di Firenze. 

Contemporanea alla monastica si svolse 
fra gli Arabi con lo studio della Geogra- 
fia anche quello della Cartografia. Gli Arabi 
ebbero di grandi viaggiatori^ con i quali oltre- 
ché con le conquiste non poco allargarono la 
cognizione del mondo. Ad essi si debbono le 
prime notizie esatte della Cina che visitarono, 
come pure delle regioni dell'interno dell'Africa 
lino alle regioni dei Negri. Conobbero gli an- 
tichi geografi greci e latini e tradussero To- 
lemeo; i loro astronomi migliorarono e accreb- 
bero le determinazioni delle latitudini e delle 
longitudini; ma in conto a lavori cartografici 
essi non che migliorare non possono nemmeno 
sostenere il confronto con le carte d' Eratoste- 
ne, d'Ipparco e di Tolemeo. Le carte unite ai 
mss. d'Al-Istakri, e d'Ibn- Haukal sono infor- 
mi abbozzi; migliore è la carta dell'Edrisi del 
1160 in ispecie per le regioni orientali; ma 
tutte mancano di proiezione, nessuna verità 
nelle forme, nelle distanze e nelle posizioni dei 
paesi. 

La Cartografia italiana^ se da una parte 
si lega alla patristica per le tradizioni classiche 
e per i miti e le leggende^ dall'altra mostra di 
essersi giovata talora delle opere geografiche 
degli Arabi e delle relazioni che ebbe l'Italia 
con essi per lungo correre di anni. Le carte 



XX l'REl'AZIOSE 



nautiche nostre però presentano sopratutto una 
propria autonomia e si lasciano addietro per esat- 
tezza e verità i lavori della cartografia antica^ 
della patristica e dell'araba, perchè nacquero 
in gran parte dalla osservazione dei viaggia- 
tori e dalla pratica dei naviganti, cui fu di 
soccorso capitale l'invenzione della Bussola 
e più tardi quella dell'Astrolabio; e per rientrare 
in tema sulle origini delle carte nautiche in Italia 
sono d'avviso che l'epoca segnata dal Ramusioper 
le carte veneziane debba considerarsi anche po- 
steriore al vero poiché non posso persuadermi 
che gl'Italiani presso i quali erano più vive 
e dirette quelle tradizioni, che trovavansi 
in continui contatti con gli Arabi (assidui cul- 
tori delle discipline geografiche) e che da più 
secoli navigavano in ogni senso il Mediterraneo 
ed il mar Nero, nelle lotte contro V Islamismo 
o per ragione di traffici, abbiano pensato tanto 
tardi a servirsi di carte nautiche, se non cosi 
perfette come quelle che poterono costrurre 
dopo l'introduzione della bussola, della tavohi 
di martelogio e dell' astrolabio, embrionarie 
e tali almeno da giovare in qualche modo 
alla navigazione dei mari interni. 

Le perfezione relativa delle più antiche 
CartC; come quelle dell' Atlante del Tammar 
Luxoro, (fine del sec. XIII o principio del XIV), 
quelle delineate da Prete Giovanni (1306), da 
Pietro Visconti (1311), dal Sanudo (1320), dal- 



PRia»' azioni: xx:? 



r anonimo genovese della Laurenziana (1351) 
accenna che non potevano essere i primi saggi 
(li un arte bambina, mi conduce a ritenere non 
senza fondamento di probabilità la mia suppo- 
sizione. 

A ogni modo la mancanza attuale di carte 
nautiche anteriori al principio del sec. XIV 
non sarebbe ragione sufficiente per negarne 
r esistenza. E trattandosi di Carte che ogni 
giorno correvano per le mani degli uomini di 
mare e che andavano sempre più perfezionan- 
dosi, si può spiegare lo scomparire delle più 
nntiche, in specie di quelle fabbricate avanti 
la introduzione della bussola. 

La superiorità degli Italiani nella Cartogra- 
iìa e nella navigazione prima della scoperta del 
l'America, riconosciuta oggi dai più illustri 
geografi stranieri y li costituiva a maestri 
ilelle altre nazioni marittime ; e per ciò 
ammiragli italiani comandavano le squadre spa- 
gnuole, aragonesi, francesi, portoghesi nei se- 
t3oli XIV e XV; perciò flotte genovesi erano 
assoldate sovente dalle predette nazioni e dal- 
l'Inghilterra, che avea spesso dovuto provare 
la valentìa e l'audacia delle liguri galèe. I nomi 
dei Zaccaria, dei Grimaldi^ dei Doria, dei Le- 
vanto^ degli Usodimare, dei Pessagno e d'altri 
s'incontrano registrati nella storia marittima di 
quelle nazioni. Italiani in gran parte furono i 
primi esploratori e scopritori, e se non ebbero 



XXII l'KKFAZlONK 



sempre il supremo comando delle spedizioni, ne 
furono la mento e la guida sicura. Chi non ricor- 
da i gloriosi nomi del da Recco, del Corbizzi? 
e Cadamosto, Usodimare, Noli, i due Cabotto, 
Colombo, Vespucci, Verrazzano, Pigafetta^ Bat- 
tista da Genova, Leon Pancaldo: e mi fermo 
al primo ventennio del secolo XVI. Per le 
stesse ragioni questa superiorità degli Italiani 
si rivela nel magistero cartografico per cui nel 
Medio-Evo i lavori dei nostri erano cercati 
dagli stranieri dotti e adornavano le Regie come 
avvenne pei lavori del Toscanelli, di Fra Mauro, 
di Sebastiano Cabotto^ di Bartolomeo Colombo 
e d'altri. Parecchi Italiani furono in Inghilterra! 
e in Spagna alla direzione degli affari marittimi, 
che erano molteplici ed importanti, come l'esa- 
minare gli aspiranti piloti, il preparare le istru- 
zioni per i bastimenti che erano mandati in 
lontane navigazioni^ il disegnare mappe geo- 
grafiche, ed il risolvere all'uopo le più delicato 
questioni di Nautica e di Geografia. Il posto 
di Piloto Mayor nella Spagna venne conferito 
per la prima volta ad Amerigo Vespucci, che lo 
conservò fino alla sua morte. Giovanni Vespuc- 
ci suo nipote^ Battista da Genova^ Leon 
Pancaldo ed altri furono piloti al servizio spa- 
gnuolo; Sebastiano Cabotto^ succeduto nel 151S 
al Solis, tenne l'ufficio di Piloto Mayor^ fin- 
che abbandonato il servizio della Spagna ne 
andò in Inghilterra, dove da Edoardo VI fu 



rKKFAZiOM-: xx:ii 



posto alla testa degli attari marittiini con il 
titolo, (li Gran Piloto d^ Inghilterra. 

Senza timore perciò della taccia di soverchia 
tenerezza per il proprio paese, parmi lecito di 
asserire che la fama di superiorità degli Italiani 
nell'arte cartografica fu ben meritata, il che 
oggi ci venne confermato da autorità non sospet- 
te come Humboldt, Peschel, D'Avezac, Varnha- 
gén, Vivien 8. Martin, Harrisse, alla cui compe- 
tenza e imparzialità dovrebbero inchinarsi anche 
(luegli stranieri che si vollero assumere Tuffi- 
ciò di demolire le grandi personalità che l'I- 
talia può vantare fra gli uomini di mare, gli 
scopritori, ed i cosmografi medievali. 

I monumenti della Cartografia che qui 
trovansi adunati e descritti fanno fede della 
priorità delle scoperte genovesi nelle coste oc- 
cidentali dell'Africa fino ed oltre il Capo Non, 
e delle isole africane e dei gruppi delle Azorre 
e di Madera; essi sono anche la miglior prova della 
cognizione esatta che ebbero gl'Italiani delle co- 
stiere del Mediterraneo^ del mar Nero, d'Azof, del 
Caspio. 11 profilo orientale della Groenlandia 
nella mappa dei fratelli Zeno non molto si di- 
scosta dalla forma reale d; quel Continente quale 
ci offrono le moderne carte; ed è senza confronto 
più perfetto delle carte sca)idinave comparse 
assai dopo. E meraviglioso fu riconosciuto per 
verità nelle carte di Marin Sanudo (1320) e 



XXI l'RKFAZIONK 



nel planisfero della Laurenziana (1351) il con- 
torno dell' Africa con la forma triangolare ed 
il profondo rientramento del golfo di Guinea, 
con il Capo di Buona Speranza all'estremo Sud, 
che soltanto un secolo e mezzo dopo venne su- 
perato dalle navi portoghesi. 

Bellissime opere ci rimangono del secolo 
XV; Andrea Bianco, Grazioso Benincasa, Leardo 
e Bartolomeo Pareto mostrano che 1' arte pro- 
grediva e porgono testimonianza come agli Ita- 
liani non mancasse nemmeno la cognizione delle 
interne regioni dei Continenti. Il Planisfero di 
fra Mauro (1459), che per universale consenso 
è riconosciuto il monumento pili prezioso della 
Geografia medievale^ attesta quale conoscenza 
si avesse di alcune parti interne dell'Africa, co- 
me r Abissinia, il Darfòr, il Sudan, il Marocco 
ed altre regioni, che erano famigliari ai nostri 
mercanti, fra' quali taluno si spinse fino a 
Tombutto, meta ancor oggi di audaci e non 
sempre fortunate esplorazioni. Anche più tardi 
i Freducci^ i Maggiolo e gli Agnese si tenne- 
ro al corrente delle nuove scoperte. 

Esposte così le ragioni sommarie fed il 
metodo del lavoro^ toccato della importanza della 
Cfirtografia medievale per la storia della Geo- 
grafia specialmente in Italia, conchiudo, e credo 
di aver dalla mia parte quanti amano 1' Italia 
e la Scienza, invocando 1' efl:ettuamento di un 



PREFAZIONE XXV 



voto (la me espresso fin dal 1877 per rerezione 
in Roma di un Museo-nautico medievale, nel 
quale, iiìsieme ai vari e preziosi monumenti 
geografici e cartografici, fossero raccolti mo- 
delli di galèe e d'altri bastimenti di quella età, 
attrezzi navali, armi, bussole, astrolabi, e quanto 
altro può riferirsi alle discipline geografiche, 
(X)smograficlie ed alla Nautica in quel glorioso 
periodo delle Repubbliche italiane. 

Con la scorta dello .Tal, del Guglielmotti, 
del Jurien de la Gravière, del Fincati e d'altri 
valentuomini che si dedicarono a questi studi 
e ci offerirono i risultamenti delle loro indagini 
e della pellegrina loro erudizione non sarà dif- 
ficile il ricostruire scafi^ spaccati di navi di bat- 
taglia e mercantili; e raccogliendovi (juella ab- 
bondante suppellettile di Carte, che trovansi 
sparse nelle pubbliche biblioteche italiane, e 
facendo appello alla generosità di privati ed 
acquistando, se occorre, a contanti, potrà sor- 
gere nella Capitale un Museo degno di essa a 
testimonianza perenne della passata grandezza 
deiritalia. 

Di un concetto così decoroso per Roma 
e per l'Italia potremo vedere 1' attuamento so 
r illustre Principe e Presidente ed i chiarissimi 
membri del Consiglio Direttivo della nostra 
Società Geografica vorranno con zelo tenace e 
con eloquente parola propugnarne l' utilità e 



XXVI prefazioni: 



la convenienza presso coloro che seggono fi 
timone della cosa pubblica, appo i quali tutt 
ciò che ridonda a lustro della patria deve in 
contrare favorevole esaudimento. 



Roma, 1 luglio 1882. 



Pietro Amat. 



INTRODUZIONE 



J^XjUA. IPRXl^J^ EIDXZIOliTE ( ) 



Considerando nello svolgersi dolla storia dogli uomini 
i progressi del sapere e delle idee, si scorgo che la più 
efficace ispiratrice ne è stata l'esperienza in tempi ezian- 
dio nei quali non erano stati ancora affermati dai Galihn 
l'i dai Newton i grandi principi del metodo positivo. 

Finche una scienza si aggira nel campo delle astra- 
zioni e serba un carattere essenzialmente subbiettivo, può 
ottenere fede incrollabile, per quanto assurdi siano i sui'- 
posti assiomi che l'ispirano e senza che vi sia la minima 
c.orrelazione fra essa e i fenomeni che ci offre la natura; 
ma quando la necessità o la circostanza inducono gli 
uomini ad applicare agli atti della vita i principi della 
scienza, questa è costretta a trasformarsi per conciliare 
i propri postulati con quelli che Tesperienza suggerisce. 

Tale fenomeno è notevole specialmente nelle scienze 
geografiche, le quali fondate in Grecia e subita più tardi 
rinfluenza delle idee filosofiche e teologiche, che intor- 
bidarono per tanti secoli lo sviluppo intellettuale del 



(l) Questa introduzione fu riprodotta daUa edizione df^I 187') sens'altro niu< 
taraento che un'aggiunta inserita a pag. 6. 



*J INTKOPrziONE 



mondo, furono però J^enipro indispensabile mezzo ad age- 
volare le comunicazioni fra gli abitanti di una medesima 
contrada e fra quelli di contrade divei'se; quindi dovetteio 
piegar-si poco alla volta alle esigenze dei viaggiatori r 
dei naviganti e ciò fecero in grado tanti) maggiore quanto 
più questi furono abili ed intraprendenti. Si devono per- 
tanto distinguere nelle carte geografiche <lel medio evo 
m Italia, delle quali più specialmente tratteremo, quelli* 
che si potrebbero chiamare feoriehc da quelle alle quali 
converrebbe invece dare il nome di praticho. 

Le prime emanavano in g(>nerale dal concetto tole- 
maico della terra, accettato da Dante e da tutto il medio- 
evo, secondo il quale le regioni conosciute si riducevano 
a quelle incluse approssimativamente nel triangolo avente 
per base la linea che imisce le isole Foi-tunate, oggi Ca- 
narie, alla pianisela di Cattigara ossia di Malacca, ed il 
cui vertice è nelKultima Thule, la moderna Islanda: ed 
infatti in modo pressoché analogo, cosi s'immaginava la 
terra Fazio degli lJbei*ti (1): 

Partito (> il cicl, che tondo v senza scenio, 
In trecento sessanta gradi ai4>nnto, 
E tond*»'' M centro ancor, dove noi semo. 

E ciascun grado occupa, e ticn congiunto 
Miglia cinquantasei sopra la terra 
Con due tcr/à che d'uno ancor v'c giunto (2). 

Or, se questa ragion cirio fo non erra. 
Veder puoi ben, che tutto gira e piglia. 
Col mar che M veste e che d'intorno '1 serra 

Ventimila con quattrocento miglia; 
l>el quale il mezzo e manifesto a noi, 
E il dove, e il come Tuoni ci s'infamiglia. 



(1) Fazio, Lib. I. Cap. VI, |.. 18. 

{'£) Como si vedrà più avanti qu^Nta misura tifila t'-rra ora di origli'o aral»a. 



INTRODUZIONK 3 



L'altra metà, che c'ó di sotto poi, 

Nota non è, nò qual v'abita gente, 

Ma pure il ciel vi gira i raggi suoi. 
E cosi dai levante alFoccidente 

Diecimila duecento dir si puote 

Di miglia, e ciò per lungo si consente. 
Poi per traverso, ]»erchè il sol percuote 

In una parte più. in altra meno, 

Secondo che i cavai guidau le ruote, 
Tanto ristretto ha l'abitato il seno, 

Che cinquemila e cento miglia fassì. 

Il più bel ^ien settentrione in freno. 
Onde se ben figuri, o '1 ver compassi, 

Tu trovi lungo e stretto l'abitato; 

Ritratto quasi qual mandorla vassi (1). 

Questi versi di Fazio indicano chiaramente i concetti 
cosmografici ch'i prevalsero inalterati nel medio-evo. In- 
fatti TaneUo cronologico fra la scienza antica, progressista 
in grado eminente, e la niedioevale, immobilizzata dalla 
Fed9, era stato spe/^zato dalle invasioni nordiche, ma gli 
arabi ne furono i custodi e i propagatori, finche la febbre 
di conoscere le fonti dell'antica sapienza, da mi fu invasa 
1 ^Italia nel XY secolo, non fece conoscere più completa- 
mente Timmenso genio della Grecia e di Roma. Nella geo- 
grafia p3r altro, o più esattamente nella cartografia e la 
nautica, gli arabi non raggiunsero mai quel valore che 
vi ebbero gli abitanti di altre parti del Mediterraneo e 
specialmente gl'Italiani. 

Questa geografia greco-araba, alterata in gran parto 
dalle utopie astrologiche, si rivela nelle vaste compilazioni 
del medio-evo, in Bacone, in Vincenzo di Beauvais, in Al- 



(1) Si noti la foriita simile che ha il plauiefero dd 1-147 della Biblioteca Na- 
ie iooale di Firenze. 

1 



INTRODUZIONE 



beHo il Grande, in d'Aillv, in Reisch e in molti altri. Ma 
contemporaneamente le scoperte geografiche che da Marco 
Polo in poi aprirono la nuova epoca della geografia, ser- 
virono per molti cartografi a migliorare la costruzione 
dei loro lavori ed estendere i confini del mondo conosciuto, 
come si vede in uno dei fogli del Portolano Mediceo del 
1351, nella tavola dei Pizigani del 13G7, nella tavola del 
1447 della Biblioteca Nazionale di Firenze, nel celebr«' 
mappamondo di Fra Mauro e in altre cart^ che ancora 
rimangono. Accanto a queste rappresentazioni della terra, 
che talora subivano cambiamenti dovuti alle notizie otte- 
nute da viaggiatori contemporanei o anteriori, altre no 
sono sparse in numerose opere, specialmente cosmogra- 
fiche, dalle quali apparisce la forma assoluta clic le idee 
cabalistiche imprimevano a questi concetti geografici; ciò 
che si vede per esempio nella forma ternaria che il fio- 
rentino Dati ancora attribuiva al mondo nel principio del 
XV secolo: 

Un T dentro ad un O mostra il disegno 
Come in tre parti fu diviso il Mondo. 
E la superiore è il maggior regno 
Che quasi piglia la metà del tondo: 
Asia chiamata: il gambo ritto è segno 
Che parte il terzo nome dal secondo: 
Africa, dico, da Europa: il mare 
Mediterran tra esse in mezzo appare (1). 

11 Lelewel e in special modo il Santarem hanno lun- 
gamente trattato dei simboli e delle imagini più o meno 
bibliche e misteriose, che offre la scienza cosmografica 



(1) Dati, Sp^a Uh. III. Ott. II. 



INTRODUZIONE T) 



di quei tempi (1). Ma non tanto per questo è irapoiiante il 
poema del Dati quanto perchè accanto a d(^lle utopie vi 
5ti leggono le cognizioni geografiche che si potevano trarrò 
da Tolomeo di cui il testo greco, appunto in quel tempo, 
cioè nei primi anni del XV secolo, fatto venir di Grecia 
in Italia da Palla Strozzi, fu tradotto da Jacobo Angelo 
di Scarperia per ordine di papa Alessandro V e divulgato 
quindi per tutta l'Europa. 

Grandissima influenza ebbe il testo latinizzato del 
geografo alessandrino sopra il concetto scientifico che del 
mondo si formarono gli scienziati del medio-evo; ed in 
paragone poca parte vi ebbe Strabene, benché pur esso 
fosse stato tradotto dal Guarino e dal Tifernate per or- 
dine di papa Nicolò V. 

Il testo di Tolomeo, di cui magnifici esemplari a 
penna si serbano ancora nelle biblioteche e di cui moltis- 
sime edizioni furono pubblicate nel primo secolo della 
stampa e nel susseguente, è accompagnato da carte, il 
cui disegno si mantenne inalterato fino verso la metà del 
XVI secolo. Jacopo Angelo aveva fatto solo la traduzione 
del testo senza occuparsi delle carte, che, insieme ad esso 
lo Strozzi avea fatto venire dalla Grecia (2). Francesco di 
Lapacino e Domenico di Leonardo Buoninsegni furono i 
primi a copiarle ponendovi i nomi latini invece dei greci (3). 



(1) NeirElenco che segue questa Introduzione le prime indicazioni sì riferi- 
scono a carte simili a quelle che ornano i manoscritti del poema del Dati, lì loro 
numero potrebbe essere stato assai aumentato, ma sono mancati il tempo e le in- 
formazioni sufficienti. Esse rammenteranno a coloro che Torranno riprendere e 
perfezionare questi studi a non trascurare un lato importante della storia della 
cartografia. 

(2) Vespasiano, 272. 

(3) Erra quindi il Murr, e con lui altri, dicendo che il primo a fare questa 
traduzione fosse Nicola Donis. Lblbwel, II. s 1^. 



fi "^ INTRODUZIONE 



Queste carte di Tolomeo erano state rifatte nel V se^'olo 
da Alessandro Agatodemone, 303 anni dopo la morte del 
geografo; esse furono incise in rame da Arnaldo Rucking 
per l'edizione del Tolomeo del 1478 e più tardi in legno 
dal iJonis per l'edizione del 1481, e nuovamente disegnati^ 
da Sebastiano Munster per il Tolomeo del 1540; infine- 
del tutto trasformate e migliorate dal Mercatore nel 1578. 

Insieme a questa cartografia classica, cioè derivata 
dall'antica Grecia, insieme alla caitografia astrologica 
rappresentata dai compilatori del trecento, fioriva quella 
più pratica ed anche assai più scientifica dei naviganti, 
ai quali era necessaria la più gran precisione possibile 
indispensabile per dirigere le navi fra due punti della su- 
perficie terrestre. 

Però di sovente anche calle terrestri furono dise- 
gnate da geografi abituati a costniire le nautiche e quindi 
a riferirsi per correggerle più di dati di osservazione che 
alle allusi(mi astrologiche. In ogni modo si ebbero come 
oggidì carte diverse terrestri e marine, mappamondi e 
globi che avevano per scopo di far conoscere la geogra- 
fia di una data regione o del mondo intero. 

I globi medievali per altro sono rarissimi n(m essen- 
dovene di noti che sette (?) avanti i due celebri terrestri 
e celesti pubblicati nel 1541 e 1551 dal celebre Mercatore. 
Kssi sono quello del Behàim che si riferisce all'anno 1492 
e riprodotto neiratlante del Jomard, la sfera di Lyon in 
rame del 1493, quella costrutta dalla Schoner nel 1520 
attualmente nella Biblioteca di Norimberga, la sfera di 
Francoforte sul Meno del XV secolo, quella della Bibl. 
pubblica (li Nancy, la sfera di Bure nella Bibl. nazionale 
<li Parigi e quella di Ecuy creduta dal D'Avezac ante- 
riore al 1524. 



INTRODUZIONK 



Le carte, gli at'anti o raccolte di carte di navigazio- 
ne e di carte terrestri sono invece abbastanza numerose 
essendo tra, esse alcune che presentano un carattere in- 
termediario ed altre che debbono ritenersi come una ri- 
duzione complessiva di diverse carte nauticlìe. Essendo 
scopo di questa pubblicazione far conoscere i progrossi e 
lo stato della cartografia in relazione con le grandi sco- 
perte marittime del medio-evo vennero escluse solo quello 
assolutamente terrestii. 

In complesso la cartografia presentò fasi e metodi 
diversi presso i diversi popoli e nei diversi tempi e sotto 
-questo concetto per quanto ta'i divisioni siano in parte 
arbitrarie essa può ripai tirsi nei periodi seguenti (1): 

Cartografia dell'antichità cioè dell'Orienta, della (rre- 
cia e di Roma, della quale rimangono come documenti 
qualche itinerario e segni in antichi uionrmenti; 

Cartografia bizantina ed araba rappresentata essen- 
zialmente di cai-te dipendenti da trattati di Geografia; 

Cai*tografia italiana teorica e pratica che prevalse dai 
primi secoli delle repubbliche fino a Mercatore cioè alla 
nnetà del secolo XVI e della quale furono derivazione la 
catalana, la spagnuola, la poitoghese. la tedesca o la 
stessa moderna cartografia che ebbe a ristauratore l'illu- 
stre geografo olandese. 

Ma per i motivi sopra accennati mi asterrò di en- 
trare nel vasto problema dello sviluppo e della connessione 
della cartografia nelle vane epoche limitandomi a trat- 
tare della cartografia che ho detto italiana, cioè del me- 
dio-evo e particolarmente di quella che aveva per scopo 
di soddisfare i bisogni dei naviganti. 

(1) BiUL Soc. Qéogr. de Paris, 1879, XVII, 560. 



INTRODUZIONE 



Il Jomard esclude gli italiani dal numero dei popoli 
appo i quali fiori la cartografia nel medio-evo; ma né il 
Jomard, ne il Santarem, né il Major, né altri riesci- 
ranno a distruggere il primato degli italiani, nel gran 
secolo geografico, come calcografi e come scopritori. 

Però per rendersi chiara ragione delle tavole nau- 
tiche e dell'uso loro, e in generale del modo di navi- 
gare degli antichi, é utile fermarsi alquanto ai metodi più 
perfetti usati dai nautici moderni. 

(ili elementi necessari per solcai'e il mare, cioè la 
conoscenza della distanza e della direzione, sono comuni 
ai navigatori di oggi come a ([uelli dei tempi più remoti; 
vi è solo differenza nella precisione colla quale si può 
giungere a valutarle. Attualmente, come é noto, la dire- 
zione si stima con una bussola formata essenzialmente di 
un ago magnetico fissato a una rosa, la quale, oltre ad 
essere divisa in 3G0 gradi, è divisa ancora in 32 paiii 
«eguali che si chiamano quartini: il rombo comprende quindi 
ir 15' e il quartino 2° 4«' 15" (1). 

È noto ancoi-a. che Tago magnetico si dirige verso 
un punto ossia polo magnetico la cui posizione presenta, 
rispetto al polo geometrico terrestre, diversi periodi di 
variabilità; e quindi avviene che l'ago magnetico offro 
anch'esso delle oscillazioni periodiche; ma in un dato istante 
e in un dato punto della teira si può valutare l'angolo che il 
meridiano magnetico fa col meridiano terrestre, cioè Tangolo 
di declinazione al quale si danno ancora i nomi più sem- 
plici di variazione magnetica o di falsa indicazione', la 
conoscenza di questa variazione» é elemento necessario per 



(1) Vvv la biissulu niod4>rita vedi Ri\'i»ta Marittimo. Luglio 1875. 



INTRODUZIONE 9 



potersi valere delle osservazioni della bussola. Ma tale 
correzione non ba^^ta; la bussola infatti servirebbe a far 
conoscere al marinaio la dii*ezione percorsa dal suo ba- 
stimento se la direziono della nave, cioè della linea che 
va da poppa a prua, coincidesse con quella del cammino 
percorso. Ciò avviene solamente quando un bastimento 
naviga col vento in poppa altrimenti la direzione appa- 
rente del cammino indicato dall'asse della nave forma 
con la direzione reale un angolo che si chiama angolo 
di deriva. Questa deriva si misura sia rilevando da poppa 
con una bussola l'angolo che fa la scia, o il solco la- 
sciato dalla nave, colla sezione longitudinale eli essa, sia 
con regole pratichfi dedoU(^ dallo stato di velatura della 
nave medesima. 

Con ciò non si dev(^ credere per altro, di avere 
alla mano delle regole sicure per calcolare la deriva in 
ogni circostanza. Essa dipende moltissimo dalle qualità 
marinaresche della nave, dalla minore o maggiore im- 
mersione di que:^t'ultima, dall'agitazicme più o meno grande 
del mare; onde il giusto ciiterio sul valore della deriva 
deve essere in gran parte lasciato al giudizio e all'espe- 
rienza del capitano (1). 

In ogni modo, a motivo delle due causi» di erron^ 
sopia e^jposte, e di quella dovuta airatirazione locale della 
nave sull'ago magnotiro, i marinai sono siati condotti a 
formulare» la nota regola: *< Per correggere una corsa 
magnetica della variazione della deriva e dell' attrazione 
locale, basta contare successivamente» sulla rosa a paHire 
dalla corsa magnetica e nel senso della variazione della 
deriva e deirattrazione locale, un arco eguale a queste 

(1) BUCCHIA, n. 10. 



• < 



10 INTRODUZIONE 



j tre quantità ». Si deduce poi reciprocamente che: « per 

passare dalla corsa vera a quella corrispondente della 
bussola, basta prendere successivamente sulla rosa, a 
partire dalla corsa vera, un arco eguale e contrario alla 
variazione, alla deriva e all'attrazione locale ». 

L'altro elemento <.he i navigat4.)ri debbono necessa- 
riamente <'onoscere è la distanza percoi^a; per valutarla 
il nautico adopera il loch o solcometro. Esso è sempli- 
cemente un galleggiante attaccato ad una funicella, avvolta 
intorno ad un rocchetto, che si lascia scorrerò quando il 
bastimento cammina. S'intende facilmente come si possa. 

dalla quaDtità di fune che si svolge in un dato tempo, 

j 

ij conoscere la velocità della nave. 

'} Il solcometro stes-^o serve poi ancora a misurare !(» 

1 1 

<;orrenti manne, altro elemento che il marinaio non può 
trascurare nella stima del cammino che ha compiuto, i i- 
nalmente quando è necessaiio conoscere la posizione e- 
satta nella quale si trova una nave, si ricorre alla mi- 
sura della latitudine e della longitudine per mezzo di op- 
poi'tuni stiiimenti, i quali attualmente hanno raggiunto un 
tal grado di perfezione, che l'ei-rore che si può commet- 
tere nel determinare la posizione di nn luogo, può essere, 
in circostanze favorevoli, di mezzo miglio al più. 

Oltre alle nozioni sopra indicate, il maiinaio deve 
averne altre, le quali sono in complesso colle prime. 

1** Misura df 1 tempo: 

2** Direzione del vento; 

S** Indicazione della bussola corregendola dell'errore 

di variazione, di attrazione locale e di deriva; 

ii 4** Misura della velocità, riferita a una data unità di 

U 

li ' misura; 



.il 



o** Misui-a dell'errore prodotto dalle correnti; 



INTRODUZIONE 1 1 



6^ Misura della latitudine e longitudine. 

Esaminiamo ora quali erano di questi elementi quelli 
valutati dai naviganti del medio-evo e gli strumenti che 
adoperavano per misurarli. 

Il tempo fino dalle epoche più remote si misurava co 1- 
Torologio a polvere; ma sovente il marinaio doveva ri- 
correre alle ossei'iazioni dello stato del cielo: in ogni 
modo prima di trovare strumenti per misurarlo esalta- 
mente la scienza mancò per lungo tempo di un elemento 
fondamentale o necessario a risolvere i problemi che il 
nautico può proporsi. Verso la metà del XVI secolo, si 
pensò ad avere orologi a polvere a moto costante. Ma 
erano mezzi ancora imperfetti. 

la direzione del vento era valutata per mezzo di una 
rosa la quale ebbe un numero variabile di venti presso i 
grel-i ed ebbe 8, 16, 32 venti nel medio-evo; quest'ultima 
rosa di 32 venti prevalse quasi generalmente in quell'e- 
poca. Anche i nomi poco erano divei^si da quelli della 
rosa moderna, che è divisa in 8 paiti, da 8 venti prin- 
cipali, i quali hanno nome, girando da settentiione ad o- 
riente, di Tramontana (Nord), Greco (Nord-est), Levante 
(Est), Scirocco (Sud-est), Ostro (Sud), Libeccio (Sud-ovest), 
Ponente (Ovest) e Maestro (Nord-ovest). I a sola differenza 
che si riscontra fra la rosa antica e la moderna è nel 
nome di Libeccio, al quale nel medio-evo davasi general- 
mente quello di Garbino (1). 

Il secondo elemento necessario a conoscei'si sono le 
indicazioni della bussola (2), strumento sul quale si sono 



(1) n D'AvKaAC ha trattato colla sua nota dottrina questo argomento negli 
Aper^tts historiqiées sur la rose des venti - Boll. Soc. Oeogr. It., XI, 317. Vedi 
anche il Rugb, .Compass und compass Karten - Ouoliblmotti . (, 420-422, e il 
Breusino già citato, ecc. 

(2) Vedi D'AvKZAC, AperctM historiques sur la Boussole (in) B%M, Soc. de 
Géog. de Par, 4. Serie XIX, 314. - BRRUsma (in) Zeitschr. der Oesell. fur Rrdk. 
su Berlin IV (1868) p. 31. 



12 INTRODUZIONE 



scritti molti volumi e su cui mille sono le opinioni benché 
gli scrittori più autorevoli generalmente ammettano che 
quello stnimento, ben noto ai cinesi, passasse in Occi- 
dente per mezzo degli arabi e si adoperasse in principio 
facendolo galleggiare sull'acqua ed anche fino da tempi 
assai antichi si montasse sopra un pernio; cosi infatti lo 
descrive Alessandro Neckam, professore alKUniversità di 
Parigi fra il IIJ^O e il 1187, cogli altri strumenti neces- 
sari all'armamento di una nave. Pietro di Maricourt nel 
trattato sulla calamita, da lui terminato VS agosto del- 
l'anno 1268 nel campo di assedio posto davanti a Lucerà» 
difesa dai partigiani di Corradino, descrive due bussole, 
una delle quali sospesa sull'acqua e l'altra sopra un pernio 
{> poco dopo Raimondo Lullo in libri scritti fra il 1280 e 
il 1295 indica con precisione lo strumento Stella Maris, che 
secondo molti è una bussola composta di una rosa dei 
venti attaccata all'ago magnetico. Altri invece vogliono 
che questa unione, e più specialmente la riduzione della 
bussola ad ess(»re uno strumento pratico dei naviganti, sia 
dovuto airamalfitano Flavio Gioia che fioriva verso Q 1300 
o, che fu celebrato nel XV secolo quale inventore della 
bussola, come anche attualmente si reputa in generale. 

Fu creduto dal d'Avezac che il Maricourt conoscesse 
Ja declinazione valutata nel mss. di Leida, che contiene 
il suo trattato, a un punto e mezzo di 5 gradi al punto 
e che fin d'allora si facesse la correzione della variazione 
della bussola; ossia della falsa indicazioìie. Ma un più 
accurato esame (1) ha mostrato che quelle notizie si tro- 



ll) noN( oMPAoNi JìulL delle Scienze Mat., I, 1868 (marzo e aprile). 11 P. 
Hcrtelli ha fatto ivi un lavoro che non scioglie ogni dubbio intorno itila bussola, 
ma che però rende inutile consultare gli scritti antecedenti relativi all'origine di 
questo strumento. 



INTRODUZIONE VA 



vano neirultima parte del codice, la quale è di data 
incerta. In ogni modo la falsa indicazione era conosciuta 
nel settentrione d'Europa avanti i tempi di Colombo (1). 
ed è noto che egli fu vivamente meravigliato, allorché 
vide le sue bussole fiamminghe o genovesi (lo quali dif- 
ferivano dalle prime di un quarto di vento intero, perchè 
non erano come ossc:» corrette della falsa indicazione) se- 
gnare prima una declinazione orientale, poi nulla e fi- 
nalmente una declinazione occidentale. 

Intorno a quel medesimo tempo il Cabotto, confron- 
tando lo variazioni di declinazione dei diversi luoghi, sup- 
pose che le curve di egiial declinazione fossero grandi 
circoli passanti per due poli magnetici distinti dai due 
poli terrestri; titolo glorioso pcM* quel navigatore, non- 
ostante la ininoi' l'egolarità che le osservazioni posterioii 
mostrarono in quelle curve: la loro vera forma fu vera- 
mente per la prima volta riconosciuta dal milanese Cri- 
stoforo Borro (2), autoi*e, fra altre opere, dell' Arte del 
Navigare. Il Borro chiamò chalibocliliche questo cuj-ve 
le quali più tardi trassero il nome da Halley che ne à- 
anche oggidì reputato rinv(»ntore, ma che poi lasciarono 
per quello àUsogoniche proposto dall'Humboldt. Quasi 
contemporanea alla scoperta della declinazione dell'ago 
magnetico fu quella dell'inclinazione dovuta a Giorgio 
Hartman di Norimberga nel 1543; e cosi fu dimostrato 
che causa della direzione costante dell'ago doveva essere 
l'attrazione di un punto della terra e non la stella polare. 
Questa opinione prevalse durante tutto il medio-evo come* 
Aì(x anche il poeta (3): 



(1) I/Hnmboldt fidandosi a un passo del Formaleoni credf a torto che Andrea 
Bianco facesse la corrosione relativa alla falsa indicazione della bussola. Vedi 
II1JMB01.0T. Cosvnoi^ IV. p. 124 - Peschél. Bianco, p. S). 

(2) Vedi a questo nome nella parte 1. di questa pubblicazione. 

(3) Dante. Par, e. XII, v. 28-30. 



14 INTRODUZIONK 



Del cuor dell'una delle luci nuove 
Si mosse voce, che Tago alla stella 
Parer mi fece in volgermi al suo dove. 

Pochi anni dopo, nel 1547, Fortunio Affaitato cremonese 
Indirizzò un suo trattatello a Paolo III {]) sopra il mede- 
simo fenomeno, del quale si attribuisce oggidì la sco- 
perta al Norman. Intorno allo stesso tempo Hernardino 
Baldino in un piccolo libro, escito in luce nel 1556, e 
che fu celebro a suoi tempi fra i naviganti, confidando 
nella regolarità delle curve di declinazione e di inclina- 
zione e nella costanza delle loro direzioni immaginò un 
ingegnoso strumento consistente in un ago sospeso in 
mezzo ad una sfera; in modo che indicasse contempora- 
neamente al navigatore la declinazione e Tinclinazione 
propria ad ogni punto della terra, permettesse di dedurne 
la latitudine e la longitudine di un dato luogo, e così 
potesse fornire un mezzo semplice di dirigere le navi. Era 
sott'altra forma, la stessa idea .del Korro. 

Ma la bussola da sola non bastava al marinaio ; e 
quindi in ogni tempo i navigatori hanno dovuto conOvScere 
un altro elemento, cioè il cammino percorso dalla nave ; 
e questo lo valutavano dallo stato di velatuia colla quale 
navigavano e, molto probabilmente, anche osservando 
l'angolo (li deriva, benché non avessero strumenti per 
misurarlo. Le osservazioni della velocità del bastimento, 
fatte navigando presso le coste lungo le quali si tenevano 
più che fosse possibile, faceva sì che si abituavano a de- 



(I) Nella Biblioteca Angelica di Roma si trova forse la sola copia che kì 
conserva di questo libro, che ha per titolo: Ad Paulum ITI, ete. Fortunji Affaytati 
Phynici atqt^ Theologi^ Phisieee Astronomicce cofisideration^s^ etc, VeneUis MDXLIX 
in-16.0 di 3tf carte. E forse un'altra copia, secondo le notizie testò inviateci daU'il- 
lustre Cesare Cantù, potrebbe trovarsi nella libreria del fu March. Ala Ponxon di 
Cremona, ora venuta in mano del fisco. 



INTRODUZIONE 15 



terminare il valore con precisione mirabile. A questo modo 
solamente si può spiegare la esatlezza che presentano, 
nelle carte del medio-evo, i rapporti di grandezza delle 
varie parti delle regioni che vi sono rappresentato. 

Si è creduto da alcuni ch3 almeiio al principio del 
XVI secolo si usasse il loch, ossia il solcometro ; o ciò 
lo ha fatto supporre la seguente frase scritta dal l'iga- 
fetta (1) nel celebre viaggio di circumnavigazione compiuto 
con Magellano fra gli anni 1519 e 1522: Secondo la 7ni - 
sura che facevamo del viaggio colla catena a poppa, 
noi percoré'arafnrt do 0!) a 10 leghe al giormo : e se 
Iddio eie. 

11 signor Breusing (2), in un lavoro del n'sto (eccel- 
lente, benché dubitasse delTosattez/a colla quale TAmo- 
j-etti aveva dato il testo del Pigafetta, ha commentato 
lungamente questa frase, e 1 ha sostenuto fra altre cose 
che la parola viaggio adoperata dal Pigafetta include in 
italiano il concetto di direzione e non di misura di gran- 
dezza, e quindi che quel, navigatore intendeva parlare 
dell'angolo di deriva e non della velocità misurata col 
solcometro; rd aggiunge che da vari trattati di nautica 
olandese si licava esservi stato almeno nel XVI secolo 
uno strumento destinato a misurare Tangolo di deriva 
prima anche che s'introducesse l'uso del lodi, la cui in- 
venzione non è. certame n te anteriore al 1577, anno in cui 
si trova mentovato per la ju'ima volta. Ceiiamente non 
poniamo in dubbio l'esattezza delle citazioni del Hreusing: 
ma che importanza poteva avert» uno strumento atto a 
misurare la deriva, quando per se stesso il fenomeno è 
tale, che anche oggidì qualunque metodo è insufficiente a 



(1) PlGAFKTTA, p. 45. 

(2) Breusing (in) Zeittchr, der GeselL fur Erdk. zu licrlin. IV {m)) p. 100. 



10 INTRODUZIONE 



darla con precisione, e si preferi'^ce di valutarla a occhio? 
E d'aXra parte nessun trattato antico di nautica ita'iana 
fa menzione di simile strumento. 

Primieramente, senza entrare in discussioni lingui- 
stiche, noterò che l'Amoretti ha alterato completament(ì 
il testo dell'Ambrosiana, introducendovi fra le altre cose 
la parola vinggio, sulla quale il Breusing ha cosi scittil- 
mente ragionato. Il passo surriferito si legge infatti cosi: 
% Ogni gorno (sic) facevamo cinquaìita sesanta et sr- 
tanta legue a lacatena ho (sic) a popa; et se ydio etc. » 
In primo luogo si osservi che nel mss. del Pigafetta la 
particella disgiuntiva o, e il tempo di verbo ho sono in- 
differentemente provvisti o mancanti di h (1), per cui il 
passo può intendersi: « Ogni giorno noi facevamo 50, 60 
o 70 leghe con la catena che ho a poppa ^ ovvero : 
« Ogni giorno noi facevamo 50, 60 o 70 leghe a la ca- 
tana o a poppa ». La catena accompagnata da vari epiteti 
ha vari significati nella nautica medioevale: attualmente 
si chiama più specialmente così una ti*ave situata perpen- 
dicolarmente aliasse del bastimento nel punto verso prua 
ove esso comincia a restringersi; cioè nel pimto tale che 
da asso fino alla poppa la direzione del cammino appa- 
i-ente è parallella all' asse longitudinale della nave. 
Quindi ammettendo che la parola ho debba essere il di- 
sgiuntivo 0, si può concedere che il Pigafetta intenda dire, 
che, valutando a vista la velocità della nave 'stando alla 
catena di prua o a poppa, la sua nave faceva 50, 60 o 



(1) U signor abate Ceriani, bibliotecario deU' Ambrosiana, mi Acrive: « l ma- 
« noscritto del Pigafetta usa ed abusa della lettera h. Quanto ad ho verbo ed o 
« particella, eccole alcuni esempi: ho verbo (h od o) p. I 1. 8, p. 2 1. 6 dalla fine; 
« o particella è scritta ho p. 3 1. 14; p. 4 l. 12; è scritta o senza la h p. 3 1. 18; 
« p. 4 1. 3. A p. 46 1. 2 dalla fine (p. 68 1. 2 dalla tìne nciredizione del 1800 di 
« Milano) si legge: sr eranno morti o gf^ntili ho in que credevano, usando le duo 
< scritture ». 



INTKODUZIONK 10 



70 leghe ecc. Si potrebbe ancora interpretare ho come 
verbo, e supporre che il Pigafetta chianias:se catena una 
trave travei*sa di poppa, ovvero anche che il disgiuntivo 
stesse al luogo di e, e che Pigafetta, dividendo la di- 
stanza fra la poppa e la cati^na di prua per il tempo che 
un punto fìsso del mare metteva a passare dall' altezza 
<lella catena di prua all'altezza della poppa, ne deducesse 
la velocità della nave. Ma senza entrare in queste disqui- 
sizioni troppo soltili, rimane dimostrato che il Pigafetta non 
intende parlare del solcometro, e in ciò il Breusing ha 
ragione: ma neppure, come questi vorrebbe, particolar- 
mente della deriva. Quel navigatore infine misurava la 
velocità a vista; ed in tal modo anche oggidì, senza ri- 
correre al loch, esperti marinai giungono a conoscere 
con meravigliosa esattezza la velocità delie navi. 

Mi sono trattenuto lungamente sopra il locìt perchè 
ad esso si riferisce una questione che è stata delle più di- 
l)attute fra coloro che hanno trattato della nautica d(d 
medio-evo. I cartografi di quel tempo quindi potevano 
valersi soltanto delle osservazioni delle distanze fatte dai 
marinai, colla semplice stima e con osseiTazioni imper- 
fette di latitudine, per correggere le carte stesse colle 
quali navigavano; ed in tal modo per un processo di con- 
tinua eliminazione e colla moltiplicità delle osservazioni 
raggiungevano quasi quella perfezione che ora si è otte- 
nuta mediante eccellenti strumenti. 

Dovrei ora parlare di un'altra questione complica- 
tissima, ossia della grandezza assoluta che gli antichi na- 
vigatori davano all'unità itineraria, cioè del miglio e 
della lega che adoperavano. Il miglio generalmente usato 
era il miglio romano di 1481 metri; ma quante miglia 
erano comprese in un grado? Tutti ammettevano la divi- 



J^* mTRODUZIONK 



sione della terra in trecento sessanta parti ; ma sulla 
gran<lezza di un circolo massimo della terra vari orano 
i concetti nel medio-avo, <• quindi era ancora variabile 
il quoziente della seconda di queste quantità per la prima 
quoziente che rappresenta appunto il numero di miglia 
comprese in un grado. 

In generale tutti gli autori antichi danno al miglio 
romano, che il dotto astronomo fiorentino (jiuntini chiama 
italiano, 8 stadi di 125 passi, ossia 1481 metri; di questa 
grandezza gli antichi ebbero idea assoluta; ma il valore 
della grandezza della iena era stimato diverso a seconda 
della misura che ognuno aveva ricavato dagli scritti che 
s'inspiravano ad Alfragano, a Tolomeo, ad Eratostooe o ad 
altri scrittori di minor grido. Alfragano dava alla terra 
20400 miglia (Vi circuito, cioè, per grado, miglia 50 */, ; 
non si conosce però la misura esatta del miglio arabo : 
Tolomeo le djxva 180000 stadi, ossia miglia 22500, ciò chr 
fa miglia romane 62'/, al grado; Eratostene 252000 stai i 
ossia miglia 3150), ciò che fa miglia romane 87 y, al 
grado. Le misure moderne^ invece danno a un cii-ado 
massimo terrestre miglia romane 270735 di 1481 n:etri, 
cioè miglia romane 75 V^ al grado circa. Le misure di 
Alfragano furono preferite da Fazio degli Uberti (come 
già vedemmo), dal d'Ailly, più tardi dal Colombo e da 
alcuni altri navigatori. LHolywood ossia Sdcrobosro si 
attenne invece alla misura data da Eralostene nel suo 
celebre trattato della Sferra. Kssa fu preferita in generale 
dai cosmografi e si divulgò moltissimo in causa d(»l nu- 
mero grandissimo di dizioni di quel libro; la misura data 
da Tolomeo, finalmente venne in grido sopratutto doi)0 il 
XV secolo e fu accolta specialmente dai letterati. 



INTUOOUZIOM-: 17 



Ciò che aumentava la confusione era l'uso di l^ghe 
diverse; poiché la lega francese, almeno nel principio del 
XVI secolo, riguardavasi come corrispondente a due miglia 
italiane, a tre la lega spagnuola e a quattro la lega te- 
desca; quattro miglia italiche aveva pure la lega nautica (1). 
Il Giuntini stesso, cosi erudito conoscitore della astronomia 
del X^'I secolo, nota in diversi luoghi dei suoi scritti l'in- 
certezza che allora regnava in quest' argomento e dice 
per altro di seguire V opinione generalmente invalsa fra 
i discepoli di Apiano, di Copernico e di altri tedeschi, i 
quali ammettevano che ogni grado fosse di 480 stadi ossia 
60 miglia italiche od anche 15 miglia comuni tedesche. 

Questo rapporto di 4 miglia alla lega e di CO miglia 
al grado si mantenne molto tempo dopo il 1500, malgrado 
la variazione che subì in seguito la misura della gran- 
dezza della terra ; e di qui ebbe origine fino ai tempi mo- 
derni un miglio e una lega nautica di grandezza varia- 
bile, menno le medesime misure riferite alla terra rima- 
nevano costanti. Non dimentichiamo peraltro che le miglia 
terrestri avevano valori diversi presso le varie città ; e 
sovente erano scambiate col miglio romano. Con questa 
i-estrizione soltanto ammetto col d' Avezac che nel secolo 
XV e XVI la lunghezza del miglio romano fosse di 1481 
metri. 

Si noti quindi che la grandezza del mondo nel medio- 
evo non fu sempre creduta inferiore a quella che si co- 
nosce oggidì; anzi giudicando dal favore incredibile che 
incontrò la Sfe7*a del Sacrobosco, si può ammettere che 



(1) GxuNTiNi p. 638 — Fra Mauro, come il Giuntini, nota che una lejra secondo 
l*uso marittimo vale 4 miglia delle nostre italiane. — Fra Mauro adotta per la 

grandezza della circonferenza terrestre 252000 stadi, cioè la misura di Kratostene. 

(2) Confronta d' Avezac Vespitce, 1-13-144. 



18 INTRODUZIONE 



da molti era stimata maggiore. Tutti poi commettevano 

Terrore di Tolomeo, facendo troppo grandi le longitudiui 

dei paesi dell'antico continente e quindi allungandolo oltre 

misura: errore che si riscontra gigantesco nella Tavola 

Peutingeriana, ove le terre sono rappresentate in una 

striscia 22 volte più lunga che iarga. 

La bussola e la valutazione del cammino percorso colla 

stima erano due degli elementi dell'antica nautica; colla 

» 

stima forse si valutavano anche le correnti, di cui la mi- 
sura del resto è oggidì pure assai difficile ed incerta; il 
tempo era misurato coU'orologio a polvere, il quale anche 
ora si usa sopra i bastimenti in alcune operazioni, come 
per esempio nelfadoperare il solcometro; in fine era ne- 
cessario per mezzo delle osservazioni celesti di correggere 
Terrore commesso nel valutare, colle sole risorse della 
bussola, della stima e del cammino percorso, la posizione 
in cui si trovava la nave. I metodi poi per trovare la lon- 
gitudine furono imperfetti fino ai tempi moderni; una ap- 
prossimazione maggiore fu solo raggiunta nel medio-evo 
nella valutazione della latitudine; e in ambedue i casi si 
adoperò quasi unicamente l'astrolabio. 

La determinazione della latitudine si faceva special- 
mente con questo istrumento; la determinazione delle lon- 
gitudini invece, tentata ripetutamente con vari metodi, dava 
ai navigatori risultati molto incerti, poiché per molto tempo 
si valutò solo colle osservazioni di un'eclisse in due luo- 
ghi. Più tardi il Vespucci la misurò col metodo delle oc- 
cultazioni delle stelle e con quello della loro distanza 
lunare. Mancavano però ancora strumenti abbastanza pre- 
cisi, né le Effemeridi Alfonsine, benché corrette dal Bian- 
chine e dal Regiomontano, erano ancora al principio del 
XVI secolo abba-stanza esatte per contribuire insieme al- 



INTRODLZIONE 19 



l'astrolabio ad una precisa determinazione della posizione 
geografica di un dato luogo della superficie terrestre. 

In ogni modo TAstrolabio fu il solo strumento che i 
navigatori ebbero fino a qua-^i tutta la metà del XV secolo. 
Esso era costruito sopra un tipo pressoché costante ed il 
principio ne era semplicissimo. Infatti Tastrolabio consi- 
steva essenzialmente in un disco diviso in gradi e talora 
mezzi gradi e che si teneva sospeso per un anello in modo 
tale che il diametro corrispondente allo zero della gra- 
duazione passasse, idealmente prolungato, per il centro di 
sospensione; al centro del disco era fissata un'alidada che 
portava all'estremità due fori per i quali doveva passare 
il raggio visuale quando si guardava attraverso ad essi il 
sole od una stella; l'angolo di questa direzione colla ver- 
ticale dava l'angolo cercato. Ma l'astrolabio risolveva altri 
problemi, sui quali discorrono distesamente i cosmografi 
del XV e XVI secolo e fra gli altri Ignazio Danti nel 
5U0 libro dell'Uso dell'Astrolabio. Benché il trattato di 
Ignazio Danti sia posteriore di circa un secolo all'astro- 
labio di Dante dei Rinaldi, lo strumento che egli vi de- 
scrive è quasi identico a quello del suo nonno e poco dif- 
ferisce dairastrolabio di Regiomontano del 1468, di cui 
un esatto disegno fu dato dal Ghillany (1), e da quello 
cufico riprodotto dal Jomard (2). Ciò prova per lo meno 
quanto sia assurda l'opinione di alcuni i quali vollero 
puerilmente sostenere che gli italiani, nella fine del XV 
secolo, acquistavano gli strumenti nautici in Germania. 

Si osservi qui che l'astrolabio era uno strumento locale, 
riguardo alle indicazioni che se ne ricavavano relativa- 
mente al moto apparente della sfera celeste in un dato 



(1) Ghillany Behaim, p. 40. 

(2) JoM^BD, N. 56. prow. 



20 ' INTUODIZIONE 



punto della terra; ma era uno strumento universale comi 
capace di far conoscere ovunque la latitudine. Ma la na 
tura di questo lavoro mi impedisce ormai di discorrere pii 
distesamente dell'astrolabio, per cui rimando il lettore a 
trattato del Danti ove si potranno trovare estese notizia 
sopra tutte quelle quistioni che queiristrumento era desti- 
nato a risolvere. 

Fra i vari astrolabi, che ci rimangono ancora ne 
musei di antichità è bellissimo quello posseduto dal cont< 
Gian-Carlo Conestabile di Perugia (1), costruito sul finin 
del XV secolo da Vincenzo Dante dei Rinaldi. « Hebb< 
« quest'huomo eccellente, scrive il nipote Ignazio Danti (2) 
« oltre alla scienza dell'Astronomia, nella quale si fec( 
« in quei tempi conoscere per intendentissimo, la mane 
« attissima nel mettere in opera tale fiicultà, perciocché 
« si veggono ancora alcuni strumenti astronomici con- 

< dotti di sua mano maravigliosamente. Tra quali è a' 

< presente uno astrolabio in casa della nobil famigli? 
« degli Alfani tanto bello, tanto giusto, e diligentemente 
« lavorato ch'io ardisco di affermare che non sia mai 
« stato fatto un altro simile ». Sopra questo strumento, 
veduto ancora dal Lancellotti in casa Alfani nel 1646 e 
passato quindi al suo attuale proprietario, si legge Tiscri- 
zione seguente: 

ALPHENVS SEVERVS GENIO SVO ET COMMODITATI. F. 

Quest'iscrizione rammenta Alfano Alfani, uomo dot- 
tissimo de' suoi tempi, a cui appunto Vincenzo Dante dei 
Rinaldi aveva dedicato la sua traduzione della Sfera del 
Sacrobosco. 



(1) Conestabile Aìfani 15. 

(2) Nella «refazione all'Opera La Sfera del Sacroboaco (ed. Giunti 1371). 



INTRODUZIONI-: 21 



L'astrolabio di Dante dei Rinaldi, di cui si dà la j5- 
gura in grandezza naturale, si compone di un tamburo 
metallico, di cui una delle faccie piane è rappresentata 
dalla figura di destra della tavola I; Taltra dalla figura 
di sinistra e la sezione sull'asse dalla figura di mezzo. La 
faccia esterna del disco di sinistra come il suo rovescio è 
relativa alla città di Roma; all'interno del tamburo sono 
posti altri cinque simili dischi, uno dei quali è relativo a 
Firenze e gli altri quattro ad altre otto città come si ri- 
cava dalle iscrizioni che qui sotto riportiamo. Sopra la 
faccia dello strumento rappresentata dalla figura di destra 
vi sono tre pezzi: il primo è una lamiera traforata che 
serve a far conoscere la posizione delle costellazioni, il 
secondo è un'alidada e il terzo un regolo graduato, desti- 
nato a far servire l'astrolabio alle diverse latitudini. 

Disco (prima faccia). 

. LATIT. GU. XIII . 
. I. CLIMATIS. INITIUM . 

(seconda faccia). 

. LAT. GR. XVII . 
. DIAMEROES MEDIVM I. OLI . 

Disco {prima faccia). 

. LAT. GR. XXIIII . 
. DIASYENES MEDIUM. II. GLI . 

(sficoììda faccia). 

. DIALEXANDRIOS MEDIUM. III. GLI . 
. LAT. GR. XXXI . 

Disco (prima faccia). 

. DIARHODOS MED. IIII. GLI . 
. LAT. GR. XXXV . 



22 INTRODUZIONE 



(sficotìda faccia). 

. PRIXCIPIL'M V. CLIMATIS . 
. LAT. GR. XL. . 

Disco {prima faccia), 

. DIAROMES MED. V. GLI . 
. LAT. GR. XLII . 

(seconda faccia). 

. LAT. GR. XLII . 

Disco (prima faccia). 

. FINIS V. GLI . 
. LAT. GR. XLIII . 

(seconda faccia). 

. LAT. GR. XLIII . 

Disco (prima faccia) 

. DIABORYSTENES . MEDIVM. VI. GLI . 

. LAT. GR. XLV . 

(seconda faccia). 

. DIARHIPHAEOS. MED. VII. CU . 
. LAT. GR." XLVIII . 

Le due faccie di ciascuno dei due dischi 4« e 5** si 
riferiscono a Roma ed a Firenze, essendo segnate per que- 
ste due città, a differenza delle altre, sopra una delle 
faccie del disco relativo, le curve che definiscono le case 
del cielo, cioè dei diversi pianeti. 

All'Astrolabio succedette verso la fine del XVI se- 
colo la Balestriglia, la quale consisteva essenzialmente in 
un disco mobile sopra un'asta che lo traversava al centro, 
L'*osservatore tenendo Tocchio a una estremità dell'asta e 
movendo il disco, ' faceva in modo che le visuali di due 



INTRODUZIONE 23 



Oggetti passassero per l'estremità di un diametro e quindi 
si leggeva sull'asta l'angolo corrispondente. Finalmente 
Newton trovando il principio del sestante a riflessione ed 
Halley introducendolo nella nautica, cambiarono affatto le 
condizioni delle ossers^azioni marittime e fecero loro rag- 
giungere un'esattezza dalla quale erano state ben lontane 
per l'addietro. 

Assieme all'astrolabio e alla bussola ogni bastimento 
aveva un portolano e una carta nautica (1). Uno di que- 
sti portolani, relativo al Mediterraneo, fu stampato dal Pa- 
gnini nel voi. IV della Decima e fa parte della Pratica 
della Mercatura, scritta da Giovanni da Uzzano verso il 
1440; ivi sono pure uniti due notevolissimi trattatelli, in- 
titolato l'uno Ragione da navicare per tutti i venti e 
l'altro Ragioni di fare vele. Altri portolani ms^^. e stam- 
pati anteriori al XVI secolo si trovano in Italia, come si 
vede dall'elenco che ne abbiamo dato in questo volume. 
Nel portolano erano segnate per il Mediterraneo le di- 
stanze in miglia da porto a porto colla direzione appros- 
simativa dei venti, e colle indicazioni delle cautele da a- 
versi all'ingresso dei porti; per l'Atlantico, oltre a queste 
me lesime notizie, s'indicava sovente lo stato della marea 
dipendentemente dalla posizione della luna. E notevole fra 
gli scritti e i libri di simil genere un portolano del 1490 
posseduto dalla Biblioteca Casanatense di Roma, il quale 
dà chiara idea di qual natura fossero opere simili verso 
la fine del XV secolo e precisamente pochi anni avanti 
il gran viaggio di Colombo. 



(1) La carta nautica è chiamata ancora portolano per motivo facile a capirsi. 
ìieW Elenco che segue a questa Introduzione ho posto i veri portolani nella se- 
conda sezione intitolandola : Porto'.ani propriamente detti. 



24 INTRODUZIONE 



11 poitolano è stampato in caratteri gotici, e qui no 
liproduco il principio, la fino, ed alcuni brani intermedi, 
conservando l'ortografia, ma sciogliendo le abbrevazioni: 

Questa e vna opera necessaria a tutti li naviganti chi 
vano in diuerse parte del mondo per la qual tutti se ama- 
istrano a cognoscero starie fundi colfì vale porti corsi d'acque 
e maree cominciando dalla cita de cadex in spagna dreta- 
mente fina nel porto de le schiuse passando por i canali fra 
la ixola de ingelterra e la terra ferma scorendo le banche de 
fiandra fino a la ixola de irlanda mostrando tutti i corsi e 
trauersi dal ponente e fino al levante dove exercitano naiie- 
ganti chi vano per mar e per ogni parte del mondo, cum iloro 
navili navegando. Prima. 

1 A cita de cadex quando la luna e tra levante e si- 
roco alora e bassa mare salines la luna quarta de sirocho ver 
leuante bassa mar silues quarta de siroco ver leuante bassa 
mar saltes quarta d' siroco ver leuante bassa mar Satunes 
quarta de sir. ver le. bassa mar Lisbona quarta de siroco ver 
leuante bassa mar 

E qui scrineremo le secundo libro nominando portolano 

comenzando da venexia andando verso lo leuante fina in con- 

stantinopali e in alexandria e tutta la sozia cerchando le 

ixole de mar starie porti vale e cholpi dintorno E prima 

Al nome de dio e de la sua madre benedicta 

Venexia si e gran citade in mar lonzi da terra da mia :ì 
fina 4 per sirocho e dever ponente circha mio vno. E li apresso 
a mezo mio per grego si e una ixola che a nome muram e 
la se fa ogni lauorero d* vedrò 

Alexandria si e nobile citade ed a una penta fora daver 
ponente 1 la qual si e una gran tore che a nome lo farion 
dalexandria che e La cognosenza de la terra e par da lonzi 
mia 25 in 30 chomo si volon Anchora a presso la dita toro 
prodexe mezo dauer grego si e vn farion che a nome maimon 
E se tu vuoi intrar in Alexandria Bonora Li penta del faro 
prodexe 



INTRODL'ZIONR 25 



E (lalaltra part^ de la citade si e laltro porto dauer 
maistro che a nomo porto vechio in lo qual non olsa star naue 
de christiani se no quelle de mori o uer altri infideli 

(Q) Vi scriuoremo tutte le storie del mondo per raxon 
del nauigar chomo le chorezono le riue del mar et ixole ehai 
choliì pieleghi ] orti vale starle coraenzando del i)onente li 
loghi e porti del mar drezando fuori del stretto erchuleo che 
viilgarmente e chiamando streto de zibeltar dove }ier erchules 
foreno poste le cholone per reguardo de naueganti chi vano 
per lo mondo cum loro naue nauilij nauigando azo che le naue 
che sono nel mar non se mettano a passar cum pcriculo. 

Anchora scrineremo del mar mediterano e per tutte le 

riue di zorno et ixole e pieleghi e colfì vale che sono a torno 

fina che torneremo al monte de senta per chiarar el monte de 

zibeltar fina el brazo de saphi in barbarla. E prima 

Irlanda e ixola chi è abitada da molte città e loghi e 
volze intorno dai 280 mia. 



Genova e gran citade e da porto de mollo fato per forza 
e la sua intruda sie de verso ostro e in ebano del mollo e 
vna tore la qual fa lump de note e dal chauo de ponente e 
vn altra tore erta la quale se chiama chodefa e li se fa vn 
altro lume e se tu vien de fora e chel sia denote e vegli en- 
trar dentro del porto fa che entri fra i do lumi ma achostate 
alla tore da leuante e dai prodexi al mollo e le anchore da 
maistro de zenova. 

Da porto fin a repalo ostro e tramontana mia 5 

lo colfo de repalo è ben fondi e pian e bon forzador e da re- 
palo fina a chiauari son perstaria mia 5 

(R) Orna caput mondi e infra terra super lo fiume del 
teuere tra grego e tramontana mia 20 

Soura la fuxa picela d'roma a circha mia 3 in mar sie 
vno edifìcio antifiuo de gran muraglia et ano volti grossissimi 
cum aneli de fero e sopra de quello e poche fondi ma e 
statio per legni picholi 7 questo edifìcio a nome la troia de 
roma el qual era el porto doue romani solea tegnir le naue 
loro e san gregorio lo fece desfar e sapi che ala dita fuxa e 



26 INTRODUZIONE 



palmi 12 daqua e da questa fuxa alla fuxa granda de roma 

sono mia 3. 

Dala fuxa de roma a caua danza vardase a siroco ema. 

mia 40. 

Da magna vacha a chioza mia 90 per riuera e per questo 
chamino trovi goro e volane e le fornaxe et porto brondola 
e altri porti 

A honor e laude de lonipotente idio e de nostra dona 
Finito el primo libro nominado portola- 
no da naviganti cominzando da le 
parte d'spagna erecto traniteflna 
in fiandra ingeltera e ibernia 
e de ritorno per sta 
ria cerchando 
tute le 
ixole 
F 

Da melo al chastelo de maluaxia per ponente pocho ver 
lo maistro e sono mia 80 

Finito lo libro chiamado portolano composto per uno zen- 
tilomo veniciano lo quale a vedute tutte queste paiate anti 
scrite le quale sono utilissime per tu ti i navichanti che voleno- 
securamente nauichar in diverse parti del mondo 

Laus deo amen 

Impresso cum diligentia in la in citade de Venexia per- 
Bernardino rizo da nouaria stampador 1490 adì 6 nouembrio. 

Mi rimane ora a parlare della caila nautica, che era 
la rappresentazione, sopra una superficie piana, ove erano 
segnate le rose dei venti, delle coste delle varie regioni 
e che quindi serviva da un lato a navigare e dall'altro 
riassumeva tutte le osservazioni e le cognizioni dei ma- 
rinai di quei tempi. 

Per costruire queste carte nautiche si adoperavano 
le distanze valutate colla stima e le direzioni date dalla 



INTRODUZIONE 27 



bussola; quindi esse non hanno propriamente una proie- 
zione determinata, benché per disegnarle si ricorresse in 
generale ad una rete; in altri termini ogni elemento del 
loro piano non aveva una relazione matematica costante 
colFelemento corrispondente della superficie terrestre, e 
le linee a cui in sostanza si riferivano erano quelle cor- 
rispondenti alle osservazioni della bussola, cioè curve 
essenzialmente asimetriche (1). 

Del rimanente la variazione continua della falsa in- 
dicazione avrebbe reso assai incerti i costruttori di carte 
quando avessero voluto valutarla, poiché nel disegno ri- 
correvano appunto ad osservazioni della bussola; essi ripa- 
ravano a tali inconvenienti in. causa della perfezione rag- 
giunta dai naviganti nel calcolo delle distanze. 

In ogni modo queste carte piane del medio evo cor- 
risposero pienamente ai bisogni della navigazione, mentre 
d'altra parte si può osservare che la mancanza di proiezione 
in esse esistente è inconveniente poco sensibile per le 
carte a grande scala; ed infatti attualmente i principali 
istituti topografici militari, dopo aver adoperato vari sistemi 
di proiezione, hanno concluso che per le carte a grande 
scala conveniva prendere per centro di proiezione il centro 
del foglio, fosse anche la carta composta di più fogli, e quindi 
riguardare la regione da rappresentarsi come piana; insomma 
facendo a meno di qualunque proiezione, di tornare per 
altre vie al sistema degli antichi navigatori italiani. 

Potrebbe osservarsi, è vero, che le carte nautiche che 
ci rimangono sono a scala non piccola, però è certo 
ancora che esse non sono già quelle che adoperavano ^ 



(1) Il Breusing crede che appunto da qiielle carte antiche sia venuto al Mer- 
catore il pensiero d'inventare una proiezione per la quale le lossodromiche si can- 
giano in linee rette. 



28 INTRODUZIONI-: 



naviganti, ma le copie che ne erano fatte per gli studiosi 
di nautica e geografìa. Cosi ancora osserva giustamente 
il Mvien de S. Martin, e la sua opinione trova conferma 
nelle parole che il Ruscelli, verso la metà del XVI se- 
colo, scriveva nel suo capitolo: Della carta da navigare, 
e neiriscrizione che preceda la carta medesima, perfetta- 
mente simile a quelle di cui abbiamo fin qui parlato. 
« Questa carta, egli dice, è la generale che usano i ma- 
« rinari. Et è qui fatta come solamente per uno essempio, 
« non perchè in effetto cosi picciola ella fosse commoda o 
« buona d'adoperare, se non a chi però fosse molto pra- 
« tico rlel mare in ciascuna sua parte, et del modo d'ado- 
< perarla, che in ogni picciolo aiuto o segno, gli fosse 
« assai. I marinari Tubano quanto più grandi lor sia po3- 
« sibilo. Et hanno oltre alla generale o universal, com'è 
« questa, più altre carte particolari (1) ». 

Il ritorno che abbiamo sopra accennato ad una rap- 
presentazione senza veruna proiezione si riferisce alle 
carte terrestri, ed alle marittime in grande scala; quelle 
di Mercatore però saranno sempre preferite per la grande 
navigazione. In ogni modo vi è qualche ragione nei rim- 
proveri acerbi che il Lelewel muove ai geografi tedeschi 
del XVI secolo e che respingono il Rùge e il Pesche!, 
cioè che il ripristinamento della geografia di Tolomeo, ad 
essi dovuto, sia stato un'ostacolo allo sviluppo della car- 
tografia, allontanandola dai metodi essenzialmente pratici; 
ossia sperimentali, usati dagli italiani. Infatti fino a tempi 
relativamente recenti i tentativi per conciliare gli errori 
della geografia di Tolomeo (il quale per esempio dava al 



(1) Tolomeo (1561), Siga. Nn. 



INTRODUZIONE '20 



Mediterraneo una larghezza di 62'^ (invece di 42"*) con la 
vera situazione dei luoghi, non giovarono certamente ai 
progressi della scienza. 

Tutti coloro però che si occuparono di geografia 
antica convengono che nelle carte medioevali del Medi- 
terraneo si ritrova una precisione mirabile dovuta certa- 
mente alla frequenza dei viaggi ed all' abilità dei naviganti. 
In alcune parti specialmente, per esempio nel mar Nero, 
la configurazione generale è cosi perfetta che poco diffe- 
risce da quella che è data dalle carte più moderne. In 
generale però ogni segno locale delle linee littorali ap- 
parisce molto esagerato. I promontori e le lingue di terra 
si avanzano troppo in mare, i golfi e le cale s'internano 
troppo nella terra; le più piccole isole sono soverchia- 
mente ingrandite. 

Forse, nota molto giustamente il Peschel, i marinari 

di quei tempi erano consapevoli di questo difetto, appunto 
perchè navigando prrsso le coste, passati oltre un segno, 
miravano attentamente al successivo; ed anche perchè le 
sinuosità dei lidi osservate dal mare appariscono facilmente 
più salienti di quello che non si trovi infatti dalla misu- 
razione eseguita più tardi sopra terra. 

Due documenti fondamentali ci rimangono per farci 
conoscere il metodo di navigare degli antichi, metodo che 
si chiamava la raxon del Martelojo. 

Il primo era documento prezioso posseduto dal Doge 
Foscarini, che fu nello scorcio del passato secolo illustrato 
dal Toaldo e quindi dal Formaleoni. Questi ricorse ancora 
per spiegare la ragione del Martologio alla prima tavola 
deirAtlante del 1436 di Andrea Bianco, che il Peschel 
pubblicò poi in fotografia facendolo precedere da una dotta 
introduzione. In essa furono così egregiamente riassunti 



30 INTRODUZIONE 



gli studi del Toaldo, del Formaleoni e di altri con l'ag- 
•giunta di nuove ed a'^curato osservazioni che altro non 
posso fare che copiarne le proprio parole, riproducendo 
pure la prima tavola del Bianco in iSne di questo volume. 

« Rimane però certo, dice il Peschel, che i naviga- 
tori italiani hanno calcolato con sicuro sguardo le distanze 
percorse, poiché i rapporti di grandezza delle carte stanno 
-fra loro in un ammirabile armonia. 

« Difficilmente, o molto di rado, sarà avvenuto che 
tra due punti lontani il vento durasse cosi favorevole 
al navigante, che egli potesse mantenere la stessa dire- 
zione delle vele dal principio alla fine del viaggio. Sic- 
come dovevano passare molti secoli, prima che si potesse 
4eterminare astronomicamente la posizione di una nave 
da quelli che vi si trovano sopra, cosi non rimaneva 
altro che calcolare dalle linea percorse la vicinanza o di- 
stanza del punto di arrivo. Se per esempio una nave era 
costretta a declinare dalla linea retta o dalla via più 
l)reve fra due porti, OA'A^ero a sbandarsi fra un porto ed 
un promontorio per vento contrario, di un vento intero o 
hIì 45^, il capitano doveva ad un cangiamento favorevole 
del tempo calcolare non solo qual corso dovesse battere 
in seguito, ma anche quanto lontano fosse il termine della 
navigazione. A ciò sarebbe stato necessario un calcolo 
secondo i principi della trigonometria piana, ammettendo 
che si possa trascurare la curvatura sferica della superficie 
'del mare. Alle nostre tavole logaritmiche dei seni dovevasi 
perciò sostituire un mez/.o sussidiario, il quale, come dice 
Andrea Bianco stesso, non richiedeva altra cognizione che 
a saver ben moltiplicar e partir. Il primo foglio del- 
l'Atlante contiene perciò le tavole necessarie alla esecuzione 
•di quel computo ossia il metodo del martologio (la raxon 



INTRODUZIONE 31 



del Martolojo). Suirorigine di questa parola noi ci guar- 
deremo bene dal proporre alcuna nuova ipotesi, essendo 
stato difficile anche ai dotti di Venezia di darne una spie- 
gazione soddisfacente (Formaleoni, pag. 28). Il significato 
della espressione sarà chiarito abbastanza dalle parole di 
Bianco e dall'esame delle sue tavole ch'erano calcolate 
per deviazioni di 11^ V^. 

4c Se in fatti un navigatore voleva dirigersi esatta- 
mente a Ovest, ma era costretto da un vento sfavorevole 
a deviare verso il Nord di un quarto di vento, cioè 22** 7,, 
e se in questo corso Ovest-Nord-Ovest si era avanzato di 
100 miglia, questa prima tavola gFindicava che egli aveva 
deviato di 38 miglia dal cammino retto, e che se fosse 
giunto 38 miglia più avanti verso il Sud, si sarebbe av- 
vicinato al suo termine occidentale per 92 miglia. La ta- 
vola era calcolata solamente secondo il teorema di Pitagora 
poiché la via percorsa prima, che si immaginava sempre 
divisa in 100 parti, era la ipotenusa; la lontananza dal 
corso diretto era un cateto, e l'altezza ottenuta Est-Ovest 
l'altro cateto (poiché 38", cioè 1444 e 92*, ossia 8464, 
danno insieme 9908, cioè a un dipresso 100*, ossia 10000. 

« Noi ora terremo certamente un altro linguaggio. 
Il trattato percorso si direbbe un raggio di 100 parti, la 
distanza dal cammino retto sarebbe un seno di 22° */, che 
importerebbe 38,27 parti. S'intendeva da sé che il na- 
vigante allontanato dal corso rettilineo, non tornava mai 
o molto di rado a questo, ma che, fattosi favorevole il 
tempo, veleggiava di nuovo secondo un altro corso. A ciò 
serviva la seconda tavola del Martologio, che si appoggia 
ad una applicazione delle cosecanti. Non abbiamo ora qui 
lo spazio di spiegare più esattamente tale processo; ba- 
sterà un esempio a far comprendere in qual modo si ade- 



32 INTRODUZIONE 



perava. Una nave che doveva inoltrarsi 100 miglia al- 
l'Ovest non poteva percorrere la linea retta o doveva 
tenersi verso Ove>t-Siul-''>vest. Il piloto determinava di 
battere questa via, fino a che il suo punto di arrivo fosse 
proprio a Nord-Ovest. Volendo ora sapere per quanto 
tempo egli dovesse a tale scopo avanzarsi verso Ovest- 
Sud-Óvest, diceva tra se: la prima deviazione dall'Ovest 
verso Ovest-Sud-Ovest importa due quarti di vento; la 
linea di ritorno in direzione di Nord-Ovest forma con 
quella di Est-Ovest un angolo di 4 quarti; tutti e due 
insieme danno un angolo di 6 quarti (1): per 6 quarti 
egli trovava nella s^econda tavola sotto avanzai il nu- 
mero II. All'incontro il corso posteriore Nord-Ovest deviava 
di quattro quarti dalla retta via, e per questa egli trovava 
nella prima tavola sotto largar il numero 71, per cui 
giungeva all'espressione: 

10: li = 71: X. 

<K La risposta delle tavole alla sua domanda era dun- 
que: che dovesst3 navigare 78 y,^ miglia verso Ovo^t- 
Sud-Ovest, affinchè il suo punto d'arrivo venisse cosi a 
trovarsi al Nord-Ovest. 

« Per tutti questi e simili problemi vi erano libri 
con esem[ù ed un Typus calculi. Un vecchio manoscritto 
di questo genere sotto il titolo: La raocon del Marlelojo 
era venuto in mano del doge Foscarini, che per altro 
non potè decifrare il senso di que' strani computi; quando 
poi si diede questo documento al professore Toaldo di Pa- 
dova, celebre nella storia della Metc^orologia, questi dopo 
alcuni giorni di studio serio trovò la regola del Marto- 



(l) Sei quarti di vento o (>7o li2 sono il complemento deU' angolo ottuso 
di 112o li2 in cui viene tratto il corso della nave (Nola del Peschkl). 



INTRODUZIONE 33 



logie, che pubblicò più tardi con sufficienti dichiarazioni 
nei suoi Saggi (p. 43), dove, chi lo desiderasse, può cer- 
carne la piena notizia. 

€ Non ostante l'armonia dei rapporti di grandezza 
nelle carte geografiche degli antichi navigatori italiani, 
un occhio esercitato scorgerà a prima vista un grande 
difetto di rappresentazione. Tutte le linee littorali inco- 
minciando dall'Ovest e andando all'Est vanno molto più 
al Nord di quello che dovrebbe essere, o, con altre pa- 
role, i contorni delle terre non passano per le direzioni 
esatte del cielo, ma si trovano quasi tutte rivolte da destra 
a sinistra ovvero in contraria direzione, come si muove 
l'indice di un orologio sul quadrante. 

« Così, per esempio, nella carta generale d'Europa 
del Bianco, che è la tavola 8* del suo Atlante, la linea 
di direzione Est Ovest passa per la foce del Tago molto 
vicino a Lisbona e tocca poi in Siria S. Giovanni d'Acri. 
Ora giace 

Lisbona 38^ 41* lat. n. 

Akka 32 52' » 

4c Questa carta mette dunque in direzione Est Ovest 
o all'incirca sotto al medesimo parallello due luoghi la 
cui altezza polare è diversa di 5**. 49'. Inoltre si trova 
che la foce del Tamigi giace all'Ovest di Gaffa, in Cri- 
mea, benché esista una differenza in latitudine di circa 6 
gradi. Questo fallo non è accidentale, ma ricomparisce in 
tutte le carte. Il grande asse del Mediterraneo vi è mal 
collocato; acquista quindi una orientazione falsa, cosicché 
la foce del Nilo viene spostata fino all'altezza dello stretto 
di Gibilterra, e lo svolgimento della penisola italiana in 
generale segue ad angolo più acuto, che non dovrebbe 

3 



34 INTRODUZIONE 



rispettivamente ai meridiani. Questo errore scompare poi 
nel mar Nero, poiché Gaffa in Crimea e Sinope sono in 
posizione Nord-Sud, come nelle nostre carte. L'origine di 
questo errore non è un enigma, poiché i quadri nautici 
del medio evo non ci mostrano lo svolgimento delle terre 
e dei fiumi secondo le direzioni matematiche, ma secondo 
gl'indizi dell'ago magnetico; i singoli luoghi non giacciono 
dunque sotto i rispettivi parallelli, ma nella direzione delle 
bussole che erano adottate nel medio evo; con ciò si giu- 
stifica la espressione di carte della bussola per quella 
specie di disegni. Quello per altro, che a mente dei geo- 
grafi matematici sembra un gran fallo, era invece un pre- 
gio per l'uso di quelle carte nella navigazione. Si potrebbe 
infatti pensare, che, riconosciute anche sino da quel tempo, 
le false indicazioni dell'ago magnetico in certi luoghi, si 
disegnassero a bella posta le carte così, come se ogni 
falsa indicazione fosse stata vera del tutto, e ciò per non 
confondere il navigatore che si dirigeva secondo Tindica- 
2Ìone della bussola. Il pilota cioè metteva la sua bussola 
sopra una rosa dei venti a colori, di quelle che si trovano 
tracciate sulle vecchie carie marittime, ovvero coll'Atlante 
del Bianco in uno dei punti dove le linee dei venti con- 
corrono a modo di raggi, e questo per poter anzi tutto 
orientarsi (Girol. Ruscelli, Gap. 8). Volendo ora navigare 
da Bona a Marsiglia egli congiungeva mediante una linea 
i due punti nella carta, e la prolungava tanto che tagliasse 
una delle linee magnetiche est-ovest della carta, poi egli 
apriva il compasso fino all'estensione di un raggio della 
figura semicircolare che si trova nella tavola prima del 
Bianco a sinistra in alto; indi metteva il compasso nel 
punto trovato d'incrociamento della linea est-ovest e de- 
scriveva un arco che tagliava la linea Bona-Marsiglia. 



INTRODUZIONE 35 



Poi prendeva col compasso la corda giacente fra il 
panie d' intersecazioue della linea Bona-Marsiglia e quello 
della linea est-ovest; quindi puntava il compasso nella 
"figura semicircolare della tav. 1* in alto a sinistra 
sull'estremità corrispondente del diametro e trovava col- 
r altra punta del compasso sulla periferia del semicerchio 
la esatta direzione del cielo, secondo la quale doveva na- 
vigare. » 

Alla sicurezza della navigazione lungo le coste prov- 
vedevano i fari, che non bisogna confondere con i fuochi 
accesi per indicare l'approssimazione del nemico. 

Oltre del faro di Alessandria, di cui si trova men- 
zione fin negli storici della Roma antica e che rammenta 
amberà Fazio degli liberti: 

Vidi la torre dov*è una lanterna 

Di sopra il porto, la qual col suo lume 

Gli naviganti la notte governa (1) 

rimangono ancora memorie antichissime di quello di Ve- 
nezia, di quello di Genova fin dal 1128 (2), di quello del 
Marzocco presso Livorno fin dal 1163. Questa Torre nel 
1282 fu dai pisani concessa in aflStto per 5 anni ai frati 
romitani di san Jacopo d'Acquaviva con l'obbligo d'abi- 
tarvi di giorno e di notte e di mantenervi accesa la lan- 
terna, della quale fece poi anche menzione il Petrarca 
nel suo itinerario siriaco : et f*^re continguum Libumum 
tubi praecalida turris est, cuius in vertice per nox fiamma 
navigantibus tuli littoris signum praebet. Più tardi questo 
faro si trova menzionato nel T articolo della pace con- 
clusa il 27 aprile 1413 fra i fiorentini e i genovesi, ar- 
ticolo che obbligava il comune di Firenze a pagare a 



(1) Fazio, 411. 

(2) Deseriz, di Genova e del Qenoves. Ili, 260. 



36 INTRODUZIONE 



quello di Genova 100 fiorini d'oro per il mantenimenta 
del lume della torre del fanale di Livorno, volgarmente 
chiamata la lanterna, per provvisione del custode ed 
altro (1). 

Si hanno ugualmente notizie di altri fari, come di 
quello di Porto alla foce del Tevere (2) alla fine del XV 
secolo, e di quello di capo Argentare davanti al quale 
nell'autunno del 1367 il poeta Pietro Amelio, tornando 
ad Avignone col papa Gregorio XI, esclamava (3): 

Accenditur lucerna, qua mons Argentarius splendetr 
velut Sol muUiplicatis faculis. 

Quest'ultimo passo, ed altri che potrei riferire, pro- 
vano che si aveva un sistema di fari sulle coste anche 
lungi dalle città di prim'ordine. 

Gli argomenti che ho succintamente accennato nelle 
pagine che precedono mostrano quale vasto campo |di 
studi rimanga ancora da compire per illuminare la storia 
della cartografia e dell'antica nautica italiana. Ma io, non 
potendo fermarmi maggiormente e toccare di queste que- 
stioni e di tante altre che ad esse si connettono, come 
quelle che si riferiscono alla costruzione, all'armamento 
delle navi ed alla legislazione marittima, già in parte 
trattate in modo eccellente dal Jal, dal Guglielmotti e da 
molti altri, ricorrerò invece ai versi coi quali il Dati co- 
mincia il canto ITI del suo poema, scritto nei primi anni 
del 1400, e che servono mirabilmente a dare una viva 
idea dello stato dell'arte nautica italiana nel medio-evo: 



(1) Repetti, II, 721-722-724. 

(2) gcqlielmotti, ii, 477. 

(3) Greoorotius vi, 551. 



INTRODUZIONE 37 



1. 

Sommo maestro, Creator verace, 
Per cui e Cielo e Terra fatti sono, 
E ciò che in essi si contiene e giace 
Concedi per tua grazia e tuo dono. 
Ch'io possa seguitar come a te piace. 
Con chiaro stil e con aperto suono 
À figurar la terra e '1 Mare e' Venti 
Si che se n'abbia buoni intendimenti. 

2. 
Zone 

Fannosi quattro plaghe per mostrare, 
I siti della Terra ed ogni parte 
Dall'Oriente verso il coricare 
Si fanno cinque zone in alcun* arte; 
Ed otto venti son per navicare: 
I nomi principali e mezzi e quarti: 
Questi ne fanno lume a bene intendere. 
Da qual parte la cosa dei comprendere. 

3. 
De' Venti 

ZefSro è quel che noi diciam Ponente 
E Coro Maestrale: ed Aquilone 
Tramontana si chiama, e poi seguente 
Borea detto Greco. Euro si pone 
Per lo Levante e Noto incontanente: 
Scilocco ha nome e seguita Affricone 
Ch'ò mezzodì; e l'ultimo è del Chiostro, 
Libeccio ovver Garbin, che si dice Ostro (1), 



(1) Il Dati nei tre ultimi verai di questa ottava confonde i venti. Il d*Av6sac 
per togliere la contradisione propone questo variante: 

e seguita Affricone 

Libeccio ower Garbin che si dice, Ostro 
Ch*è mesxodi. E Tultimo è del Chiostro. 
A me sembra giusta la corrosione, solo bramerei che Tultimo verso si scrivesse 

«osi : 

Ostro 

Ch*è meziodi, e l'ultimo è del chiostro. 



38 INTRODUZIONE 



4. 
La Carta 

E con la carta, dove son segnati 
I venti e'porti e tutta la marina, 
Vanno per Mar mercatanti e pirati, 
Que' per guadagno e questi per rapina. 
Ed in un punto ricchi o sventurati 
Sono alle volte da sera a mattina: 
Che la Fortuna in alcun* altra cosa 
Non si dimostra tanto ruinosa. • 

5. 

Gol bossol della stella temperata 
Di calamita verso tramontana 
Veggon appunto ove la prora guata: 
E se dal suo viaggio s'allontana 
Ei col timon ridirizza ogni fiata 
La nave, quando sta con mente sana 
Suso il nocchiere in poppa a comandare- 
Di punto in punto che via debbon fare. 

6. 

Tiran Tantenna più bassa e più alta. 
Secondo '1 vento temperato o forte: 
E quando da un vento ad altro salta. 
Bisogna che vi sian le genti accorte 
A volgere; e commettendo diffalta, 
Subito sono a pericol di morte; 
E sopra tutte cose al navicare 
Bisogna esser sollecito e vegghiare. 

7. 

Bisogna l'oriuolo per mirare 

Quante ore con un vento siano andati^ 
E quante miglia per ore arbitrare, 
E troveran dove sono arrivati. 



INTRODUZIONE 39 



S'egli è di notte si caccion in mare, 
E quando son dalla terra scostati. 
Vanno la notte con più sentimento 
E temperan la vela a poco vento. 

8. 

Quand'hanno vento che contrario sia 
Yolteggian da man destra e da sinistra. 
Per non disavanzar della lor via. 
Che quando non si perde assai s'acquista, 
Infine a tanto che forza non fia 
Per gran fortuna, quand'il mar, s'attrista 
Di cercar porto, o indietro tornare. 
Ed alle volte a rompere hanno a andare. 

9. 

Begli otto i cinque (non sien troppo forti) 
Sono in favore in ciascheduna parte; 
E tre contrari: ma all'entrar de porti 
V'è di hisogno pratica e grand'arte: 
I marinai che non vi sono accorti 
Spesso vi perdon lor navilj e sarte. 
Chi sa l'entrare giostra con salvezza, 
L'ancora gitta e la nave accapezza. 

10. 

Scogli son molti per lo mar coperti: 
Su vi percuote e rompe alcune volte 
Chi non ha macinai ben d'essi esperti. 
Isole grandi e piccole son molte, 
E d'esse parleremo a' luoghi certi. 
Quando verrem là dove le son volte : 
Yeggiamo in prima in general la terra 
Come risieda, e come il mar la serra. 

Compiuti in tal modo questi cenni sopra l'importanza 
e Tuso delle carte geografiche e nautiche antiche eseguite 
in Italia, devo fare alcune brevi osservazioni sul modo 



40 INTRODUZIONE 



col quale fu compilato Telenco che segue. Esso certamente 
non è completo; né tale poteva riuscire, essendo invero 
difficile compiere in pochi mesi un lavoro che richiederebbe 
molti anni e molti collaboratori; ma solamente valendosi 
di un'occasione straordinaria era possibile fare un primo 
elenco che spingesse i dotti delle varie città d'Italia ad 
esplorare i tesori nascosti negli Archivi e nelle Biblio- 
teche pubbliche e private del nostro paese. Insieme a 
questa Introduzione e all' Elenco che segue si troveranno 
alcune tavole contenenti: V la carta dell'atlante del Bianco; 
2" Il disegno dell'astrolabio di Dante dei Rinaldi; 3** Il 
portolano di Francesco Pizigani del 1373; 4"* la carta del 
Beccano del 1435. Il lettore potrà cosi intendere più chia- 
ramente quanto è stato esposto neUe pagine precedenti ed 
avrà avanti agli occhi alcuni dei monumenti geografici 
più importanti che ancor rimangono; il portolano di Fran- 
cesco Pizigani fra gli altri, studiato, nel secolo scorso 
era scomparso malgrado le ripetute ricerche che furono 
fatte in occasione delle questioni sorte sulla data della 
celebre tavola nautica dei fratelli Pizigani del 1367, pos- 
seduta dalla R. Biblioteca di Parma. 

Dall'unione di molti studi e ricerche particolari si 
potrà in seguito giungere a conoscere e a valutare qual 
fosse l'abilità nautica degli Italiani del medio evo; né 
certamente vi è scienza la quale più della cartografia 
permetta di raggiungere consimile intento. E cosi si spiega 
il pregio in cui sono ora tenute le raccolte di carte an- 
tiche pubblicate in questi ultimi tempi. 

Già nel secolo scorso ed in questo erano uscite in 
luce memorie relative a carte speciali, più o meno con- 
venientemente riprodotte. Ma le prime raccolte che per- 
misero di formare concetti comparativi sopra la storia 



INTRODUZIONE 41 



della cartografia furono gli atlanti pubblicati dal Lelewel, 
dal Santarem, dal Jomard e dal Kunstmann. 

Le carte del Lelewel servono piuttosto ad illustrare 
Topera di questo erudito geografo, che non a dare una 
riproduzione esatta dell'originale; il Jomard e il Santarem 
aspirano a questa meta; ma l'incisione, sistema di ripro- 
duzione da loro adottato, è per sua propria natura troppo 
suscettibile di errori, né sempre li hanno evitati. 

Il Kunstmann però valendosi contemporaneamente 
della fotografia e della riproduzione cromolitografica, ha 
dato uno stupendo modello del modo come si devono ri- 
produrre le antiche carte, giacché in esse persino i colori 
debbono conservarsi diligentemente, offrendo utilissimi 
criteri per stabilire sincronismo fra le carte stesse e gli 
avvenimenti storici dell'epoca in cui furono fatte. 

L'atlante del Kunstmann contiene soltanto carte re- 
lative alla scoperta dell'America. Quelli degli altri tre 
geografi sopra citati hanno uno scopo più vasto, talora 
però immiserito dai suggerimenti di un falso patriottismo. 
Cosi il Lelewel avversa i Tedeschi; il Santarem gl'Italiani 
mirando sopratutto, come dice lo stesso titolo della sua 
raccolta, a dare ai Portoghesi la priorità delle scoperte 
neir Atlantico. Con tale scopo egli riproduce di preferenza 
carte atte ad illustrare la storia delle navigazioni che si fecero 
in quell'Oceano, e npl medesimo tempo a mostrare che 
anteriormente ti Colombo, i Portoghesi precederono 1 Ge- 
novesi nella esplorazione delle coste occidentali dell'Africa 
e nella scoperta delle Canarie; tema questo di un impor- 
tante studio comparativo da rifarsi coi materiali delle nostre 
Biblioteche. Questi giudizi del Santarem in favore dei suoi 
concittadini si potranno spiegare; sono meno concepibili 
però le opinioni di valentissime persone come il Major le 



42 INTRODUZIONE 



quali, senza essere portoghesi, sembrano animate dai sen- 
timenti medesimi; come il Peschel che sembra voler togliere 
l'italianità al genio di Colombo. Cosi altri si compiacciono 
di riguardare il Vespucci quale esecutore degli ordini del 
governo portoghese ; altri chiamano Verrazzano ammi- 
raglio francese e il Cabotto ammiraglio inglese. Invece 
di riconoscere in questo numero grandissimo d' illustri 
navigatori italiani la forza espansiva di una civiltà giunta 
ad uno dei suoi punti culminati, scorgono invece la mano 
del caso e del genio altrui. 

Mi piace qui fra coloro che si tennero lontani da 
tali giudizi di citare il d'Avezac, il quale in nome della 
giustizia e della verità, alzò sovente la voce per difendere 
i navigatori italiani dalle esagera/àoni di una critica ap- 
passionata (1), e ci duole vivamente che quella voce non 
trovasse, abbastanza spesso, eco in Italia con le pubbli- 
cazioni di antichi documenti e di accurati lavori (2). Ed 
infatti il vero modo d'innalzare uu monumento imperituro 
a vantaggio della geografia e dell'Italia sarebbe la pub- 
blicazione di un Atlante formato dalle migliori fra le carte 
di cui abbiamo raccolto notizie, o che ancor rimangono 
ignote, compiendo il lavoro quietamente e con cura, senza 
ascoltare i suggerimenti di un esagerato patriottismo; ivi 
si vedrebbero non solo le fasi subite dalla scienza carto- 
grafica, ma bensì si avrebbero importantissimi documenti 

per la storia, specialmente per quella dei popoli del bacino 
Mediterraneo. 



(1) Si vedano i vari suoi lavori riguardanti . viaggiatori italiani contenuti 
nella Bibliografia di tutti i suoi scritti nel BoU. della Soc. Geogr. IL - XII 
(1875) p. 130. 

(2) Devo però fare eccesioni per alcuni scritti, e fra questi per quelli pub- 
blicati dai Signori Dksimoni e Bxlgràno negli Atti della Società ligure per la- 
storia patria. 



INTRODUZIONE 43 



Verso la fine dello scorso secolo il Formaleoni ebbe 
in animo d'iniziare una gran raccolta di antiche carte 
nautiche italiane, ma dovè rinunciarvi, giacché egli dice: 
« la esperienza mi ha presto convinto che niun frutto 
potrei raccogliere dei miei sudori, in forza di certo destino 
cui sono condannate pur troppo le letterarie produzioni 
consacrate all'amor della patria >. 

Il Formaleoni s'ingannava aspirando ad altro frutto 
che a quello di far progredire la scienza e di rischiarare 
la storia; tale ricompensa è abbastanza bella per conso- 
lare ampiamente colui che vorrà consacrare la sua intel- 

• 

ligenza a porre in luce, con chiari documenti cartografici, 
le relazioni che Tltalia ebbe in altri tempi col mondo co- 
nosciuto, e come man mano ne andò estendendo i confini 
col valore dei suoi figli e colla potenza del suo genio. 



Roma, i4 Luglio i875» 



Gustavo Uzielli. 



1. — ANONIMO 

Sec. XI. — Mappamondo disegnato a mano su pergamena 
ben conservato della dimensione di m. 0, 041 di diametro. In 
lingua latina, caratteri onciale e minuscolo romano, colori u- 
sati: inchiostro nero sbiadito. 

Comprende: La sfera terrestre attraversata dall'Equatore, 
dallo zodiaco e da linee formanti le zone, che son distinte con 
i seguenti nomi: Frigida septentrionalis - Temperata solsticitt'- 
lis - Aequinoctialis perusta - Brunalis temperata - Austri^ 
nalis frigida. 

Sta in un opuscolo ms. dal titolo: <( Liher geometricae 
artis editus a domino Gerherto papa et philosopho qui et 
Silvester secundus est nominatus ». Il detto opuscolo fa parte 
d'un codice membranaceo in 4** de' principi dell'XI secolo. 

Napoli, Biblioteca Nazionale - Sala dei Mss. scaffale V. 
palchetto A. num. 13. 

2. _ ANONIMO 

Sec. XI o XII (?) — Mappamondo disegnato a mano su 
pergamena, ben conservato di m. 0, 097 di diametro in lingua 
latina, caratteri onciale e corsivo, colori usati inchiostro nero. 

Comprende: la terra circondata e divisa all'Equatore dal- 
l'Oceano in due emisferi, settentrionale ed australe, son divisi 
ognuno nelle tre zone: frigida inhabitabilis - temperata habi" 
iabilis - perusta inhabitabilis. Nella temperata dell' emisfero 
settentrionale sono indicate le seguenti regioni, rappresentate 
da arbitrarie figure geometriche < Hispania - Gades - Balea" 
ria - Italia (Alpes) - Sardinia - Sicilia - Asia - Egyptus ». 



46 ELENCO DEGLI ATLANTI, PLANISFERI 

Sta nel codice membranaceo in 8^ notato nel documento 
.seguente. 

Napoli, Biblioteca Nazionale - Sala dei Mss. scaffale Y. 
palchetto A. num. 12. 

3. _ ANONIMO 

Sec. XII. — Mappamondo disegnato a mano sa pergame- 
na ben conservato di m. 0, 028 di diametro, in lingua latina 
carattere onciale, colori usati, inchiostro nero. 

Comprende: la sfera terrestre divisa in cinque zone. 

Sta in un codice membranaceo in 8^, contenente il Com- 
mento di Macrobio al Sogno di Scipione. 

Napoli, Biblioteca Nazionale - Sala dei Mss. scaffale V. 
palchetto A. num. 12. 

4. — ANONIMO 

Sec. XII. — Mappamondo disegnato a mano su perga- 
mena, di m. 0, 10 di diametro ben conservato. In lingua la- 
tina con carattere minuscolo romano a colori verde, rosso e 
nero. 

Comprende: la terra circondata e divisa all'Equatore dal- 
l'Oceano colorato in tre zone: < frigida - temperata - perusta » 
e quest'ultima è dipinta in rosso. Neil' emisfero settentrionale 
la zona temperata è divisa da semplici linee nelle tre parti 
della terra: € Asia - Europa - Africa ». 

Sta in un codice membranaceo in 4^ p. che contiene il 
Commento di Macrobio al Sogno di Scipione e il Timeo di 
Platone. 

Napoli, Biblioteca Nazionale - Sala dei Mss. scaffale V. 
palchetto A, num. 2. 

5. — ANONIMO 

Sec. XII. — Mappamondo disegnato a mano su pergame- 
na m. 0, 12 di diametro; mediocremente conservato. In lingua 
latina, carattere minuscolo tendente al corsivo; colori usati, in- 
chiostro nero. 



E CARTE NAUTICHE 47 



Comprende: la terra divisa in due emisferi, orientale di 
sopra ed occidentale sotto, da una linea nel cui centro è scrit- 
to hierusalem. 

Oltre i nomi dei luoghi e dei popoli non si vede su que- 
sta massa che una piccola linea dov*é TEgitto, un altra indi- 
cante il corso del Nilo, una semicircolare intorno a Cartagine 
e tre linee che partono da un solo centro vicino a Bisanzio. 

Trovasi in un codice membranaceo in 8*^ contenente le Sa- 
tire di Giovenale, 

Napoli, Biblioteca Nazionale - Sala dei Mss. scaffale IV. 
palchetto F. num. 45. 

6. — ANONIMO 

Sec. XII. — Mappamondo disegnato a mano su pergame- 
na, diametro m. 0, 069 tra i poli e m. 0, 073 all'Equatore, ben 
conservato in lingua latina, carattere minuscolo, colore usato, 
inchiostro nero. 

Comprende: la terra circondata dall'Oceano che la divide 
nei due emisferi settentrionale ed australe suddivise nelle tre 
zone. Nel settentrionale sono delineati i continenti ed alcune 
isole. Vi si legge ancora ai rispettivi luoghi: Mare indiano - 
Mar Rosso - Mar Caspio. L'emisfero meridionale è rappresen- 
tato da uno spazio terrestre di forma semicircolare con varie 
sinuosità nei contorni. 

Sta in un codice mombran. in 8^ contenente il commento 
di Macrobio al Sogno di Scipione. 

La massa è racchiusa in un rettangolo di m. 0, 085 X 
m. 0, 070. 

Napoli, Biblioteca Nazionale - Sala dei Mss. scaffale V. 
palchetto A. num. 12 bis. 

7. — ANONIMO 

Sec. XIV. (principio) — Carte dei Viaggi di Marco Polo 
e di altri viaggiatori veneziani del secolo XIV, XV, XVI, 
e XVII. 

Delle numerose carte che vedonsi delineate nel Palazzo 
Ducale di Venezia nella Sala dello scudo quattro delle prin- 



48 ELENCO DEGLI ATLANTI, PLANISFERI 

cipali appartenevano al principio del secolo XIV od agli ultimi 
anni del precedente. Ridotte dal tempo in pessimo stato furono 
per divisamente dell'illustre Doge Marco Foscarini restaurate 
nel 1762 per opeia del cartografo Francesco Grisellini. 

Comprendono la 1.* L'India alla cui punta Est è delineata 
Ceylan, la penisola di Malacca, Sumatra, Borneo, la Cina, Ci- 
pango (il Giappone), la Tartaria, 

II. Asia minore, Siria, Palestina, mar Nero, Caspio, Arabia, 
Persia, Turkestan fino ai confini dell'India. 

III. Costa dell' Africa settentrionale dallo stretto di Gibil- 
terra, Egitto, Nilo e suo corso, deserti, il mar Rosso, parte 
delle coste dell'Arabia su questo mare, parte delle costiere 
della Siria ecc. 

IV. Italia e sue isole, Istria, Dalmazia, Epiro, Grecia, Arci- 
pelago greco, Asia Minore, Propontide e mar Nero. 

Ne scrissero ; Zurla, di Marco Polo^ II. 372. - Canale, Stor. del 
Comm., 48^1. 

Venezia, Palazzo Bucale, 



8. — ANONIMO 

che si crede Veneiiano. 

Sec. XIV (principio). — Atlante di otto carte nautiche 
disegnate a mano su pergamena di m. 0, 15 X 0, IL In lin- 
gua italiana o piuttosto dialetto; caratteri dell'epoca, colori 
usati nero, rosso, verde, azzurro; in buono stato di conserva- 
zione nella maggior parte, mediocre e un po' guasto nel resto, 
lezione in generale buona ed esatta. 

Comprende: la costa orientale d'Irlanda, Inghilterra, coste 
occidentali d'Europa fino alla foce dell'Elba, l'Adriatico, la 
costa settentrionale d'Africa da Salle in poi fino e compreso 
l'Egitto. 

Nord: Berwich in Inghilterra, la foce dell'Elba, Azof e il 
suo mare - Est: la costa orientale del mar Nero e quella 
deUa Siria - al Sud Salle d'Africa, l'Africa settentrionale spe- 
cie la Sirte maggiore; Ovest: Spagna e Portogallo, costa 
orientale d'Irlanda. 

Proiezione piana. Rosa dei venti a 16 rombi. 



K CARTE NAUTICHK 49 



Incisione dalla fotografia (in) Atti Soc, Lig. di St. Patria 
in Genova. 

Fotografia presso la Soc, predotta in Cfenova. 

No ha scritto, illustrandola per commissione della Società Ligure di 
Storia Patria, il chiaro Cornelio Desimoni, e la sua pubblicazione 
è molto lodato dall'Huydt (in) Geschichte des Levante handeh in 
MitteUiìter (Stuttjrard 1879) 1. p. XX. - Drsimoni e Bblurano (in) 
Atti Soc. Lig. di Storia Patria, V. p. 1-108. (Genova 1867). - Desi- 
MONI, yuovi studi sull'Atlante Luxoro, p. 169-872. - Dbsimoni, Elen^ 
co di carta nautiche . . . genovesi ecc. (in) Giornale Ligustico {^K>) 
p. 4-1. n. 1. 

C'EXovA. presso il cav. Tamar Luxoro segretario del- 
l' Accademia di Belle Ani, 



0. — PRETE GIOVANNI DA CARIGNANO 

Genovese. 

Soc. XIV (principio). — Carta nautica ms.; rettangolare 
da tre lati sporgente in fuori in modo irregolare dal lato E.; su 
jergamena di m. 0, 02 X in. 0, 92, in lingua latina, carattere 
semigotico, colori usati, naturale, verde, azzurro, bianco rosso 
e nero, ben conservata in un foglio. 

Comprende: tutta l'Europa centrale e meridionale e parte 
(lolla settentrionale; Asia occidentale; Africa settentrionale. 

Al Nord: parte meridionale della Scandinavia; all' Est: Golfo 
Persico e parte della Persia; al Sud: il deserto di Sahara ed 
il Libico; all'Ovest: l'Atlantico. 

Scala di 1: 5,5(X),000 circa; proiezione piana, di fronte alla 
scala c'è questa annotazione in parte estinta: Nota quod quo- 
DLiBET SPACIUM DENOTAT niìliaria decem, maius spacium de^ 

ììotat miUaria quinquaginta et hec mensura per mare 

LiCET NON in omnibus p'*r terram propter vias tortuosas. 

Le rose dei venti sono 32, a linee nere, verdi, rosse; 8 nere 
per i venti cardinali; 8 verdi per i mezzi venti; 16 rosse per 
i quarti venti. Queste linee in più luoghi s'incrociano forman- 
do altre rose di 24 e 16 venti. 

Vi si riscontra di particolare: la sottoscrizione dell'autore, 
varie annotazioni etnografiche e descrittivo sull'Africa. Nella 
Lituania si nota che un tempo vi furono Amazones femine 
hellatrices. In vicinanza di Cherson (Crimea) Ilic sumersus 
fuit Sanctus Clemens. Le città principali hanno il proprio stemma; 

4 



.50 ELENCO DEOLI ATLANTI, PLANISFKKI 

in Italia si notano: Milano e Genova (croce), Venezia (leone), 
Firenze (giglio), Roma (chiavi). In Africa quasi tutte le città 
sono distinte con la mezzaluna ed alcune hanno forma di 
castelli. 

Fotografìe presso : V Archivio di Stato in Firenze, la So^ 
cietà ligure di Storia Patria in Genova, la Società geografica 
in Roma. 

N« hanno sorìtto o l'hanno illustrata: Santarsm (in) BuUet. Soc. Giofj. 
d^ ParUy 1S47. l. 295-317 - Db Luca, 14 - 15 - Kunstmann, Africii, 
14-43 - Dbsimom e Belgrano (in) AttiSoc. Ligure, ÌHfìo. IV. CLVII- 
IX e CCXL, num. 2 - Dksimoni, Andalò di Negro, ec. (in) BuUet. 
Se. matem. del princ, Boncompagni, 1874, VII. 332-'4 - Dksimoni, (in) 
Giom. LigASt, 1875, II. 44, num. 2 - Soprint. Archivi Toscani, 
Elenco doc. orientali e carte nautiche, pag. 25, num. 1. 

Firenze, Archivio di Stato, Carte nautiche ecc., num. 2 
(provenienti dall'Archivio Diplomatico). 

10. — MARIN SANUDO 

di Venezia. 

Sec. XrV (principio). — Atlante di tavole unite all'o- 
pera dello stesso autore: Liber secretorum Fidelium Crucis, 
Cod. membr. che appartenne già alla collezione doirabate Ca- 
nonici in v^'cnezia. 

I mss; preziosi posseduti da questo dotto ecclesiastico an- 
darono dopo la sua morte dispersi: ne acquistò una paiate Tinglese 
Walter Sneyd, porzione fu comprata dalla Bodleiana di Ox- 
ford, il resto venne incorporato nella Marciana dove venne 
jnesso in sodo non esistere il codice Sanutino. A quanto no 
gerisse il Mortara nel suo libro « I Codici italiani della 010110- 
teca di Oxford > sembra che il prezioso codice faccia parte 
dei mss. acquistati da quella biblioteca. 

Le 9 tavole di Marin Sanudo del Cod. Canonici, che par- 
rebbe runico completo fra quelli che si conoscono, compren- 
dono: I. L* Europa occidentale con le Isole britanniche, 
le coste deir Olanda, Francia, Spagna, Portogallo. Seguo- 
no le costiere, orientali della Spagna, della Francia, del Ma- 
rocco sul Mediterraneo - II. Italia e sue isole fino allo Ionio 
le costiere d'Africa che le sono dirimpetto - III. Egitto eoa 
la Siria ed il littorale fimo a Rodi - IV. Arcipelago fino a 
Rodi - V, Periplo del Mar Nero - VI. Una specie d'Astrola- 



K CARTE NAUTICIIK 51 



bio a circoli concentrici con i segni dello Zodiaco - VII. Il 
Planisfero ossia De mari et terra - Vili. Le piante topogra- 
lìche di Gerusalemme e d'Acri - IX. La Terra Santa. 

Pa^*ecchi altri codici si conoscono contenenti il Liher secre^ 
torum Fidelium Cruns, Uno si conserva nella Biblioteca Na- 
zionale di Parigi sotto il n. 4959 intitolato Chromcon ad a>ì- 
WMW i320. Altri due superbi esemplari fanno parte della bi- 
blioteca dei Duchi dì Borgogna, oggi Biblioteca Reale di Bru- 
xelles con i numeri 9347-9348 e 9404-9405. 

A detta del dotto Ruelens Presidente di quella Biblioteca 
* quei mss. possono collocarsi fra i più belli, che ci ha tra- 
« mandato il secolo XIV >». Essi furono esaminati dal Lele- 
"wel e dal Santarem i quali estrassero copia del PlanitffeìV, 
inciso poscia ed inserito negli Atlanti, che accompagnano Io 
opere di quei due scienziati intorno alla cartografìa del Me- 
dio Evo. 

Ma in questi codici il numero delle (^arte non oltrepassa 
quello deiredizione a stampa fatta dal Bongarsio ed inserite 
nelle Gesta DA per Francofi, Hannoviae (Ilanau) 1011.2 voi. 
f.* che sono quattro soltanto cioè: IH, VII, Vili e IX, delle 
9 da me sopra accennate sulle traccie dello Zurla. che le ebbe 
sotto gli occhi. 

Se qualche valentnomo volesse prendersi la briga di ap- 
purare se veramente nella Bodleiana esista il codice Sanutino 
del Canonici e se volesse compiere Topera desci-ivendoci le 
carte che ne fanno parte, renderebbe un grande servigio alla 
scienza geografica e compirebbe un uflìcio di patria carità fa* 
cendo sempre più manifesto quanto fossero innanzi fin dai pri- 
mi anni del secolo XIV gritaliani non solo nella cognizione 
scientifica del pianeta terrestre ma anche nelT arto che deve 
riprodurre l'immagine reale ed esatta di cj^o. 

Incisioni: Bongàrsi, li 285. - Lelkwbl (Planisferio in Atlas) 
tavola XXVII. - Santarbm (Planisferio in Atlas tav. XXIII). 

N« scrissero: BoniURsio (in) Ge^ta D*ì tee. II - Kos^arini. I^tt. V.'- 
n^ziana - Zuri«a, di M. Polii, U. 30.V3I7 - Lblkwil, Geogr. dìt M. 
A. II. lD-31 - Santarbm, K«o» «»*r l'hist. ecc. - Kunstmann, Studicn 
tutbeì Marino Sanudo - Hopf, Chrohiques Greco- Romaintts, XV-XX 
•> Canale, St, Co^nm. 434 -Dksimoni, Intorno ai Cartografi italiani^ 
4^.11 <:Amat, J^ìog. V. ItaL p. 80-%^ 



52 ELENCO DEGLI ATLANTI, PLANISFERI 



11. — PRETE GIOVANNI DA CARIGNANO 

Genovese 

1306. — Mappamondo ove descrive specialmente le re- 
gioni dell'Asia centrale. Non si conosce so questo documento 
cartografico esista tuttora e dove giaccia. 

Ne scrissero : (in) Bull. Soc. Géogr. de Paris (1847), I. 308 - Atti Soc. 
Lig.y IV. CL. vili. Rend. 1867-172- Dbsimoki, (in) Gior». Li^., 11.45. 

t 

12. — PIETRO VISCONTI 

di Genova 

1311. — Carta nautica ms,; in pergamena rettangolai*o da 
tre lati; fissata sopra un cilindro di legno, di m. 0,041 linea 
N.S. e m. 0,52 linea E.O., in lingua italiana, caratteri minuscoli 
rotondi; colori usati, nero, verde, rosso; bene conservata in 
un foglio. 

Comprende : il Bacino del Mediterraneo - il Mar Nero ed 
il Mar d*Azof. N., parte meridionale deirAustria-Ungheria e Rus- 
sia all'È., coste russe e turche asiatiche - al S., coste d'Africa 
- air 0., le isole di Sardegna e Corsica, nel continente : Al- 
benga (littorale ligure) e Bona (littorale africano). 

Scala 1: 5,500,000 ; Proiezione piana; le rose dei venti 
sono 32 a linee nei'e, verdi, rosse; 8 nere per i venti cardinali 
8 verdi per i mezzi venti; 10 rosso per i quai-ti venti. Queste 
linee s'incrociano in più luoghi, formando altre rose di 2i e 
16 venti. 

Di particolare vi si riscontra: la sottoscrizione dell' autore 
in rosso (lato sud): Petrus Vesconte de Jatma fecit ista carta 

o o o 

anno clriù M.CCC.XL Dal lato E. si trova ripetuto da mano 

])OCo più recente: Petn^s Veschonte de fìcit anno 

Mcccxj. All'angolo S.E. havvi un cii*colo di coloro nero il cui 
campo è tagliato ad angoli retti da una a'oce di coloi'o natu- 
rale, coi margini neri, accostata da quattro spicchi verdi e 
rossi alternanti; la stessa figura è ripetuta all'angolo N.O.; in 
queste figure è delineata la Scala. Sono delineate in forma 
di montagne con alberi e campanili Colmia (Erzegovina) e 



E CARTE NAUTICHE 53 



JBosna (Bosnaserai). Sono distinti con ima mano Ve^iezia, 
JPisa, Roìna, Negroponte. 

Inedita e finora sconosciuta. 

Firenze, R, Archivio di Stato^ Carte nautiche ecc., num. 1. 
Venne acquistata nel 1880. 

13. — PIETRO VISCONTE 

di Genova 

1318. — Atlante di forma quadrato di 7 carte. Membr: 
in 14 fogli applicati sopra 8 tavolette, due delle quali ne for- 
mano la custodia e sono lavorate con intagli in avorio. In 
stato di conservazione buono. Misura chiuso m. 0, 25 X 0, 15 
circa. E redatto in lingua latina ed italiana con caratteri minu- 
scoli, a colori rosso, nero, oro, celeste. 

Comprende; I.^ tavola Astronomica - II.® Il mar di Mar- 
inara ed il mar Nero - III." L' Arcipelago - IV.^ L'Adriatico, 
la Sicilia e lo coste settentrionali deirAllrica - V.® Il Tirreno 
colle isole di Sicilia, Corsica e Sardegna e le coste africane 
- VI.^ La Spagna, il Poi'togallo e lo coste dell'Africa - VII.^ 
Le coste occidendali d'Europa e l'Inghilterra. 

Scala e proiezione (?) 

Nella 1.* carta vi sono gli emblemi dei quattro Evange- 
listi. - Nella 2.* l'autore del portolano che lo disegna e tre 
santi, uno dei quali S. Pietro dal nome deirautore. - Nella 3.* 
altri tre santi. - Nella 4.* l'Annunciazione e due santi. - Nella 
5.* due angeli in linea diagonale. - Nella 6.* tre santi e nella 
7.* quattro. Vi è la scritta « Petrus Vesconte de Janua fecit 
Uibulam in Venecia anno dhi M**CCC**XVni ». 

Non sono concordi i geografi nel ritenere quale fra il pre- 
sente atlante e quello della Bibl. Imp. di Vienna sia l'origi- 
nale; al Matkowic parve una copia di questo il viennese (vedi 
sotto) che però ha dieci tavole di cui nove geografiche. 

Litografia, Santarem (in parte). 
Fotografia, Ongania. 

Ne scrissero, Tiraboschi, IV. P. 1, 320 - Anorbs, 131 - Potogki - 
Santarbm, I. XIIII. XLVI. »78, 274, 303 - Lblewel, II. §. 127 - 
Nbobi, 119 - Canalb, Peplo Ottuplo - Canalb, St. del Comm.y 435- 
436 - Matkovic S. K. zu V<*nedig, 16 - Att. Soc. Lig. IV. CCXL - 
Mas-Latbir, Traitéi di paix et commerce.... da l'Afrique, Suppi. 5 - 
Dbsimoni (in) Giorn. Lig.^ II. 45. 

Venezia, Museo Civico, Raccolta Correr. 



54 ELENCO DEGLI ATLANTI, PLANISFERI 



14. — PIETRO VISCONTI 

1318. — Atlante membranaceo disegnoto a mano consi— 
stente in 10 tavole dipinte in 4.* misurano m. 0, 19 y, X 0, 18 '/,. 

Comprende: il Mediterraneo e le coste Atlantiche di 
%Spagna, Francia, Paesi Bassi e parte delle isole Britan- 
niche. La costiera occidentale deir Africa non oltrepassa Mo- 
gador (vedi sopra). 

La rosa dei venti ha 16 rombi. 

Incisioni: Potori, Mar Nero soltanto - Jomard, IX laTole 
n. provv. 37-38. 

Fotografìa: Remondini presso la Soc. Lig. di St. Patria. 

Ne scrissero: Tiraborchi, VI, P. I. 230 - Andrer, 131 - Lelbwei., li. 
127 - Negri, St. Comm. 119- Canale, Periplo ottuplo eSt.delComm, 
43')'Ò6 - Matkovic, S K. in. Wirn 7 e à A', su ct^edig. 10 - Atti 
Soc Li(j. IV. CCXL - Desimom (in) Gioriì. Lig. II. 45. 

Vienna, BM. Imperiale, nis 591. 

15. — PIETRO VISCONTE 

di Genova 

1321. — Atlante rappresentato sulla rosa dei 16 rombi 
di vento. 

Il Santarem affermava possederne un fac-simile. 

Ne scrissero : Santarem. I. 2TZ - Bull. Soc. Géogr. de Pari* [%A7), 
I. 293. 

16. — FERRINO VISCONTE 

Genovese 

1327. — Carta nautica membr. disegnata a mano, misura, 
in. 0. 915 X 0, 58. K in lingua latina a colori rosso e nero^ 
quest'ultimo assai sbiadito in alcune parti. 

Comprende : le costiere del Mediterraneo, del mar Nero, 
del mar d'Azof, la costa occidentale d' Europa e d' Africa 
dalla estremità settentrionale della Scozia fino a Mogador nel 
Marocco. Si nota una certa somiglianza col Portulano del Ta~ 
mar Lnxoro appartenente al j)rincipio di questo secolo (vedi). 



K CARTE NAUTICHE 55 



Presso il margino destro leggesi la seguente rubrica che' 
no determina il tempo ed il luogo : Perrinus l esconte fecit 
iHara cartayn anno dni M. CCC. XXVII, in Venecns, 

Rosa de' venti di 32 rombi. 

Ne scrisfttTO : (in) Atti Soc. Lig., IV. CCXL - Desinomi, Giorn, Lig.y 
II. 46. 

Firenze, BibL Laurenziana num. 248. 

17. — ANONIMO 

che probabilmente fu genovese 

1351. — Atlante mediceo composto di 8 tavole dise- 
gnate a mano che misurano m. 0, 56 X 0. 425 in lingua latina 
caratteri romani e gotici. 

Tav. I. Modo di trovare in che giorno del mese fa la luna. 

Tav. II. Planisfero; comprende TEuropa fino alla parte 
meridionale della Svezia e Norvegia, V Asia fin al golfo di 
Bengala e T Africa nella sua forma triangolare e con aperta 
comunicazione dall'occidente all'oriente: il disegno ne è esatto 
e superiore in genere alle carte delineate nel Sec. XV. 

Tav. III. Periplo dell'Adriatico e del mar Caspio. Alla 
bocca più orientale del Volga è scritto Bocca di Bosara: poji*- 
ge il disegno di Agitracam (Astrakan). Sulla riva orientale 
sono indicate le Porte di Ferro, Derbend, Bakù; entro terra 
Bechara (Bocara). Dalla bocca ultima del Volga si veggono 
segnate una quantità di nomi di paesi; del mar Adriatico sono 
delineate le costiere con precisione rara. 

Tav. IV. Comprende le coste di Barberia dal capo di 
Sorta fino allo Stretto di Gibilterra, le spiaggie della Spagna 
e del Portogallo, le occidentali dell'Africa e le isole dell' At- 
lantico. Molto esatto appare il profilo delle costiere dal capo 
Spartel al fiume Nul. 

Tav. V. Periplo del mar Mediterraneo settentrionale. 

Comprende il continente d'Italia, la Spagna fino al fiume 
Segura al sud di Valenza, parte del littorale portoghese, quello 
(li Francia, Olanda, Germania, Gran Brettagna ed il Baltico. 
A occidente e a settentrione dell'Irlanda sono notate insula 
de Brasi, Jngildagli, Salvaga, SiUant. 

Tav. VI. Periplo del Mediterraneo dalla costa d' Asia 
fino al meridiano di Roma. Vi é ripetuta la costa settentrio- 



5*3 ELENC) DEGLI ATLANTI, PLAN:SFEllI 

naie d' Africa dalla foce del Nilo fino all'isola G?e Zerbis (^Gierba 
nel golfo di Gabes). Non lungi dalla i)arte settentrionale del 
mar Rosso nella penisola arabica vi è aiiposta la seguente leg- 
genda che si riporta come saggio delle molte, che si riscontrano 
in questa tavola : 

« Hic sunt incantatores, qui faciunt aorem obscuium, 
quando volunt espoUare mercatores et habent 'pessimum re~ 
gem, qui vocatur Negodra >. 

Tav. VII. Periplo dell'Arcipelago con le coste di terra- 
ferma che stanno loro di contro. Si notano le principali che 
ebbero un importanza nella loro storia marittima e commei*- 
ciale del medioevo e che furono infeudate a famiglie italiane. 
Fra le Cicladi Cia (Zea) divisa fin al 1537 fra lo famiglie 
veneziane Giustiniani, Micheli, Ghisi. Premarini, Sanudo, Goz- 
zadini. PoUandro, Sifano (Sifanto) Solfino (Sikìno) dal 1237- 
1269 dei Sanudi joscia fino al 1617 dei Griraani, da Coronia 
o Gozzadini. Namfe (Nanfio) dal 1207 al 1200 dei Foscolo, poscia 
deirimpero greco fino al 1307, quindi dei Gozzadini fino al 
i'^, dei Crespi fino al 1469 cui successero i Pisani fino al 
1537. Fra le Sjjoradi; Siampahja (Stampalia), Margo (Amargo) 
la prima dei Quirini, poi dell'Impero greco e di bel nuovo dei 
Quirini e Grimani dal 1310 al 1537; l'altra dei Ghisi, dell'Im- 
pero greco, nuovamente dei Ghisi e da ultimo sino al 1537 
dei Quii'ini Grimani. 

Nel gruppo di Scopelos a tramontana della Morea si tro- 
vano Pipoi, Largirà (Lura) Lassura, Scopol (Scopelos) Li" 
men (Pelagisi) Scati (Skiatos). Fra le Sporadi settentrionali 
Stalimene (Lemnos) Mauree (Imbros) Temo (Teiiedo) Sancto- 
strati (Agiostrati) ecc. 

Intorno a Creta (Candia) sono tuttora riconoscibili i nomi; 
Cavo di Promo, Iloror, Hiralunga, Sanzoan, Standea, Fra^ 
quea, Sirara, Singwm, Mileca, Canea, Spatii, Camhrosa, Cavo 
de Spa(da). Verso la Grecia meridionale jSegMcZo, Doaro, Zo50. 
Celapola, Caravi, Farconara, Antimil, Pa$sima, Ermomi, Pe- 
tim, Mil, Ouimeno, 

Fra quelle vicine alla costa dell'Asia minore si ricordano 
le due principali Scio e Lesbo, In queste e nelle Sporadi set- 
tentrionali tennero signoria famiglie genovesi. Scio, ceduta 
nel 1304 dai Greci alla famiglia Zaccaria, venne conquistata 
dai Turchi nel 1566. Lesbo tolta ai Greci collo armi nel 1334 



E CAUTE NiVUTlCIlE 57 



dalla famiglia Cattaneo, cui succt-ssero noi 1355, i Gattilusio, 
fu nel 1462 conquistata dai Turchi, 

Tav. Vili. Periplo del mar Nero, detto dagli Italiani nel 
medioevo mar Maggiora. Questa tavola venne nel 1857 pub- 
blicata e illustrata dal Conte Luigi Serristori per cui è super- 
fluo il darne qui un compendioso cenno. 

Proiezione piana. Tutte le tavole sono comprese sotto 
una rete di linee derivanti da rose di 32 venti. 

Incisioni: Major. Costiere dell'Africa occidentale in The 
life of jtrhice Henry ecc. p. 106. 

Fotografie: Serristort, la sola ultima carta del mar Nero 
— Brogi, per commissione del Bvitish Mu^eum di Londra. - 
Uffióio topografico militare italiano. 

Ne scrissero: Haldelli Boni, St. d^l Millionc, CLIII h acp. - Humboldt, 
A«i>, II. 213. - Santarem. K^mi sur rhUt., IH. LIX. - D'Avbzac, 
Not. dfs dee. dans l'Oc. Atlant., 32. - Atti Soc. Lig. Rond. 1S59-1S67. 
172. - Serristori, JUust. di vna carta d-'l Mar Nero - Canale, Si. 
del C'omm.,-137. - Dbsimoni (in) Giorn. Ligui., II. 4<J. - Major, The 
life ofPrince Henry of Portugal. p. 107. 

Firenzi:, Bill. Laurenzia la, Segn. Gaddiarti reliqui 
num. 9. 



18. — FRANCESCO PIZIGANO 

di Vtìnoaia. 

1367 (12 decembre). — Planisfero membranaceo rettango- 
lare in due fogli congiunti in uno, misura m. 1, 34 X 0, 90. 
È redatto in lingua latina e dialetto veneziano, con caratteri 
semigotici. Il disegno è in colore rosso e turchino. 

Comprende: Planisfero - Europa - Coste occidentali del- 
TAfrica fino al C. Boiador - Parte dell'Asia - Al Nord Tocea- 
lìo Atlantico - all'Est il Mediterraneo - al Sud Toccano At- 
lantico (Capo Boiador) - all'Ovest il grande Ocoano. 

Le rose dei venti sono due di 10 rombi. 

Nella data della carta si lesse: « M. CCC. LX. VII hoc 
opus compoxuid franciscus pizigano vencciàr et dom^us pi- 
zigano In Venexia meffecit marcus die XII decembns ». Vi 
si veggono figure d'animali, di città, di Re, vessilli, ecc. L'O- 
dorici non contento della lezione sovra indicata quale fu rife- 
rita dai precedenti illustratori propone la seguente: 



58 KLEN'CO DEGLI ATLANTI, TLANISFEUI 

< MCCCLXVII. Hoc opus composuit FranciscuR Pi^igano 
veaeciarum condam, Domàus (Gè) rardua Pi Rigano in Venecia 
me fecit eo(dem anno) die VII dìC(*ìnbris ». 

Nemmeno questa lezione, sebbcn migliore della prece- 
dente parve, giustament-e, appagante al Desimoni, che propu- 
gna la seguente dicitura, fra le tre la più accettabile: 

« Hoc opus compo.cuid Franciscufi Pi^igano t^eneciarton 
ijuomlnm dominicu^ (Dominici) et rnarcu9 (Marci) Picigano 
in Venexia me fecit a die XII decembri >. 

Incisioni: un frammento nelle Memoires de VlstitxU de 
Francp. - Jomard, tutta la carta ai numeri provvisori 44 e 40. - 
Santarem, Atlwi, la sola carta Nord-Est dell'Africa. 

Fu riprodotta con fotografia dal Oasparotti per lo Czar, 
per la Bibl. Imp. di Vienna e per il Governo francese. 

Ne scrissero: Valvarknrk, VL Parte IV. 38. - Zanetti, 40. - Marini - 
MoRKLLi - FoRMALKONi. Smit. T>w«., 25-S6. - pACi%UDi. Kpìst, ms. 
IL - FoRMALEONi, (in I^ahoTpc) 243. - Pa^maudi, num. 51. - Buachk, 
22-29. - Pkkzana, Giorn. h'tt. 170. - Rossi. 91. - Zuri-a. IL 317-377. 

- Lklewkl, 11. § iti. 128. 137. 140. :64. - Sastarkm, L232, IILXI-. 

- Atti di St. Patria di M. «• P.. IH. 440. - Andres, 133. - Zurla, 
Fra Mauro, pag. 7. - Major. 101. 107. 08. 112. - Atti Soc. Lig. 
Rend. 18ai. CV. - Canale, Storia del Commercio. 442-444. - Desi- 
moni, Intorno ai Cartografi italiani. 11-17. 

Parma, Biblioteca Nazionale. 



10. _ FR.NCESCO PIZIGANI 

di Von»*jia. 

1373 (9 giugno.) — Atlante di cinque carte naut. disegnate a 
mano su pergamena in j)erfetta conservazione; misurano m. 0, 25 
X 0, 15. Redatte in lingua italiana con carattere minuscolo 
italiano, a colori nero, rosso, verde, azzuri*o e oro. 

Vi si legge la seguente sottoscrizione. 

€ MCCCLXXIII adij Vili di Zugno Francisco Pisigani 
Venician in Venecia m^i feca ». 

Comprende: il Mar Nero - Mediterraneo - coste dell'Afri- 
ca da Salle fino a Danesmarco o Danimarca - poche isole 
della costa di Francia e lo Britanniche; sopra alla Scozia vi 
è risola Saif, e dicontro all'Islanda risola che corrisponde a 
Brezil nel Mappamondo di fra Mauro con nome, pare icwiw (?),. 



K CARTE NAUTICHE 50 

I 



cioè; al iS'ord: l'isola Saif e la Danimarca - all'Est: la Pale- 
stina • al Sud: TAfrica mediterranea - airOvest: Salle e Tiso- 
Ja touin (?) 

Con scala in ciascuna carta. La Rosa dei venti ha 32 
rombi. 

Ne scrissero: Canale, Stor, Coma., 414 - Desimoni, In torno ai Cat- 
toffrafi italiani . . . Appunti e questioni, 11>17. 



Milano, Bibl. Ambrosiana, S. P. Il, 2, 



20. — ANONIMO 

1384. — Atlante divisa in tre parti. La prima si com- 
pone di quattro fogli colla data 1384, l'altra di due fogli ag- 
giunti nel 1434 e la terza di un sol foglio colla data 1458, 
che contiene un calendario di m. 0, 30 X 0, 23. 

Dall'Avezac si attribuisce a cartografi veneti; al Canale, 
al Desimooi e ad altri parve lavoro genovese. 

Comprende: l'Europa - l'Africa - l'Adriatico - l'Ar- 
cipelago. 

Incisioni: Santarrm, Alias. 

Ne scrissero : Zurla, Fra Mauro^ 6 e 7. - D'Avezac, Bu l. de la Soe. 
Oéog.f Par. 1»47 III. Vili. 142 a 171. - Canale, Stor. del Comm., 
440. - Dksimom, Giorn. JAg.^ II. 68. 

Parigi, appartenne già alla Bibl, Walchendèr, 



21. — ANONIMO 

Sec. XIV. — Carta nautica rappresentata sopra due rose 
di 16 rombi di vento. 

Comprende: il bacino del Mediterraneo fino allo stretto di 
Gibilterra. 

Appartenne già sAVArch. di una fayniglia Pisana, 

Incisione: Jomard, N. XI (50-51 provv.). 

Ne scrisse : Canale, Stor. del Comm., 445. 

Parigi, Bibl. Nazionale. 



60 ELENCJ de;ìli atlanti, planisferi 



22. — ANONIMO 

Sec. XIV. — Atlante membranaceo di 4 carte - in 4 
fogli legati, in stato di conservazione buono; misura m. 0, 38 
X 0» 30. È redatto in lingua latina, con caratteri deirepoca. 
Il disegno in colori vari. 

Comprende: nella carta 1*; Bacino orientale del Mediter- 
raneo - 2*; Bacino centrale del Mediterraneo - 3*; Bacino oc- 
cidentale del Mediterraneo - 4*; Costa atlantica spagnuola ed 
africana fino al capo Non. 

La proiezione è la piana. La Rosa dei venti di 8 rombi. 

Vi si legge la seguente iscrizione: « Haec tabula ex te~ 
stamento domini Nicolai da Comhitis devenit in Monasteno 
Carlusiae florentinae ». Questo portolano assomiglia alle carte 
del Visconte 1518. 

Ne scrissero : Matkovic S. K. zh Venedig. - Neori, Oior. Ma- 
rina. - Brrcurt, Portolani. 

Venezia, R, BihL Nazionale Marciana, CL. VI. Cod. 213. 



23. — ANONIMO 



Sec. XIV. — Mappamondo disegnato a mano su carta 
m. 0, 048 di diametro ben conservato in lingua latina con ca- 
rattere minuscolo e corsivo; a colori rosso, giallo, nero. 

Comprende: la sfera terrestre divisa in cinque zone, delle 
quali due, ossia le fredde, tinte in nero; due rimaste bianche, 
cioè le temperate; e la quinta, che è la torrida, tinta in rosso. 
E attraversata dallo zodiaco in color giallo. 

Trovasi fra le note marginali d'un codice di Virgilio, membr. 
« cart. in fol. Corrisponde ai versi della Georgica: Quinque 
tenent celwn zone quorum una con'usco - Semper sole ru^ 
henSj ecc. 

Napoli, Bib. Nazionale - Sala dei Mss. scaffale IV. pal- 
chetto E. num. 9. 



E CARTK NAUTICHE CI 



24. — ANONIMO 

t 

Sec. XIV XV. — Carta nautica rappresentata su rosa 
di 16 rombi di vento. 

Incisioni: Santarem, Alias 52, 

Lucerna, Archivi. 

25. — ANONIMO 

Sec. XIV o XV. — Carta nautica membr. che misura 
m. 1, 12 X 0, 85. 

Comprende: il bacino del Mediterraneo - coste occidentali 
ilell'Africa fino alla Scandinavia - mar Rosso. 

Incisione: Rodini, in Napoli 1812. 

Ne scrissero: I.klewel, II. 11-68 - D'Avkzac, Bull. Soc. Géogr. de 
Paris, Ser. II. XX. ftl. 

Napoli, Biòl. Nazionale num. 8. 2. 



26. — G. PASQUALINI 

di Venezia. 

1408. — Portolano membr. in f.® 

Ne scrisse: Matkovic, «S. K. zu Wiet% 8. 

Vienna, Bibl, Imperiale, Ms. 405. 

27. — ANONIMO 

1410. — Carta nautica delineata su pergamena; misura 
m. 0, 82 X It 10. 

Comprende: il bacino del Mediterraneo e le costiere del- 
l'Atlantico dal capo Boiador fino alle isole Britanniche. 

Ne scrisse: Lblbwbl, 11-69. 

Napoli, Museo Nazionale. 



(32 ELENCO DEULI ATLANTI. PLAMSFKRI 



28. — ANONIMO 

1417. — Planisfero terrestre membranaceo di forma elittica 
appuntata nelle due estremità longitudinali. Le sue dimensioni 
sono: asse maggiore 0, 82, asse minore 0,455, La pergamena 
disegnata in nero, rosso, oro, azzurro, verde e ad altri colori 
venne distesa sopra quattro assicelle di legno che si ripiegano 
r una suir altra. 

E redatto in lingua latina e le leggende e i nomi topo- 
grafici sono in carattere gotico. 

Comprende le tre parti del vecchio mondo, circondate dal- 
l'Oceano. Le parti settentrionali d'Europa sono assai mal fi- 
gurate, più corretto appare il disegno dell' Inghilterra, della 
Francia, della Spagna e delle regioni bagnate dal Mediterraneo 
e dal mar Nero. 

Inesatto è pure il disegno dell* Asia settentrionale, che 
migliora per le costiere cinesi, Malacca e l'Asia meridionale. 

L'Africa mostra la sua forma peninsulare come nei map- 
pamondi di Sanudo e di Andrea Bianco; è tutta cinta dal maro 
indicando cosi la possibilità di navigarvi in giro; non mancano 
i Montes Lune da cui fin dalla remota antichità si facea di- 
scendere il Nilo. 

La projezione è la piana. 

LMscrizionc, che indica la data della carta è la seguente: 
« Ilec est l'era Cosniographorum {cum Marino accordata) 
(ima)f/o quoìnimdam frivolis ìiarrationibus revfcHs 14i7 ». 

Circa la data non sono d'accordo i scrittori, che l'esami- 
narono: alcuni vollero leggervi il 1447 e anche il 1457. Noi 
seguimmo l'avviso dello Zurla, del Baldelli, del Borghi, del- 
l'Hommaire de Ilell, che ci parve pm conforme alla critica pa- 
leografica. 

Fotografia: Venne riprodotto per cura dell'Istituto, topo- 
grafico Militare. 

NescrittAero: KuPTA, IL 3V7 - Lrlkwel, W, IfW: - Samt^WN, HL 323*- 
Baldelli B .1, SI. del MiL I. CIJCIV - Hommaiee de ,Hsi#i., (in) 
Boll. Soc. Oéog., Par. 18^17, L »? - Canale, St. del Comm,^ 454 - 
WuTTKE, 42 - Atti Soc, lig., St, Pttt. Reno, 1865, CVIII 1867, 17 L 

Firenze, Biblioteca Nazionale (Sùz. Palatina) Port. N. 1. 



K c.vRTK Nuric:iK 03 



29. - CUISTOFORO BUONDKLMONTE 

di Firenze 

1420? — Isolano. Voi. cartaceo con descrizione di 32 
isole dipinte alFacquarello in colori. 

Comprende: Il Mare Ejjeo. 

Sono tre esemplari, cioè due del secolo XV. ed uno del 
l-rincipio del secolo XVI. 

Litografia : De Sinnkr. 

Ne scrissero: Porcvcchi, Imi-' faiuo*^ - Vossium O. I., D" hislorirìi 
latinÃŒA - MzzrcHKLLi L, Scrit. Hai. Btwnd^lmontr - Dk Sinnkr, 
Prefazinnf - Valentinklm, Atti Sor. Lìg., IV, CLX- k<ìri, frioru. 
Marina - Dksimoni, (in) Giorn. Liif,, II. OD - Am.vt, Biogr. Viaij<j. 
ita'., 123-125. 

Venezia, Bibì, Marciana, CI. X, cod. 123 e 124 CI. VI. 
cod. 19. 

:]0, — FRANCESCO DK CFSANIS 

di Venezia 

1421. — Atlante in un foglio, membr: In stato di cor.- 
.servazione danneggiato in molte parti. Misura metri 0, 95 X 
0,57. E redatto in lingua italiana (dialetto veneziano) con ca- 
ratteri minuscoli; il disegno a colori rosso, azzurro, oro. 

Comprende: il Bacino del Mediterraneo con al N. Tripoli 
airE. Venezia, ai S. Portogallo, all'O. Tripoli di Barberia. 

Molte bandiere cogli stemmi di vari Stati e la scritta 
M Francisciis de Cesattis do veneciis fedi iti anno domini 
MCCCCXXI >. 

Ne scrissero: M.tkowic, S. K. zn Vt'n**dÃŒQ, 2rt - BKRciiKr, Portolani. 

Venezia, Museo Civico, Raccolta Correr. 

31. — ANONIMO 

Veneziano. 

1422. — Carta nautica rappresentata sulla rosa dei 32 
rombi di vento. 

Ne scrisse: Dk Luca, 17. 

Parigi, Bibl. Sazionale. , . 



64 ELENCO DECiU ATI.ANTr, l'I.ANISFKRl 



32. — GIACOMO GIROLDI 

di Venezia 

1420. — Atlante di 6 carte nautiche membr. legato su 
tavole a libro. In stato di conservazione buono. Misura metri 
0, 30 X 0, 27. K redatto in lingua latina, con caratteri del 
tempo, a colori rossi, nero, e verde. Oli angoli di ogni tavola 
sono ornati di figure illuminate a colori su fondo oro. 

Comprende : Carta I.* mar Nero; IL* Arcipelago; III.* A- 
driatico e bacino medio meridionale; IV.* Costa iberica e afri- 
cana sull'Atlantico fino al capo Boiador colle isole dei Corvi 
marini, Conigli, Ventura, Collombia, Brazil, Porto Santo, Ma^ 
deira. Inferno» Canarie; V.* Costa ovest Europa, isole Brit- 
taniche meno la Scozia e isola S, Brandano] Vi.* L'Adriatico 
in scala più grande e con più dati. 

Proiezione piana. Rosa dei venti di 10 rombi. 

Vi si^ legge * lacholus Giroldis de Venctiis anno do^ 
IH ini 1420 ». 

X(.' scrissero: Carli, opt>re - Asdrks, 135 - ZimL.v, M. Polo, !I. 3^.ì. 
Fra Mauro, 9 - Lf.lewel, H. 8^1 - Matkovic, S. K. zh Vt.'tiedifjy - 
Canale, Stor. d'I Comm. - Nkgri, Gior. Marina - Berciiet, Portolani. 

Venezia, BibL Marciana, CI. VI, cod. 212. 



33. —' BATTISTA BECCARIO 



1-120. — Carta na-itica disegnata su pergamena con le 
dimensioni di m. 0, 87 X 0, 08. 

Comprende: il bacino del Mediterraneo, costiere occidentali 
dell'Europa dallo stretto di Gibilterra all'Irlanda. Vi sono indi- 
cate le Canarie, le Azorre, l'isola di San Brandano e l'isola di 
Brazil. 

Ne scrissero: Kunstmann, Die Entdrclmng 10, 85 - Desimoni (in) Qior. 
Lig. II. 48. 

Monaco, Museo Reale, 



• . 



i: cauti: nai ticiii: (<5 



34. — COLA I)K BRIATICO 

1430. — Atlante di tre earte delineate a mano; sono di 
misure diverse la prima cioè di m. 0, 421 X 0, 261, la se- 
conda m. 0, 250 X 0. 410, la t^rza m. 0, 203 X 0, 414. 
Sono dettate in lingua italiana a caratteri minuscolo e maiu- 
scolo rosso e nero; colori principali, turchino, rosso, giallo e nero. 
I^o stato di conservazione è discroto, qualche tannatura e re- 
cisa nel mezzo. 

Comprende: I. Le costiere deirAtlantico dalle Isole bri- 
tanniche fino al capo Bojador in Africa ed una paiate del ba- 
cino occidentale del Mediterraneo. Sono delineate le Isole at- 
lantiche, le Canarie, Madera. Porto Santo; non manca la leg- 
{."endaria ìnaida de BrcuryiUL - IL Le coste dell'Adriatico e 
quelle del Mediterraneo da Tortosa fino allo stretto dei Dai*- 
danelli'da parte di Nord e dalla città di Oran fino allo stretto 
indicato da parte di Sud. - III. Periplo del mar Nero e del 
mar d'Azof. 

La proiezione é la piana. 

Nella carta II si legge in carattere del tempo: In 1430 
cholla de hriaticho Ila ficvt (fecit?). 

E poiché le tre carte oltre far parte dello stesso codice e Tuna 
segue l'altra come può vedersi dalla descrizione fattane ed i 
caratteri estrinseci di tutte e tre, mostrando somiglianze incon- 
trastabili, Taccusano per lavoro dello stesso autore, fu ritenuto 
che il nome dell'autore e la data potessero riferirsi anche 
alle altre due. 

Siena, BihL Comunale, cod. S. V. 2. 

35. — BATTISTA BECCARIO 

di Gtinova 

1435 (Luglio). — Carta nautica membran. rettangolare in 
un foglio ripiegato in tre facce mutilata. Misura metri 0, 98 
X 0, 05. E redatta in lingua italiana corrotta con carattere 
notaresco del 1400. I colori del disegno sono: rosso, verde, 
triailo e turchino. 

Comprende: Isole Fortunate, Portogallo, Spagna, Scozia, 
Inghilterra, Olanda, Italia, Grecia, Algeria, Tunisia. Con al 

5 



()0« KLENCO DKGLI ATLANTI, PLANISFERI 

Nord: l'Atlantico; all'Est il mare Baltico; al Sud, il golfo d'Arta 
e Palestina; all'Ovest: le coste dell'Africa. 

La l'osa dei venti è di 8 rombi. 

Nella data della carta vi si leggo « Becharius, Civis la-' 
nue, camposuìt hanc(CiiviSLm)anno domini millexio CCCCXXXV 
de Julii. > Un altra iscrizione sta ove è la città di Collogtia (Co- 
lonia) « in ista civitate sitnt corpora triximmagorum qvi Crì^ 
slum adoravetiAnt >. Antica e nota leggenda medievale dei Re 
Magi. 

Fotolitografia: Venne riprodotta in V, della sua vera gran* 
dezza ed unita alla 1* edizione dì questi Studi sulla StoHa 
della geografia in Italia. 

Parma, Biblioteca Reah, II, 21, 1613. 



36. — GRAZIOSO BENINCASA 

di Ancona. 

1135 a 1445. — Atlante di carte 62 (mancano le carte 
18 e 55 e 32). Codice cartaceo, lia per insegna una forbice 
aperta, abbastanza ben conservato. Misura di altezza m. 0, 28 
di larghezza X 0, 20. E scritto in italiano con lettere mi- 
nute ma chiare, punti numerosi, congiunzioni, articoli, segna- 
caso congiunto alla parola successiva, raddoppiando la prima 
consonante di questa; rare le sigle. Le iniziali a minio e ra- 
bescate, la restante scrittura d'inchiostro nero alquanto sbia- 
dito dal tempo. 

Comprende: le coste dell'Adriatico, del mar Ionio, del 
mare Egeo, mar di Marmara e mar Mediterraneo. 

Il Portolano comincia: € M'^CCCCXXXV. Al nome sia 
delo honipotente iddio et dcìa sua madre Mado^a Santa Ma- 
ria et di tutti li Santi et Sante dela cìiorte celestiale del pa^ 
radiso et de meser Santo Criacho (Ciriaco) liviero Marcellino 
Nicholo et palatia padn et governatori nostri jìos^a esser et 
sia òhi 7nai principio mezo et fine. 

In questo libro jo Gratioso Beninchasia farò mcnsion di 
porti e luoghi di terre de Marina et etiando de sembianze 
de ditte terre auicmoria de me e né quali porti et altri luoghi 
ne abbia iddio sempre salvi noi ettutfi aìtn naviganti. 



K CARTE naut:chk i}7 



I qwzli porti et sembianze di terre n'7 so7W tratte ninna 
<fi la Charta ma sono tochat? chon mano et vegiute choìliochi. 
Incomùiciaro dal gholfo di Vinezia esseguiro chome i nomi 
^opa detti me prestaro de la loro santa gratia - 1435. — Ed 
a carte 52 r : dopo la definizione del Charo de^angiorgio, ò 
scritto: < 1445 adi 24 di febraro » . 

Questo Portolano fa parte di un codice che contiene car- 
te da 4 a 54, r. Port.** di Beìiincam, Gii a 95, v. Statuto del ma^ 
r




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